BERLINO
— II guastafeste c'e sempre. Per carità, tra oggi e domani, tutto
filerà liscio al vertice straordinario dei 27 Capi di stato e di
governo a Berlino: i concerti, le bandiere, i brindisi e i discorsi per
celebrare il cinquantennale del Trattato di Roma. Ma i diplomatici sono
gia con la testa alia fase successiva, «post-dichiarazione», quando si
tratterà, come ha detto ieri l'europarlamentare dei Verdi Daniel
Cohn-Bendit di capire quale sarà l'avvenire della Costituzione e quindi
dell'Europa. Tutti guardano alle elezioni francesi, ma nel frattempo si
è persa di vista l'Olanda, l'altro Paese del «no referendario» al
Trattato costituzionale. Urge recupero. Il 19 marzo scorso il nuovo
ministro degli Esteri, Maxime Verhagen, espressione di una «grande
coalizione» che tiene insieme i democristiani del premier Jan-Peter
Balkenende (riconfermato), socialisti e cristiani sociali, ha inviato
una «lettera sull'Unione europea» al Parlamento dell'Aja. Bene, anche i
piu pessimisti si aspettavano almeno un mezzo rientro sulla strada
dell'integrazione da parte dell'Olanda, Paese tra i sei protagonisti di
50 anni fa, per l'appunto. Ma il ministro ha sorpreso tutti gli
osservatori, Verbagen non solo chiede di togliere di mezzo la parola
«Costituzione», ma propone di «limitare le competenze dell'Ue» nel
quadro di un Trattato «minimalista». Segue elenco, a scanso di
equivoci: pensioni, tasse, educazione, sicurezza sociale, cultura e
salute «devono restare di stretta competenza nazionale. Sulle
«emergenze» (energia, clima, immigrazione, lotta al terrorismo) «si
potrebbe, forse, cooperare a livello europeo». La delusione, specie a
Berlino, è cocente. Finora si puntava a circoscrivere il blocco più
duro degli euroscettici a tre Paesi: Gran Bretagna, Polonia e
Repubblica Ceca, mettendo in conto qualche resistenza anche da parte di
Danimarca e Svezia. I gemelli Lech e Jaroslav Kaczynski a Varsavia e il
premier Mirek Topolanek, con il presidente Vaclav Klaus a Praga hanno
messo a dura prova la pazienza della Merkel. Mettiamo un riferimento
alle radici cristiane (Lech Kaezynski); la doppia maggioranza come
criterio di voto previsto dalia Costituzione non va bene (Topolanek e
Kaczynski); ma che senso ha parlare di Costituzione
(Topolanek-Klaus). E cosi via. La Merkel ha capito subito che sarebbe
stato meglio far firmare la «Dichiarazione di Berlino» solo alle tre
cariche istituzionali (presidente di turno del Consiglio, della
Commissione e dell'Europarlamento) e non a tutti e 27 capi di Stato e
di governo. Ci sono poi altre «azioni di disturbo» che non aiutano la ritrovata «armonia».
Qualche settitnana fa, per esempio, il primo ministro slovacco Robert
Fico ha dichiarato che le infermiere bulgare condannate a morte in
Libia con l'accusa di aver trasmesso l'Aids ad alcuni bambini «sono
effettivamente colpevoli». Reazione rabbiosa nell'Europarlamento dove
si sta tentando di convincere Gheddafi a rivedere la sentenza. Per ora,
comunque, in alto i calici.
Giuseppe Sarcina
Corriere della Sera- del 2007-03-24
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