editoriale
Inferiorità della donna nella famiglia musulmana
di Ida Magli
ilGiornale | 26 Luglio 2008 Gli episodi come quelli della bambina portata via dal padre marocchino
di cui si occupa oggi la cronaca, sono molto più numerosi di quanto non
si creda a causa dell'intensificarsi di presenze straniere nel nostro
Paese, presenze che portano spesso le italiane a sposarsi con uomini
appartenenti a culture incompatibili con la nostra. Nei matrimoni con
africani e orientali, in grande maggioranza di religione islamica, le
donne italiane si trovano in condizione di assoluta inferiorità, una
inferiorità di cui nella fase dell’innamoramento di solito non sono in
grado di rendersi conto, spinte anche dall'atmosfera di tolleranza e di
negazione delle differenze che si respira ovunque in abbondanza. È
necessario guardare in faccia la realtà. È necessario mettersi «dal
punto di vista dell'indigeno», come ha ripetuto Franz Boas, uno dei più
grandi padri dell’antropologia, se si vuole capire e rispettare
l'altro, cosa che non significa né tradire i propri valori né
rinunciare a giudicare e a tentare di farci capire dall'altro.
L'atteggiamento assunto oggi di facile negazione dell’abisso che separa
il cristianesimo dall'islamismo non è utile a nessuno e soprattutto
porta a dei conflitti sia interpersonali sia collettivi. La
figura e il ruolo delle donne è al centro di questo abisso. Non per
nulla il cristianesimo si è dovuto spostare in occidente, nel mondo del
diritto romano, per potersi espandere e fiorire. È stato Gesù a
concentrare il suo sguardo sulla condizione delle donne, a parlare con
loro. Per quante incomprensioni, errori, eresie, si siano accumulati
col tempo sul suo messaggio, la parità delle donne è rimasta sempre
limpidamente la novità che nessuno ha osato negare. E il battesimo così
come il rito matrimoniale ne ha fatto fede fin dall'inizio. In nessuna
società, in nessuna religione, il rito d'iniziazione è identico sia per
il maschio sia per la femmina come nel cristianesimo. In nessuna
società, in nessuna religione il rito matrimoniale è identico sia per
il maschio che per la femmina come nel cristianesimo. La parità di
diritti nella famiglia, sui figli, ne è logicamente la prima
conseguenza. Maometto ha centrato il Corano sui primi cinque libri
dell'Antico Testamento ed è sufficiente questo fatto a far comprendere
che le donne musulmane si trovano oggi nelle stesse condizioni di
inferiorità, di tabuizzazione, di dipendenza dal potere del maschio,
dalle quali le ha tolte Gesù. I significati e i valori che
discendono dalle religioni permeano la personalità dei popoli in modo
talmente profondo che nessuna normativa di legge può riuscire a
cambiarla se non forse con un lungo passare del tempo. Per ora, perciò,
sarebbe bene che i matrimoni non avvenissero affatto, neanche di fronte
all'accettazione delle leggi vigenti in Italia. Non dimentichiamoci che
in molti Paesi africani, come quelli della costa mediterranea, vige la
lapidazione per la donna adultera, la clitoridectomia e l'infibulazione
e comunque l'unico a possedere il potere è ovunque il maschio capo di
casa.
26 luglio 2008
Ida Magli
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