Pentiti,
“colletti bianchi” della Pubblica Amministrazione, complici e
fiancheggiatori, certificazioni false, migliaia di tonnellate di
rifiuti provenienti dal milanese sversate in una discarica casertana,
una catena alimentare avvelenata ed un futuro sempre più cupo per i
campani. Questo lo scenario emerso dalle indagini della procura
napoletana che, per la prima volta, hanno accertato “ufficialmente” il
legame tra il clan dei Casalesi ed il business dei rifiuti sversati
illegalmente. Lo smaltimento illecito dei rifiuti in Campania “è dovuto
anche alla complicità” di chi è preposto al controllo, ma anche al
comportamento compiacente o anche gravemente omissivo o semplicemente
‘leggero’ di altri, anche nell’ambito delle istituzioni”. E’ quanto ha
scritto il gip nel provvedimento cautelare eseguito lunedì dai
carabinieri nell’operazione “Ecoboss” che coinvolge il clan dei
Casalesi. “Va rimarcata, in primo luogo - si legge nel provvedimento -
sia la carenza di verifiche che la grande difficoltà nel ricostruire i
flussi dei rifiuti da parte delle autorità preposte al controllo, ed in
tale contesto non può sottacersi che proprio appartenenti alla pubblica
amministrazione in alcune circostanze sono i primi conniventi di queste
organizzazioni criminali in quanto ne facilitano l’acquisizione di
provvedimenti autorizzativi per impianti fatiscenti e tecnicamente
carenti”. Il traffico illecito di rifiuti provenienti dall’impianto di
compostaggio gestito dalla R.F.G. srl di Trentola Ducentola, cittadina
dell’agro aversano, ha riguardato circa ottomila tonnellate di rifiuti
compostabili (fanghi di depurazione delle acque reflue, scarti vegetali
e alimentari ed altro), che hanno portato nelle tasche
dell’organizzazione criminale circa 400 mila euro. Per gli inquirenti
lo smaltimento illecito è avvenuto su circa sei ettari di terreno:
cinque nel Comune di Frignano e circa un ettaro nel Comune di Villa
Literno. Il modo con il quale i clan dei Casalesi hanno messo le mani
sullo smaltimento illecito dei rifiuti è stato descritto ai pm della
Direzione distrettuale antimafia di Napoli dal collaboratore di
giustizia Domenico Bidognetti. Il coinvolgimento della camorra nella
gestione dello smaltimento dei rifiuti, però, “non può costituire un
alibi nei confronti di altri personaggi che hanno le loro
responsabilità”, come ha sottolineato il procuratore di Napoli
Giovandomenico Lepore. L’indagine prende spunto da una serie di
intercettazioni telefoniche disposte negli anni scorsi nell’ambito di
due diverse inchieste (Re Mida e Terra Bruciata) dalle quali emerse il
fenomeno delle infiltrazioni della camorra, e in particolare del clan
casertano dei Casalesi. “Per la prima volta è stata dimostrata la
gestione diretta da parte di organizzazioni criminali in questo
traffico illecito”, ha affermato il procuratore aggiunto Franco
Roberti, coordinatore della Dda di Napoli. I pm Raffaello Falcone e
Cristina Ribera hanno precisato alcuni dettagli dell’indagine. Per i
magistrati “il volano della vicenda è rappresentato in primo luogo
dalla necessità di trovare luoghi dove sversare i rifiuti”, che
provenivano in larga parte dalla Lombardia. Lo smaltimento illegale è
avvenuto negli anni scorsi “con la complicità di altri soggetti, anche
figure istituzionali”. Quel secondo livello della camorra che tante
volte abbiamo citato nei nostri articoli. I magistrati hanno ricordato
le false autocertificazioni redatte dalle aziende con la complicità’
degli esperti chimici, che dovevano attestare la tipologia dei rifiuti
da trattare, i quali venivano poi smaltiti illecitamente nei terreni
agricoli. Criminali in giacca e cravatta, laureati nelle migliori
università che si sono specializzati nella caratterizzazione e nella
declassificazione dei rifiuti. “Il materiale nocivo veniva così
declassificato”, ha spiegato il pm Falcone. Il magistrato ha citato,
tra l’altro, recenti dichiarazioni del pentito Domenico Bidognetti,
esponente di spicco del clan dei Casalesi. Il collaboratore ha
ricordato come negli anni 1988 e 1989 l’attività di smaltimento dei
rifiuti nel Casertano era soggetta alle estorsioni del clan:
l’organizzazione comprese che i rifiuti costituivano una autentica
“miniera d’oro” e decise quindi di gestire tale attività “in prima
persona ottenendo guadagni doppi”. A tale scopo sarebbe stata
costituita la società Ecologia ’89, che provvedeva anche alle false
certificazioni sul materiale. Il pm Ribera, a proposito dello
sversamento nei terreni agricoli, ha affermato che l’inchiesta serve a
sfatare il “falso mito” di una camorra di Terra di Lavoro
tradizionalista ed identitaria che non danneggia il proprio territorio,
ricordando che i luoghi trasformati in discariche altamente inquinanti
si trovano proprio nel cuore della zona controllata dalle cosche.
“L’attività degli eco-criminali è un’azione vigliacca e aggressiva che
sta sempre più distruggendo il territorio, e mettendo a grave rischio
la salute dei cittadini. Una vera e propria holding criminale composta
da uomini legati ai clan della camorra, da pseudo-imprenditori, da
politici e funzionari pubblici corrotti che in decenni hanno fatto
della Campania, la pattumiera dell’ Italia, il territorio privilegiato
per trasformare la monezza in oro”. In una nota Peppe Ruggiero, tra i
curatori del rapporto sull’Ecomafia di Legambiente, ha commentato così
l’operazione dei Carabinieri: “Un vero affare con cifre e numeri da
capogiro quello della Rifiuti S.P.A, oltre 600 milioni di euro all’anno
il giro d’affari, circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni
tipo sversati illegalmente negli ultimi tre anni, da quando entrato in
vigore il reato di “organizzazione di traffico illecito di rifiuti”
quasi il 35% dei traffici di rifiuti illeciti accertati in Italia si
concentra in Campania”. A recitare il ruolo della verginella ingenua è
ancora una volta il senatore della Sinistra Arcobaleno e presidente
della commissione Ambiente del Senato, Tommaso Sodano, che ha
dichiarato: “L’operazione della magistratura e dei carabinieri di oggi
svela nuovi particolari inquietanti sul traffico illecito dei rifiuti
verso la Campania”. “Ogni nuova inchiesta - ha sottolineato Sodano -
rivela non solo le infiltrazioni della camorra, ma la rete di
complicità nella politica e nelle istituzioni che hanno favorito la
criminalità organizzata. Lo smaltimento illecito è dovuto anche alla
connivenza di chi ha gestito e al comportamento compiacente ed
interessato di chi era preposto al controllo. I rifiuti erano il centro
dello scambio di consensi e delle clientele tra una parte della
politica che ha gestito in questi anni il ciclo dei rifiuti e la
criminalità organizzata”. “Su questo si può solo essere d’accordo con
il procuratore Lepore -ha concluso il parlamentare della Sinistra - la
camorra non può essere un alibi per quelle figure istituzionali che
sono complici del disastro ambientale”. Parole sante, ma purtroppo
tardive ed inutili. Chi si dovrebbe occupare del controllo delle
istituzioni se non chi le rappresenta anche ad alto livello?
Pagina stampata dal sito rinascita.info il sito di Rinascita - Quotidiano di Liberazione Nazionale. http://www.rinascita.info/cc/RQ_Politica/EkpuykZAyZYwIyIOLE.shtml
|