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"Guastasfeste" in agguato oggi a Berlino. L'Olanda si aggiunge a polacchi e cechi

IL VERTICE

di Giuseppe Sarcina
Corriere della Sera | 24 Marzo 2007


BERLINO — II guastafeste c'e sempre. Per carità, tra oggi e domani, tutto filerà liscio al vertice straordinario dei 27 Capi di stato e di governo a Berlino: i concerti, le bandiere, i brindisi e i discorsi per celebrare il cinquantennale del Trattato di Roma. Ma i diplomatici sono gia con la testa alia fase successiva, «post-dichiarazione», quando si tratterà, come ha detto ieri l'europarlamentare dei Verdi Daniel Cohn-Bendit di capire quale sarà l'avvenire della Costituzione e quindi dell'Europa. Tutti guardano alle elezioni francesi, ma nel frattempo si è persa di vista l'Olanda, l'altro Paese del «no referendario» al Trattato costituzionale. Urge recupero. Il 19 marzo scorso il nuovo ministro degli Esteri, Maxime Verhagen, espressione di una «grande coalizione» che tiene insieme i democristiani del premier Jan-Peter Balkenende (riconfermato), socialisti e cristiani sociali, ha inviato una «lettera sull'Unione europea» al Parlamento dell'Aja. Bene, anche i piu pessimisti si aspettavano almeno un mezzo rientro sulla strada dell'integrazione da parte dell'Olanda, Paese tra i sei protagonisti di 50 anni fa, per l'appunto. Ma il ministro ha sorpreso tutti gli osservatori, Verbagen non solo chiede di togliere di mezzo la parola «Costituzione», ma propone di «limitare le competenze dell'Ue» nel quadro di un Trattato «minimalista». Segue elenco, a scanso di equivoci: pensioni, tasse, educazione, sicurezza sociale, cultura e salute «devono restare di stretta competenza nazionale. Sulle «emergenze» (energia, clima, immigrazione, lotta al terrorismo) «si potrebbe, forse, cooperare a livello europeo». La delusione, specie a Berlino, è cocente. Finora si puntava a circoscrivere il blocco più duro degli euroscettici a tre Paesi: Gran Bretagna, Polonia e Repubblica Ceca, mettendo in conto qualche resistenza anche da parte di Danimarca e Svezia. I gemelli Lech e Jaroslav Kaczynski a Varsavia e il premier Mirek Topolanek, con il presidente Vaclav Klaus a Praga hanno messo a dura prova la pazienza della Merkel. Mettiamo un riferimento alle radici cristiane (Lech Kaezynski); la doppia maggioranza come criterio di voto previsto dalia Costituzione non va bene (Topolanek e Kaczynski); ma che senso ha parlare di Costituzione  (Topolanek-Klaus). E cosi via. La Merkel ha capito subito che sarebbe stato meglio far firmare la «Dichiarazione di Berlino» solo alle tre cariche istituzionali (presidente di turno del Consiglio, della Commissione e dell'Europarlamento) e non a tutti e 27 capi di Stato e di governo.
Ci sono poi altre «azioni di disturbo» che non aiutano la ritrovata «armonia
». Qualche settitnana fa, per esempio, il primo ministro slovacco Robert Fico ha dichiarato che le infermiere bulgare condannate a morte in Libia con l'accusa di aver trasmesso l'Aids ad alcuni bambini «sono effettivamente colpevoli». Reazione rabbiosa nell'Europarlamento dove si sta tentando di convincere Gheddafi a rivedere la sentenza. Per ora, comunque, in alto i calici.

Giuseppe Sarcina



Corriere della Sera- del 2007-03-24

  
 
 
  

 





DISSENSI

La Dichiarazione
sarà firmata solo
dalle tre cariche istituzionali
 
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