La
“grande decisione” di fondere sia a destra che a sinistra in due soli
partiti le varie entità esistenti è scaturita da una sola motivazione:
collocarsi con chiarezza e con un peso autorevole nel parlamento
europeo. Cosa che non è stata minimamente detta all’elettorato.
Berlusconi a dire il vero vi ha alluso ogni tanto richiamandosi al PPE
che è il partito popolare europeo (il vizio di adoperare una
molteplicità di sigle fa parte del disprezzo verso i cittadini con la
volontà di impedire loro di capire bene i contenuti che vi sono
nascosti) ma l’ha fatto “di passaggio”, senza darvi importanza. La
prova, tuttavia, si trova nell’adesione di Alleanza Nazionale. Malgrado
gli sforzi fatti da Fini negli ultimi anni per far dimenticare l’antico
passato missino, i suoi viaggi in Israele e le sue sfacciate piaggerie
nei confronti degli Ebrei, identificarsi con il partito di Berlusconi è
l’unico sistema sicuro per partecipare al Partito Popolare Europeo.
Veltroni, invece, non lo ha neanche detto; anzi, si è rivolto
“all’Italia” nel suo discorso programmatico, se ne è andato a Spello
per pronunciarlo, città di S.Francesco patrono d’Italia, ha cantato
l’inno di Mameli, memore di quanto è riuscito a farsi amare Ciampi,
diventato presidente della repubblica italiana come premio per averne
venduto al minimo prezzo la sovranità, proprio fingendo il massimo
amore per l’Italia attraverso l’esaltazione pregna di grottesca
retorica, di bandiere e divise. Ma rimane il fatto che sarebbe stato
difficile per l’ex partito comunista entrare a far parte del grande
Partito Socialista Europeo. Con programmata simultaneità
Napolitano ha approfittato del discorso pronunciato all’università di
Trento, per autorizzare il Governo dimissionario a ratificare il
cosiddetto trattato di Lisbona, che altro non è che la versione
edulcorata di quella costituzione europea che è stata rifiutata con i
referendum dai Francesi e dagli Olandesi. Cosa volete che sia perdere
del tutto l’indipendenza e l’identità? Fa parte del disbrigo degli
affari correnti… tanto più se il Capo dello Stato, venendo meno ai suoi
doveri, ha già assicurato che lo firmerà. Del resto si è fatto sempre
così. L’annessione all’Europa è stata realizzata pezzo per pezzo con il
sotterfugio, con rocambolesche trovate incostituzionali sulle quali,
come di norma quando si tratta dell’Europa, nessun organo di garanzia
istituzionale ha trovato da eccepire. L’unica volta in cui non era
possibile farlo in silenzio, si è scelta la strategia opposta:
esaltazione, tripudio, brillio d’argento e d’oro hanno accompagnato lo
sciagurato ingresso della nuova moneta nelle povere tasche degli
Italiani, mentre Ciampi e Prodi festeggiavano a Bruxelles brindando
felici alla fine della sovranità e della indipendenza dell’Italia.
Insomma si distrugge la nazione italiana fingendo di amarla e
rafforzarla. E’ questa la tattica che è stata seguita fin dall’inizio
da tutti i governanti degli Stati europei i quali ben sanno che i
popoli non avrebbero mai accettato il progetto di unificazione se
fossero stati realmente messi al corrente del suo scopo. Il silenzio, o
la scarsissima informazione, da parte dei mezzi di massa, ha sostenuto
fino ad oggi, con la nefanda complicità dei giornalisti, l’azione dei
politici. Si è deciso che era venuto il momento di presentarsi
all’Europa, che sta portando a termine il legame politico ratificando
la pseudo- costituzione, con le mani libere e con voce capace di
farsi sentire. L’accordo fra Berlusconi e Veltroni è nato in funzione
di questo rafforzamento in Europa. Per questo stesso motivo è stata
prevista una fase costituente di cosiddette larghe intese: si tratta di
togliere al vestito costituzionale che regge l’Italia, gli innumerevoli
rammendi, toppe, aggiunte, che a poco a poco vi si sono accumulate a
causa dell’inserimento quasi clandestino di tante normative europee e
finalmente uscire dall’angolo di Stato periferico in cui l’Italia si
trova. C’è chi lavora gli italiani che amano la
patria ai fianchi e chi alla faccia. Si sostiene che è stato l’amore
per la patria a scatenare le guerre dimenticando allegramente quale
fosse la condizione dell’Italia suddita dello Stato Pontificio, degli
Asburgo, dei Borboni. Analfabeta, priva d’acqua, di assistenza
sanitaria, di libertà, oppressa da innumerevoli uffici censura da una
frontiera all’altra. Questo per quanto riguarda l’Ottocento fino alla
prima guerra mondiale. Per la seconda guerra mondiale, invece, fino a
quando sarà psicologicamente e culturalmente proibito percorrerne
davvero la storia, non potremo neanche cercare di capire quello
che è avvenuto. Ma è senza dubbio falso attribuirne la responsabilità e
le colpe all’amore per la patria. Dobbiamo invece guardare in faccia
il progetto europeo nella sua realtà. Si tratta di un progetto nato per
conseguire due scopi in contraddizione l’uno con l’altro. Il primo:
eliminare le Nazioni, le Patrie, colpevoli delle guerre, e in primis la
Germania, cancellando le singole identità a partire dai confini fino
alla lingua, alla produzione letteraria, artistica, economica. Per
ottenere meglio questa cancellazione si è stabilito che saranno uguali
i programmi scolastici e gli indirizzi economici con un’unica
fornitrice di denaro: la banca centrale europea. Tutto questo lo
abbiamo già vissuto e lo stiamo vivendo. Ma il secondo scopo era quello
di ottenere una Europa forte economicamente e politicamente che potesse
opporsi agli Stati Uniti d’America e prenderne il posto nella guida del
mondo. Uno scopo, appunto, in contraddizione con il primo. Togliere ai
popoli d’Europa tutto ciò che ne ha formato la ricchezza lungo lo
svolgersi della storia, ciò di cui sono capaci: la produzione
intellettuale, artistica, musicale, poetica, filosofica, ha significato
annientarne l’intelligenza, lo spirito critico, il gusto estetico
riducendoli a un solo indicatore di valore, l’unico di cui si serve
l’unione europea: il PIL. E per quanti sforzi facciano i politici
nell’esortarli alla “competitività”, gli Italiani, ma anche i Francesi
o i Tedeschi, non sono produttori di mercati, non amano diventare bravi
bottegai. Gli industriali si lamentano del “declino” dell’Italia, della
mancanza di invenzione, di ricerca, ma di quale invenzione, di quale
ricerca parlano? Non si può chiedere agli Italiani di dedicarsi
all’invenzione di una nuova macchina affettatrice… C’è chi lo può e lo
sa fare, ma ciò non toglie che l’Italia, l’Europa sono state
volutamente uccise. Chi ha pensato che Bach o Beethoven non fossero
figli e rappresentanti della “tedeschità” e che soltanto da quella
potevano nascere, così come Petrarca o Leopardi sono figli
della”italianità” e soltanto da quella potevano nascere, è un cieco
despota oltre che un rozzo mercante.
L’Europa, dunque, è già fallita nei suoi scopi di grandezza perché non
poteva non fallire. Avrebbe potuto essere forte se le Nazioni, i
singoli Stati fossero stati chiamati a sommare le proprie capacità, non
a distruggerle. Rimangono le sue macerie che i politici fingono di
vedere invece come le mura di un palazzo in costruzione. Presto queste
macerie saranno invase dalle masse musulmane che premono dentro e
fuori, ben contente di trovarle già plasmate per loro: senza patria,
senza arte, senza musica, senza spirito critico, senza “forma”. Non
avranno da cambiare neanche le banconote: l’euro è stato pensato per
loro. Senza “rappresentazioni” di nessun genere, a noi sono sembrate
tanto squallide, tanto brutte, ma il segreto era quello: dovevano
essere “pure”. Sarà difficile per gli storici futuri capire il perché di un tale suicidio. Roma, 12 Febbraio 2008
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