editoriale
Il progetto ebraico
di Ida Magli ItalianiLiberi | 17/12/2008
Abbiamo
aspettato inutilmente nei giorni scorsi che almeno qualcuno dei
politici, in America, in Europa, in Italia, qualcuno dei Capi di
Governo o dei Ministri dell’Economia denunciasse, facendone i nomi e
destituendoli dalle cariche, gli operatori finanziari responsabili
dell’immensa truffa messa in atto. Una truffa mai avvenuta in
precedenza almeno in queste proporzioni e che ha provocato il crac
delle più importanti Banche, il crollo delle Borse mondiali, la perdita
dei propri investimenti e risparmi per coloro che glieli avevano
affidati convinti che fossero degni della massima fiducia, e che adesso
si trascina dietro il fallimento di innumerevoli grandi e piccole
industrie. Sembra incredibile: cosa fa la magistratura? Mette in
carcere, come al solito, chi ruba un etto di parmigiano al
supermercato? E cosa facevano i vari Istituti di controllo e di
valutazione, le Agenzie di rating, i Presidenti delle Banche Centrali,
a cominciare da quella europea dal cui pulpito un ineffabile Trichet
ogni giorno straparla del proprio dovere di tenere stretti i cordoni
della borsa? Non si erano accorti di nulla? Dobbiamo per forza pensare
che, o sono del tutto incapaci di fare il proprio mestiere, oppure che
sono corresponsabili delle avventure criminose messe in atto. In ogni
caso avrebbero dovuto essere rimossi e condannati. Invece, nulla.
Silenzio assoluto. La Borsa è una istituzione “sacra” il cui andamento,
anche quando è azzardato al massimo, non può in nessun modo essere
oggetto di censure in quanto, secondo le norme che la guidano, è
sufficiente che l’investitore sia a conoscenza del fatto che opera in
zona “rischio”; più o meno come chi gioca alla roulette . E’
fallito adesso anche il maggiore finanziere americano, Bernie Madoff,
provocando un terribile terremoto in quanto gli avevano affidato le
proprie ricchezze i più grandi capitalisti d’America. Ricchezze andate
in fumo a causa della incredibile “catena di S. Antonio” messa in atto
da Madoff con la vendita di prodotti finanziari inesistenti. In un
particolareggiato articolo su questo argomento pubblicato nel suo sito
(e che non possiamo riprodurre perché accessibile soltanto agli
abbonati) il giornalista Maurizio Blondet ha messo l’accento sulla
responsabilità di una particolare “visione del mondo” nelle attuali
disavventure delle Banche e delle Borse, quella degli Ebrei. Di fatto
sono quasi tutti ebrei gli operatori della finanza, compreso il Madoff
e i capitalisti di cui sopra, e come è noto lo sono sempre stati anche
quando le Borse e le Banche non esistevano, ed erano loro che
prestavano soldi ad alto interesse ai poveri, piazzandosi con piccoli
“banchetti” vicino ai mercati, mentre ai Re e Papi fornivano il denaro
per le guerre e le conquiste in cambio di ipoteche su intere città. Gli
Ebrei non amano ricordarlo, ma uno dei motivi che ha contribuito
alla formazione dell’immagine negativa che li ha accompagnati lungo lo
scorrere della storia è stato proprio il loro arricchirsi attraverso il
commercio di denaro. Del resto il primo Monte di Pietà è nato in Italia
ad opera di S. Bernardino da Feltre con il preciso scopo di prestare
denaro ai poveri senza richiedere “interesse”, per sottrarli all’usura
dei banchi ebraici cui non erano in grado di far fronte e che spesso li
faceva finire nella prigione prevista per i debitori insolventi. Lo
Statuto dei Monti di Pietà era un modello di tutela giuridica per
coloro che vi si rivolgevano tanto da vietare espressamente che fossero
accettati “in pegno” gli strumenti di lavoro (erano quasi tutti
contadini e artigiani i lavoratori del tempo) e qualsiasi oggetto
necessario alla vita quotidiana.
Perché ci si trova oggi a
dover precisare l’identità ebraica dei manipolatori della finanza
mondiale? Perché esiste appunto una “visione del mondo” che li guida,
un progetto di vita sul quale si fondano i dogmi che tutti noi, non
ebrei, siamo stati obbligati a condividere dalla fine della seconda
guerra mondiale: il primato dell’Economia nella struttura della
società, il Mercato come massimo e quasi unico valore (non
dimentichiamoci che anche Marx era ebreo). In realtà il “progetto”
ebraico riguarda gli “altri”, tutti gli “altri” perché gli Ebrei per
quanto riguarda sé stessi hanno sempre messo al primo posto la propria
identità come “Popolo” e non si sono dati pace fino a quando non hanno
ottenuto, con Israele, il proprio territorio, la propria patria, il
proprio Stato. Ma agli altri popoli questo è negato. L’Europa del
nazismo, del fascismo, della persecuzione razzista doveva pagare, o
meglio non aveva diritto a sopravvivere se non cancellando la sua
storia, la sua identità, i suoi sentimenti, i suoi valori, perfino la
sua configurazione geografica, per abbracciare totalmente il modello
ebraico. E’ così che è nata l’Unione Europea: eliminando la vecchia
Europa. L’Unione Europea, perciò, è stata fondata sul
“progetto ebraico”: il Mercato come unico legame fra i popoli e fra le
Nazioni; la Moneta come cemento per la unificazione. Non si è parlato
di altro dalla firma del Trattato di Maastricht in poi; tutto quello
che è stato deciso dai governanti e messo in atto aveva come suo unico
scopo l’incremento del Mercato, la libertà assoluta del Mercato,
l’abbattimento di ogni frontiera, di ogni ostacolo al Mercato,
sventrando montagne e spianando vie per “ l’alta velocità”, in una
frenesia parossistica per giungere a realizzare il massimo sogno: una
Europa-Mercato. Il prototipo utopistico, non più di una Città del Sole,
ma di un Continente del Sole-Mercato.
Adesso, però, il crollo
delle Borse, la crisi dell’economia, segnala il fallimento del progetto
prima ancora che fosse completato. Non sembra che i governanti si siano
fermati neanche un momento a riflettere se non fosse il caso di
cambiare direzione, anzi. Invitano a consumare, consumare in funzione
del circolo perverso del Mercato che alimenta se stesso, e si
affrettano a conformare il territorio dell’Europa a inestricabile
intrico di vie di comunicazione. Ma tocca ai cittadini resistere.
Troppe volte nella storia si è ceduto alla volontà di governanti
accecati dai propri insani disegni. L’Italia, l’Europa, non sono fatte
per scambiare merci, per vivere di mercati. Già da molti anni sono
state spinte al silenzio le intelligenze creative, affogate nell’arido
mare del commercio. Non è questo che possiamo e dobbiamo dare al mondo.
Il fallimento dei grandi finanzieri ci invita a liberarcene.
Ida Magli
Roma, 17 Dicembre 2008
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