editoriale
L'insopportabile disprezzo
della destra per gli intellettuali
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 3 Ottobre 2007
Ho saputo all’improvviso, soltanto dall’editoriale pubblicato sul Giornale, che Belpietro non sarebbe più stato il Direttore del Giornale, al quale collaboro da molti anni.
Seguo
un impulso irrefrenabile nello scrivere quello che sto scrivendo, un
impulso che non è dettato dal profondo dispiacere di perdere, in
Belpietro, oltre ad un amico carissimo, una persona che ha sopportato
con pacata serenità i miei pezzi più violenti, più disperati contro la
politica della distruzione dell’Italia che politici e governanti di
tutte le tendenze hanno ostinatamente perseguito in questi ultimi anni.
Un Direttore che ha lasciato passare, con la mia firma, le uniche
affermazioni ostili all’unione europea che il complice consenso di
governanti e giornalisti non ha mai lasciato filtrare, accompagnate
dall’allarme che invano ho cercato di sollecitare di persona da oltre
quindici anni, bussando alla porta di vescovi, di cardinali, di
dirigenti di partito, di giornalisti, di industriali, di monaci, di
associazioni, di scrittori, di editori, di intellettuali, di storici,
di filosofi, di attori (sì, compreso Grillo) in Italia e all’estero. Di
questo allarme, che si è dimostrato sempre più fondato con il
passare del tempo, a causa dell’inevitabile conflitto fra religioni che
l’Unione comporta, con la sicura e voluta sconfitta finale del
cristianesimo, l’unica persona che mi ha permesso di esporre
pubblicamente sia le motivazioni che il tragico disprezzo verso ciò che
i popoli possiedono che ne ha dettato l’insensato progetto, è stato
Maurizio Belpietro.
Perché, dunque, adesso non posso fare a meno di
scrivere la mia ribellione e il mio sdegno? Non per fare un
omaggio a Belpietro (uomo schivo almeno quanto me, tanto che ci siamo
incontrati soltanto una volta in tutta la vita), ma perché questa è
l’Italia di oggi, quella Italia della quale tutti sentiamo il putrido
lezzo. Le persone non contano, le idee non contano, la patria non
conta, la lingua italiana non conta, la storia, la scienza,
l’arte, la musica, il paesaggio italiano non contano. Banchieri ed
economisti affermano che governare significa saper fare i conti e, non
soltanto non sanno fare neanche i conti, come l’andamento del bilancio
dimostra, ma ci hanno ridotto a crederlo; ci hanno ridotto a far finta
di crederlo o a tacere del tutto.
Perfino Grillo, uomo sensibile e
intelligente, ci è cascato. E adesso tutti, i politici in testa,
si affannano a dimostrare che è vero, che ha ragione, che bisogna
diminuire i loro stipendi, le loro pensioni, i loro privilegi, ben
felici di cavarsela a così buon mercato. Nessuno si accorga che è
la democrazia che è esaurita, che sono le istituzioni che hanno bisogno
di essere rifondate, che l’esasperazione degli Italiani è una, soltanto
una: si sono finalmente accorti che nella nostra mirabile
democrazia i cittadini non hanno nessun potere, nessun modo per
protestare per liberarsi dei governi che li tradiscono, dei governi che
hanno svenduto la nostra patria, la nostra terra agli stranieri. Quali
strumenti possiedono i cittadini se non quelli masochistici dello
sciopero, del non comprare il pane e il latte; insomma quelli di
sacrificare se stessi?
Forza, Grillo! Porta la gente in piazza per
chiudere i confini con tutti i paesi, per eliminare lo sciagurato
trattato di Schengen… Allora sì, che varrà la pena di combattere!
Allora sì, che avremo anche tanti soldi per i nostri poveri, non per
quelli che la Chiesa aiuta allo scopo di distruggere l’Italia, di
tradire Gesù Cristo! La destra si lamenta che non riesce a far capire
la sua cultura, che gli intellettuali non l’aiutano. E quando mai ha
chiesto agli intellettuali di aiutarla davvero? Aiutarla davvero
significa rifondare le istituzioni, eliminare la scuola uguale per
tutti, usare le case editrici (che possiede a iosa) per cambiare
finalmente il pensiero marxista che divora gli insegnanti e le
enciclopedie. Ma quando mai l’ha fatto? Così come non ci ha detto che
cambiava il direttore del quotidiano cui collaboriamo, così ci ha
sempre presentato le cose già pensate e già fatte. Noi, gli
intellettuali di cui si lamenta, sappiamo bene che questo è il
“disprezzo”. Noi non lo sopportiamo più. Io non lo sopporto più.