editoriale

Quando ribellarsi
è giusto
e indispensabile

di Ida Magli 
ItalianiLiberi | 24 Gennaio 2008

   Adesso li conosciamo bene tutti i nostri parlamentari, governanti e non governanti. Abbiamo l’ultima definitiva prova che l’unico loro interesse è quello che li riguarda come persone: cosa fare per se stessi oggi; cosa fare per se stessi in vista del proprio futuro. Non esistono finzioni in quanto perfino le parole che adoperano escono dalla loro bocca e giungono alle nostre orecchie vuote del significato apparente  e piene del significato reale: “dobbiamo far passare i giorni mancanti al raggiungimento della nostra pensione… dobbiamo trovare il trucco per rimanere al governo anche senza avere la maggioranza… dobbiamo metterci d’accordo con gli uomini più forti per avere domani il loro appoggio nel diventare presidenti della repubblica… dobbiamo tenerci buono il presidente della repubblica per non far sciogliere le camere… dobbiamo trovare una legge elettorale che impedisca al popolo di avere il minimo potere esprimendo una preferenza…” Insomma il vero, assoluto conflitto di interessi  è quello tra i sudditi e i detentori del potere.
   Analizziamo adesso, in brevissima sintesi, i più gravi problemi attuali. Il primo, quello che riguarda le nostre tasche, dipende dallo sciagurato progetto dell’euro che ha dimezzato di colpo il potere d’acquisto degli Italiani e che è governato dai banchieri di Francoforte. Questi, come si è visto in tutti questi anni e ancora ieri di fronte alla catastrofe delle Borse, sono ossessionati dalla fobia tedesca per l’inflazione e dal principio della stabilità della moneta, che è iscritta nella Costituzione tedesca. Incuranti del fatto che i vari paesi dell’Unione hanno bisogni di mercato e capacità produttive del tutto diverse l’uno dall’altro, mantengono invariati i tassi di interesse con danni spropositati all’economia dell’Europa. Per giunta “parlano”, e parlano con sicumera da imbecilli, nei momenti più delicati, come ha fatto puntualmente l’ineffabile banchiere Trichet (giunto alla Banca Centrale Europea per premio alla sua carriera, costellata di processi di carattere finanziario dai quali è uscito per il rotto della cuffia) dando il trionfale annuncio che non avrebbe toccato i tassi, dopo che la Banca Federale Americana li aveva abbassati di quasi un punto risollevando le Borse di tutto il mondo. L’immediata conseguenza di tale sproloquio è stata la ricaduta delle Borse europee  nel più profondo rosso.
Chi chiede i danni a uomini di questo tipo? I nostri politici, forse, che percepiscono dall’UE per se stessi e per i propri parenti, amici, compagni di partito, stipendi favolosi senza quasi muoversi dalla loro poltrona? Si parla tanto di “riforme” in Italia. La prima riforma che dobbiamo imporre (se si vuole almeno attenuare la dittatura della democrazia) è la presenza in Parlamento di candidati eletti fra i propri iscritti dalle associazioni dei lavoratori (operai edili, tessili, metalmeccanici, ecc.), artigiani di ogni genere, commercianti, agricoltori, insegnanti, medici, ingegneri, attori, cantanti... Insomma lavoratori essi stessi e rappresentanti veri, concreti, scelti dai propri compagni e  non “mediatori della rappresentanza” come accade oggi attraverso i partiti. (Immagino che si griderà subito allo scandalo del “corporativismo”: ebbene, se il termine non piace, cambiamolo, ma è certo che se si grida allo scandalo è perché è contrario agli interessi dei politici. Non dimentichiamocelo mai: il conflitto vero è fra i loro interessi e i nostri)
  Il secondo problema da affrontare subito è la condizione di assoluta schiavitù cui siamo stati ridotti. La “schiavitù” è consegna del proprio corpo. Noi siamo  apparentemente liberi di pensare e di parlare soltanto  perché i politici non hanno bisogno né di censura né di tortura per sapere tutto quello che facciamo  attraverso i mille sistemi di controllo che hanno instaurato a poco a poco. Le intercettazioni telefoniche, tanto per fare un solo esempio, sono un sistema incivile, da spionaggio di guerra, e noi ne chiediamo l’immediata abolizione. Per tutti. Sospetti di crimini o meno.
Chiediamo anche che la tassazione avvenga, non soltanto ridotta al massimo, ma anche e soprattutto in forma indiretta, in modo da salvaguardare in assoluto la vita privata del cittadino. Vogliamo l’eliminazione del sostituto d’imposta. Vogliamo ridurre il più possibile le prestazioni dello Stato al singolo individuo, lasciandogli il compito di provvedere ai bisogni della vita collettiva. Vogliamo che coloro che provvedono ai bisogni della vita collettiva rispondano della loro amministrazione, sia civilmente che penalmente. I rappresentanti della singole Associazioni chiederanno l’incriminazione e i danni relativi alle eventuali Jervolino, agli eventuali Bassolino,  agli innumerevoli amministratori e politici incapaci, come succede a qualsiasi lavoratore. Vogliamo che sia preclusa la carriera politica ai militari e ai magistrati in modo che i diversi “poteri” siano davvero indipendenti (senza il facile trucco del dare le dimissioni e darsi alla politica dopo essere diventati famosi con i processi). Vogliamo che i soldi che guadagniamo rimangano nelle nostre tasche. Decideremo noi se partecipare al mantenimento di una Chiesa, di un giornale, di un’attività artistica, senza passare attraverso lo Stato. Lo stesso vogliamo che avvenga per l’età in cui smettere di lavorare e per l’accantonamento di una pensione. Il federalismo non è la soluzione a questo tipo di problemi, perché comunque delega il potere ai politici. Vogliamo circoscrivere il più possibile questo potere.
  Insomma bisogna capovolgere i principi comunisti che hanno distrutto in questi anni la coscienza della responsabilità personale e di conseguenza l’energia e la forza dei cittadini come “uomini”. Naturalmente adesso abbiamo il cappio al collo della Unione Europea a rendere ancora più difficile la liberazione dal potere. Ma l’Unione Europea si regge su un castello di carta. I Paesi sono diversi e rimangono diversi perché sono costituiti dai popoli e dal carattere, dalla storia dei popoli. Il Trattato di Maastricht è così stupido e privo di principio di realtà che basterebbe conoscerlo per aver voglia di strapparlo o di mettersi a ridere. Faccio un esempio di questi giorni. L’UE ha minacciato per due volte l’Italia di farle pagare una grossa multa a causa dei “rifiuti” campani e del mancato rispetto delle normative per l’ambiente. A parte il fatto che non abbiamo bisogno dell’Europa per sapere cosa siano i rifiuti e che sono soltanto i nostri politici a subire i rimbrotti degli stranieri strisciando in terra come vermi, è chiaro che se avessimo i soldi della multa ci converrebbe impiegarli per far smaltire i rifiuti in Germania. Non sappiamo invece cosa faccia l’Europa dei nostri soldi. Ma la cosa più divertente sarebbe stare a vedere, mancando per la seconda volta agli obblighi comunitari, cosa farebbe l’UE, la quale, in base a Maastricht, dovrebbe farci uscire dall’Unione. E’ possibile secondo voi? Dove li fissa i confini l’Europa, se l’Italia se ne va per conto suo? E che fa l’Europa: cambia  confini ogni volta che un paese o l’altro dei ventitre che per ora la formano, viene meno agli impegni di Maastricht?
  E’ stato detto che gli Italiani non hanno più valori, che la società è in briciole. Non è vero: sono i detentori del potere che non hanno più valori, che si sforzano di ridurre la società in briciole per poterne fare quello che vogliono. Per questo il dio dell’unione europea è il mercato; i suoi “valori” si valutano in denaro.

Roma, 24 Gennaio 2008

 
  



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