Cosa
è successo veramente a Roma? Non sembra che i commentatori ufficiali, i
giornalisti, i politici stessi si rendano conto dei motivi profondi che
hanno fatto scattare la ribellione dei Romani. No, non sono state le
innumerevoli buche nell’asfalto o l’ingorgo inestricabile del traffico;
non sono state le truffe e le rapine quotidiane e neanche
l’intollerabile aumento della violenza degli immigrati, le vere cause
del drastico volta faccia dei Romani nei confronti dell’amministrazione
di sinistra. Certo le difficoltà quotidiane hanno influito, e hanno
influito soprattutto perché anch’esse segnalavano, al di là del loro
significato concreto, il disprezzo verso la dignità della popolazione,
in totale contrasto con la propagandata immagine di una città di
accoglienza mondiale. Ma non sono stati questi i motivi veri del
macroscopico grido di esultanza dei Romani. Il grido che si è levato
all’acclamazione di Alemanno sindaco era il grido di chi si è liberato
di una cappa di piombo, il grido di chi si era sentito mancare l’aria a
poco a poco e che all’improvviso si ritrova a respirare l’ossigeno
della verità. Non esiste libertà, infatti, laddove non esiste
verità. E’ questo che ha fatto ovunque il comunismo fino ad oggi: ha
tolto la libertà più con le menzogne che con i carri armati. Ha
falsificato la storia. Ha impedito agli Italiani di celebrare e di
riconoscersi nel proprio passato sminuendo quello remoto della civiltà
latina, rinchiuso nel disprezzo per i Romani conquistatori di imperi.
(Per questo è salita subito al balcone del Campidoglio da
dove Alemanno si affacciava la questione della “teca” sull’Ara
Pacis: è un pugno nell’occhio per i Romani, il progetto di chi l’ha
ideata disprezzandola). Ma ha impedito agli Italiani anche di
celebrare e di riconoscersi nella storia del Risorgimento e in
quella della prima guerra mondiale, vista esclusivamente come il
prodromo del fascismo. E, infine, non ha soltanto falsificato la storia
del fascismo e della seconda guerra mondiale, ma ha impedito
addirittura che questa storia venisse fatta, impedendone la vista con
l’ingombro macroscopico della lotta partigiana. Percorrere l’itinerario
del proprio passato ha per un popolo la stessa funzione fortificatrice
e liberante che ha per un individuo conoscere la storia della
propria infanzia. Se si obbliga un popolo a riconoscersi in una storia
falsa, lo si avvia verso la patologia del non senso. Una patologia
dalla quale non c’è altro scampo che la ribellione. E’ nella
natura del comunismo falsificare la storia, piegarla ai propri scopi in
quanto non le assegna altra funzione che quella di servire alla
costruzione del mondo marxista. Ha fatto così ovunque ha attecchito e
anche là dove alla fine, è stato sbalzato via dai moti dei popoli, come
è successo in Russia, si è rifiutato di cercare nell’analisi storica i
motivi della sconfitta. In Italia l’itinerario della falsificazione è
durato fino ad oggi, imponendo con violenza agli Italiani di credere in
una storia allucinatoria: che la seconda guerra mondiale l’abbiano
combattuta poche migliaia di partigiani. La storia vera, dunque, è
ancora tutta da fare e i cittadini di Roma ne hanno sentito la mancanza
più di tutti gli altri perché Roma è stata sempre al centro della
storia dell’Italia e lo era durante il fascismo tanto quanto lo è oggi.
Dunque la vittoria del centro destra a Roma non può essere assimilata a
quella delle altre città. Così come non ha senso attribuire alla scelta
di un candidato sbagliato la sconfitta della sinistra. Un altro
candidato avrebbe forse perso con minore distacco, ma avrebbe perso. La
“presa di Roma” segnala la ribellione degli Italiani alla propria
scomparsa; l’inizio (almeno lo speriamo) della ribellione a quella
altra scomparsa predisposta dai comunisti che è l’impossibile
omologazione europea. Ida Magli Roma, 01 Maggio 2008
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