editoriale

I colletti bianchi
e il secondo livello
dell'ecomafia

di Ernesto Ferrante
Rinascita | 4 Marzo 2008

  Pentiti, “colletti bianchi” della Pubblica Amministrazione, complici e fiancheggiatori, certificazioni false, migliaia di tonnellate di rifiuti provenienti dal milanese sversate in una discarica casertana, una catena alimentare avvelenata ed un futuro sempre più cupo per i campani. Questo lo scenario emerso dalle indagini della procura napoletana che, per la prima volta, hanno accertato “ufficialmente” il legame tra il clan dei Casalesi ed il business dei rifiuti sversati illegalmente. Lo smaltimento illecito dei rifiuti in Campania “è dovuto anche alla complicità” di chi è preposto al controllo, ma anche al comportamento compiacente o anche gravemente omissivo o semplicemente ‘leggero’ di altri, anche nell’ambito delle istituzioni”. E’ quanto ha scritto il gip nel provvedimento cautelare eseguito lunedì dai carabinieri nell’operazione “Ecoboss” che coinvolge il clan dei Casalesi. “Va rimarcata, in primo luogo - si legge nel provvedimento - sia la carenza di verifiche che la grande difficoltà nel ricostruire i flussi dei rifiuti da parte delle autorità preposte al controllo, ed in tale contesto non può sottacersi che proprio appartenenti alla pubblica amministrazione in alcune circostanze sono i primi conniventi di queste organizzazioni criminali in quanto ne facilitano l’acquisizione di provvedimenti autorizzativi per impianti fatiscenti e tecnicamente carenti”. Il traffico illecito di rifiuti provenienti dall’impianto di compostaggio gestito dalla R.F.G. srl di Trentola Ducentola, cittadina dell’agro aversano, ha riguardato circa ottomila tonnellate di rifiuti compostabili (fanghi di depurazione delle acque reflue, scarti vegetali e alimentari ed altro), che hanno portato nelle tasche dell’organizzazione criminale circa 400 mila euro. Per gli inquirenti lo smaltimento illecito è avvenuto su circa sei ettari di terreno: cinque nel Comune di Frignano e circa un ettaro nel Comune di Villa Literno. Il modo con il quale i clan dei Casalesi hanno messo le mani sullo smaltimento illecito dei rifiuti è stato descritto ai pm della Direzione distrettuale antimafia di Napoli dal collaboratore di giustizia Domenico Bidognetti. Il coinvolgimento della camorra nella gestione dello smaltimento dei rifiuti, però, “non può costituire un alibi nei confronti di altri personaggi che hanno le loro responsabilità”, come ha sottolineato il procuratore di Napoli Giovandomenico Lepore. L’indagine prende spunto da una serie di intercettazioni telefoniche disposte negli anni scorsi nell’ambito di due diverse inchieste (Re Mida e Terra Bruciata) dalle quali emerse il fenomeno delle infiltrazioni della camorra, e in particolare del clan casertano dei Casalesi. “Per la prima volta è stata dimostrata la gestione diretta da parte di organizzazioni criminali in questo traffico illecito”, ha affermato il procuratore aggiunto Franco Roberti, coordinatore della Dda di Napoli. I pm Raffaello Falcone e Cristina Ribera hanno precisato alcuni dettagli dell’indagine. Per i magistrati “il volano della vicenda è rappresentato in primo luogo dalla necessità di trovare luoghi dove sversare i rifiuti”, che provenivano in larga parte dalla Lombardia. Lo smaltimento illegale è avvenuto negli anni scorsi “con la complicità di altri soggetti, anche figure istituzionali”. Quel secondo livello della camorra che tante volte abbiamo citato nei nostri articoli. I magistrati hanno ricordato le false autocertificazioni redatte dalle aziende con la complicità’ degli esperti chimici, che dovevano attestare la tipologia dei rifiuti da trattare, i quali venivano poi smaltiti illecitamente nei terreni agricoli. Criminali in giacca e cravatta, laureati nelle migliori università che si sono specializzati nella caratterizzazione e nella declassificazione dei rifiuti. “Il materiale nocivo veniva così declassificato”, ha spiegato il pm Falcone. Il magistrato ha citato, tra l’altro, recenti dichiarazioni del pentito Domenico Bidognetti, esponente di spicco del clan dei Casalesi. Il collaboratore ha ricordato come negli anni 1988 e 1989 l’attività di smaltimento dei rifiuti nel Casertano era soggetta alle estorsioni del clan: l’organizzazione comprese che i rifiuti costituivano una autentica “miniera d’oro” e decise quindi di gestire tale attività “in prima persona ottenendo guadagni doppi”. A tale scopo sarebbe stata costituita la società Ecologia ’89, che provvedeva anche alle false certificazioni sul materiale. Il pm Ribera, a proposito dello sversamento nei terreni agricoli, ha affermato che l’inchiesta serve a sfatare il “falso mito” di una camorra di Terra di Lavoro tradizionalista ed identitaria che non danneggia il proprio territorio, ricordando che i luoghi trasformati in discariche altamente inquinanti si trovano proprio nel cuore della zona controllata dalle cosche. “L’attività degli eco-criminali è un’azione vigliacca e aggressiva che sta sempre più distruggendo il territorio, e mettendo a grave rischio la salute dei cittadini. Una vera e propria holding criminale composta da uomini legati ai clan della camorra, da pseudo-imprenditori, da politici e funzionari pubblici corrotti che in decenni hanno fatto della Campania, la pattumiera dell’ Italia, il territorio privilegiato per trasformare la monezza in oro”. In una nota Peppe Ruggiero, tra i curatori del rapporto sull’Ecomafia di Legambiente, ha commentato così l’operazione dei Carabinieri: “Un vero affare con cifre e numeri da capogiro quello della Rifiuti S.P.A, oltre 600 milioni di euro all’anno il giro d’affari, circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni tipo sversati illegalmente negli ultimi tre anni, da quando entrato in vigore il reato di “organizzazione di traffico illecito di rifiuti” quasi il 35% dei traffici di rifiuti illeciti accertati in Italia si concentra in Campania”. A recitare il ruolo della verginella ingenua è ancora una volta il senatore della Sinistra Arcobaleno e presidente della commissione Ambiente del Senato, Tommaso Sodano, che ha dichiarato: “L’operazione della magistratura e dei carabinieri di oggi svela nuovi particolari inquietanti sul traffico illecito dei rifiuti verso la Campania”. “Ogni nuova inchiesta - ha sottolineato Sodano - rivela non solo le infiltrazioni della camorra, ma la rete di complicità nella politica e nelle istituzioni che hanno favorito la criminalità organizzata. Lo smaltimento illecito è dovuto anche alla connivenza di chi ha gestito e al comportamento compiacente ed interessato di chi era preposto al controllo. I rifiuti erano il centro dello scambio di consensi e delle clientele tra una parte della politica che ha gestito in questi anni il ciclo dei rifiuti e la criminalità organizzata”. “Su questo si può solo essere d’accordo con il procuratore Lepore -ha concluso il parlamentare della Sinistra - la camorra non può essere un alibi per quelle figure istituzionali che sono complici del disastro ambientale”. Parole sante, ma purtroppo tardive ed inutili. Chi si dovrebbe occupare del controllo delle istituzioni se non chi le rappresenta anche ad alto livello?

Pagina stampata dal sito rinascita.info il sito di Rinascita - Quotidiano di Liberazione Nazionale.
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