editoriale
Riflessioni sul potere
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 15 Luglio 2008 Negli
ultimi giorni si sono accavallati alcuni avvenimenti riguardanti i
detentori del Potere che necessitano di una profonda riflessione in
quanto, malgrado le apparenze, non ne è scaturita neanche la più
piccola scalfittura nei loro confronti. Analizzando, per esempio,
le battute, definite come “satiriche” dai manifestanti di Piazza
Navona, è facile notare che il loro contenuto offensivo si basa
esclusivamente sul “sesso”. Prescindendo dal fatto che oggi l’uso della
sessualità, dopo la tanto sbandierata liberazione in questo campo, ha
perso buona parte della sua forza accusatoria e infamante, ci si
domanda come sia possibile non individuare nei potenti, come bersaglio,
la loro unica, vera, terribile pericolosità: lo spropositato accumulo
di potere. Forse è la fiducia nella democrazia che induce a questa
tragica svista? Può darsi; ma quelli che vogliono criticare i potenti
non dovrebbero mai dimenticare che per coloro che possiedono il
potere non sono state in nessun tempo le “forme” di governo a
impedire la smodata passione che se ne impadronisce: accrescere la
propria capacità di potenza, estendere il territorio e i sudditi, i
corpi e le anime sulle quali dominare. E come inevitabile conseguenza,
la perdita del principio di realtà, la patologia.
E’ stato il signor Barroso, un signore agli italiani quasi totalmente
sconosciuto, a definire l’Unione Europea un Impero, con qualche
sconcerto dei giornalisti presenti al suo discorso visto che ne è lui
l’attuale Imperatore. Eppure è questa la verità: dopo la catastrofe
della seconda guerra mondiale i politici europei si sono trovati di
fronte al solito, sfrenato desiderio: aumentare il proprio potere, i
propri domini, costruirsi un Impero, ma questa volta senza poter
ricorrere all’usuale strumento della guerra, sia a causa dello sfacelo
fisico e morale delle popolazioni sia perché vietato dai vincitori.
Hanno trovato allora una soluzione, molto difficile da attuare ma
l’unica accettabile da parte di tutti: costruirsi l’Impero con la pace.
E’ cominciata allora quella operazione di falsificazione della storia,
di sradicamento della identità di cui parla Alain Finkielkraut
nell’articolo “Ma l’Europa è ancora in Europa?”. Un articolo davvero
“strano” nella sua suggestività perché vero e falso allo stesso tempo;
ma soprattutto “disperante” per chi si sforza di portare alla luce i
soggetti agenti, i responsabili delle situazioni, i governanti, i
politici. Non c’è il nome di un solo politico nello scritto di
Finkielkraut. Eppure tutto ciò che egli dice è il risultato della
accanita opera dei politici per accollare ai popoli sia Auschwitz che
il rifiuto della propria storia, premessa indispensabile per poter
costruire il nuovo Impero. Questo modo di presentare le cose
è”disperante” perché si perpetua così quel meccanismo di sopraffazione
sugli uomini che i detentori del potere hanno sempre usato: prima
inculcare nei sudditi con tutti i mezzi di propaganda, a cominciare
dalla scuola, alcune idee-guida, poi accollargliene le conseguenze.
Imparare dalla storia deve invece significare due cose: individuare
sempre i responsabili con nome e cognome e mai le collettività; poi che
bisogna impedire l’accumulo di potere prima che diventi coercitivamente
patologico e di conseguenza impossibile non obbedirgli. La
verità è che plagiare i popoli è straordinariamente facile. Lo era ai
tempi della Conquista, lo era ai tempi di Napoleone, ai tempi di Hitler
e di Mussolini, ma è ancora più facile oggi in cui, con la democrazia,
i cittadini si illudono di possedere il potere. Il fatto stesso però
che per realizzare l’Unione Europea ci si è accaniti a convincere i
popoli che “suicidarsi è bello”, dovrebbe suscitare almeno il sospetto
verso questo tipo di governanti.
15 luglio 2008
Ida Magli |
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