editoriale
Un referendum italiano sul Trattato di Lisbona?
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 11 Luglio 2008 Perché
non fare anche in Italia un referendum sulla questione del trattato di
Lisbona? Diversi lettori giustamente ci interrogano su questo problema
e alcuni addirittura, consapevoli del fatto che la Costituzione
italiana lo vieta, pensano che sarebbe utile rivolgersi alla Corte di
giustizia. Voglio tentare di esporre la situazione brevemente e nel modo più chiaro che mi sarà possibile.
La
Lega Nord ha ventilato ogni tanto la possibilità di ricorrere a un
referendum, ma in concreto non ha fatto neanche quelli che in apparenza
sono i primi passi indispensabili, ossia la riforma della Costituzione
laddove vieta il ricorso alla volontà popolare per quanto riguarda la
politica estera. Ma non è già questo un fatto che non possiamo
accettare? Come possiamo continuare a dichiararci dei totali
imbecilli qualificando come “politica estera” la perdita della
indipendenza, della sovranità, del territorio, del governo dei propri
rappresentanti? Sono forse politica estera i soldi che abbiamo in
tasca? Abbiamo forse perso la terza guerra mondiale e dobbiamo chinare
il capo davanti a dei vincitori molto più spietati di tutti quei
vincitori che pure abbiamo sperimentato tante volte nella tragica
storia che abbiamo alle spalle? No, non spetta a noi, ai cittadini che
sono stati sottoposti alla più macroscopica truffa, al peggiore dei
tradimenti da parte dei governanti, avallare con una richiesta di
referendum una simile menzogna, salvandoli così dalla ignominia anche
davanti al giudizio della storia. E non soltanto salvandoli davanti
alla storia, ma anche impedendo a noi stessi, quale che fosse il
risultato del referendum, una qualsiasi ribellione futura.
L’ho già scritto molte volte, ma voglio ripeterlo qui in modo chiaro e
sintetico: il Trattato di Lisbona è in realtà la Costituzione
dell’Impero europeo (non sono soltanto io a definirlo così: con grande
sconcerto dei giornalisti che lo ascoltavano, lo ha chiamato
allegramente “Impero” quel tal Barroso, a noi perfettamente
sconosciuto, che è l’attuale nostro Imperatore). Si è ripiegato sul
nome più modesto di “Trattato” perché come “Costituzione” era stato
bocciato con il referendum dai Francesi e dagli Olandesi. Tolto il
nome, però, il testo è praticamente uguale (sono state inserite alcune
piccole varianti al solo scopo appunto di aggirare il No
francese e olandese). Adesso che è stato bocciato dal referendum degli
Irlandesi, i governanti non si preoccupano più neanche di salvare la
faccia: lo stanno ratificando così com’è, senza il parere dei Popoli e
perfino il governo olandese lo ha già ratificato (manca soltanto la
firma della Regina, ma sul tradimento delle Monarchie conto di poter
tornare in altro articolo). In questo modo dimostrano però anche
un’altra cosa: che i Trattati sono carta straccia quando non fanno
comodo ai governanti in quanto, continuando a ratificare quello di
Lisbona malgrado il No degli Irlandesi, vengono meno alla clausola
vigente della necessità del voto unanime da parte di tutti gli Stati
membri.
Come fare un referendum, poi, quando i Popoli sono
stati tenuti così accuratamente all’oscuro di ciò che significava
l’unione europea? E’ stato forse fatto qualche dibattito, qualche
trasmissione televisiva di approfondimento, su uno qualsiasi dei temi
dei Trattati? A stento sappiamo che con il trattato di Maastricht
ci è stata tolta la sovranità monetaria e ci è stato imposto l’euro.
Quello, però, sono stati obbligati a spiegarcelo perché dovevamo
imparare ad adoperare la nuova moneta. Eppure non ci è stata detta una
parola di più. Con Maastricht siamo diventati dipendenti da una
istituzione privata – sì, privata – come la BCE, la Banca Centrale
Europea, che non fa riferimento a nessuno degli Stati membri, ma che fa
gli interessi dei propri azionisti (fra i quali l’Inghilterra che ne
possiede il 15,98% e che astutamente non ne adopera la moneta). Cosa
fanno, come passano il tempo questi Soloni installati con ricchissimi
stipendi a Francoforte? Ci hanno forse avvertito del rischio di
fallimento delle banche americane? Fanno gli interessi delle banche,
non i nostri. Appena Tremonti ha accennato alla Robin Tax hanno alzato
un coro di No: come ti permetti anche soltanto di pensare che si possa
far pagare qualche cosa di più alle banche? In Italia esistono dei
bravissimi monetaristi che da anni denunciano l’illecito arricchimento
della Banca Centrale Europea, ma le loro parole non riescono a superare
lo sbarramento di una informazione del tutto piegata davanti alla
volontà dei governanti. La parola d’ordine è stata questa fin
dall’inizio: SILENZIO (potrei raccontare a proposito di questo tabù
quello che sembra un aneddoto. Nel 1996, quando ho pubblicato il libro Contro l’Europa,
sono dovuta andare alla sede della Stampa Estera, dove il decano dei
giornalisti stranieri mi ha accolto molto gentilmente, per poterne fare
la presentazione: il titolo faceva paura).
I cittadini, quindi,
non sanno quasi nulla. Non sanno che con il trattato di Lisbona tutto
il potere decisionale passerà nelle mani dei 27 Commissari (i Ministri)
eletti dai governi e non quindi rappresentanti dei popoli; nelle mani
del Consiglio, anche questo formato da persone non elette, e nelle mani
della Banca Centrale, di cui ho già parlato e, manco a dirlo,
lontanissima dall’essere eletta. Questo potere supera, con l’entrata in
vigore del trattato, quello delle singole nazioni. Il Parlamento
europeo, d’altra parte, è stato inventato esclusivamente per ingannare
i popoli e serve, come tutti sanno, a creare leggi patologiche (su
questa paurosa patologia non posso soffermarmi in questo contesto, ma
prego coloro che mi leggono di credere che non è per scherzo che parlo
di patologia) e a sistemare schiere innumerevoli di adepti del governo
europeo, superpagati e alienati dalla sbornia del potere. Dunque,
poche decine di persone governeranno 500 milioni di sudditi. Di questi
sudditi conosceranno tutto, compreso il DNA; potranno chiamarlo a
rispondere dei suoi eventuali reati in uno qualsiasi dei paesi membri
(può darsi che le prigioni della Romania siano migliori delle nostre);
potranno inviarlo a combattere se uno degli Stati dell’Unione ne avesse
bisogno e comunque per “missioni” offensive oltre che difensive. Mi fermo qui perché i temi di cui discutere sono troppi per poterli esaurire in un singolo articolo.
Chiedo, però, ai miei lettori: credete davvero che si possa mettere in gioco tutto questo con un referendum?
11 luglio 2008
Ida Magli
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