Le
notizie sulle prediche degli imam rivelate da Annozero sono molto
preoccupanti. Quello che più preoccupa però è la fiducia, o meglio la
speranza, che traspare da quanto dicono molti commentatori, cioè che si
tratti di eccessi di alcuni «fanatici», ben distinti dalla massa degli
immigrati musulmani residenti in Italia. A confortare poi questa
fiducia ci sono le allegre ragazzine che si liberano del velo e che
dichiarano di voler vivere come le loro coetanee occidentali, non più
succubi della autorità oppressiva dei padri. Si tratta di una fiducia e
di una speranza che tengono poco conto della realtà di una religione
come quella fondata sul Corano. Noi abbiamo passato duemila anni
obbedendo alle leggi della Chiesa, eppure il Vangelo aveva immesso
nell’Antico Testamento le rotture indispensabili per far nascere
l’amore per la libertà, e si era innestato sul diritto romano, l’unico
diritto esistente nell’antichità formulato in base al valore della
persona. Erano «fanatici» coloro che condannavano a morte i Galileo, i
Savonarola, i Giordano Bruno, i sodomiti, gli eretici? Ci sono fior di
Santi fra costoro, Santi che la Chiesa continua a onorare come Dottori.
Il Corano si basa sui primi cinque libri dell’Antico Testamento: l’odio
per i nemici, l’obbligo di sterminarli non se lo sono inventato gli
imam. È stato Gesù a dire che bisogna invece amarli, ma è stato ucciso
proprio perché insegnava a fare cose contrarie alla Legge. Il
problema è la religione in quanto tale. Sperare che la sua forza si
attutisca da sé a contatto con il mondo laico e desacralizzato
dell’Occidente, significa non guardare in faccia la realtà, significa
dimenticare che ci sono miliardi di musulmani nel mondo e molti milioni
residenti in Europa pronti a collegarsi fra loro e a sostenere le
proprie idee, il proprio primato. Se, come si sente spesso dire, le
sinistre favoriscono gli immigrati anche con l’intento di ottenere i
loro voti alle elezioni, commettono un errore. I musulmani avranno,
come è naturale, il loro partito, sia a livello nazionale che a livello
europeo, come noi abbiamo sempre avuto quello cristiano. La crisi
del cristianesimo è dovuta proprio al fatto che continua a dirsi
cristiana quella maggioranza che in realtà tiene la religione sullo
sfondo della propria vita, contentandosi di ritenersi credente in un
Dio lontano, di celebrare le feste natalizie e di donare qualche soldo
ai bambini poveri dell’Africa. Affinché il cristianesimo non
agonizzasse sarebbe necessario che ci fossero pochi, pochissimi ma
forti predicatori del Vangelo, che parlassero del senso della vita,
dell’angoscia dell’essere uomini, della solitudine del fracasso
quotidiano... Coloro che pensano che anche l’islamismo diventerà una
fede accomodante, probabilmente non si rendono conto che in tal caso
l’Europa sarà una terra priva di religioni e che le strutture sociali
dovrebbero essere ricreate su basi totalmente diverse da quelle sulle
quali si sono rette finora. Si ha paura di parlare davvero delle
religioni. Rompiamolo, il silenzio sul Sacro, e non fermiamoci al
dibattito fra ciò che è laico e ciò che è religioso. È grottesco
sostenere che i problemi dell’etica appartengano di volta in volta o
all’uno o all’altro campo: l’uomo, con i suoi problemi, i suoi
desideri, le sue angosce, le sue passioni è uno solo e non può mai
sottrarsi agli interrogativi sul proprio comportamento, altrimenti non
sarebbe uomo. È giunta l’ora di affrontare anche le religioni con il
tempo della storia: sarà questa la vera libertà.
Il Giornale 2007-04-01 pagina 1
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