editoriale
Ma il problema è dei cattolici in tutta Europa
di Ida Magli
il Giornale | 6 Luglio 2008 Non
bisogna stupirsi delle decisioni prese dal governo spagnolo. La guerra
contro il cristianesimo, ma soprattutto contro la sua presenza più
incisiva, quella della Chiesa Cattolica, è cominciata già da molti
anni. Era sottintesa nel progetto di unificazione europea in quanto
l’unificazione di per sé comportava necessariamente da parte degli
Stati la consegna delle religioni al vissuto privato. Per poterle far
convivere tutte è stato sancito l’obbligo del rispetto assoluto verso
le religioni, un rispetto che in realtà significa che nessuno può
discuterne né criticare in pubblico i contenuti né i costumi che ne
discendono, ma al tempo stesso che le istituzioni sono tenute ad
ignorarle. La questione dei crocifissi nelle aule scolastiche, per
esempio, vaga già da parecchio tempo anche in Francia e in Italia ed è
analoga a quella del velo sulla testa delle studentesse musulmane,
anche se a noi sembra più grave togliere dai luoghi pubblici il
crocifisso in quanto il crocifisso riassume tutto il contenuto del
cristianesimo cattolico e ortodosso mentre ci è difficile renderci
conto del significato del “velo” per le donne, in qualche modo a sua
volta riassuntivo della fede coranica. Il problema dunque
appartiene alla vita pubblica. O si decide una volta per tutte che uno
Stato laico non esibisce, non assume su di sé nessuna appartenenza
religiosa, oppure bisogna cominciare a riflettere sul serio alle
conseguenze della unificazione europea, senza continuare a fingere che
i problemi di convivenza di religioni, di culture, di storia, di
costumi profondamente diversi non esistano o siano facilmente
superabili. Sorprende, da questo punto di vista, il silenzio mantenuto
dalla Chiesa in tutti questi anni nei confronti dell’unione europea; un
silenzio che non può essere giustificato soltanto sulla base della
volontà di non interferire con le decisioni politiche dei governi.
L’unificazione europea è ben altro che una serie di trattati: è una
“visione del mondo” e come tale coinvolge tutto l’assetto di vita dei
cittadini costringendoli ad abbracciare quella visione. E’ stato il
Papa odierno, quando era ancora il Cardinal Ratzinger, a denunciare, in
un suo libro sull’Europa, il carattere marxista di questa visione, con
la sua predominanza dei fattori economici, e a mettere in luce gli
inevitabili collegamenti e interazioni che ne discendono influendo su
tutti i piani della vita. Ma il clero non ha mai ripreso il suo
discorso; cardinali, vescovi, religiosi tacciono, incuranti del compito
loro affidato dal Vangelo di prendersi cura del proprio gregge.
Si
può vivere senza simboli? Senza immagini, senza segni di appartenenza
di nessun genere? Alcune persone certamente possono, anzi lo
desiderano; ma la maggior parte non può. E non si tratta soltanto di un
bisogno individuale: se si cancellano i simboli, a lungo andare la
memoria collettiva si indebolisce, i sentimenti evaporano, l’essenza
sparisce insieme al segno. Del resto i governanti lo sanno bene e
contano proprio su questo effetto: per far diventare “uguali” i
cittadini europei bisogna cancellare a poco a poco i più importanti
fattori di differenza. Inutile negarlo: è il cattolicesimo il più
importante. Infatti la decisione di Zapatero ha un peso notevolissimo
in quanto la Spagna è “la cattolica” per definizione. Si potrebbe
domandarsi perfino se avrebbe avuto il coraggio di togliere le immagini
della Madonna se fossero state al posto del crocifisso. Comunque è
arrivata per tutti i cattolici l’ora di affrontare questo problema.
Quasi tutta la storia d’Europa sta per andarsene. Storia religiosa, ma
anche storia dell’arte, storia della musica, storia del pensiero.
Ida Magli
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