GERMANIA
- Il sindacato che rappresenta le 40 mila guardie di confine germaniche
terrà una manifestazione a Frankfurt am den-Oder, cittadina al
confine con la Polonia. Motivo: protestare contro l'ampliamento della zona di libera circolazione di Schengen (1). Da
dicembre infatti ben nove Paesi nuovi entreranno nella zona, e i suoi
cittadini potranno circolare in Europa con la sola carta d'identità. Si tratta di Slovacchia, Slovenia, Estonia, Ungheria, Lituania e Lettonia, Polonia, repubblica ceka e Malta. Poiché
molti di questi Stati confinano con la Russia, la Bielorussia e
l'Ucraina, i poliziotti tedeschi temono una «ondata di criminalità».
Lo ha detto il loro rappresentante, Michael Peckerman, chiedendo a gran voce che «questa follia abbia termine». La
follia sarebbe il trattato di Schengen, la cittadina olandese dove
nell'85 cinque Stati europei aderirono alla zona di libera circolazione
di persone. Oggi la zona-Schengen comprende 13 Paesi, e fra poche settimane ne avrà nove in più. Gran Bretagna e Irlanda non sono entrati nella zona. Altri
Paesi, come Germania e Francia, si sono dati due anni di sospensiva per
gli arrivi da Romania e Bulgaria, e ciò senza suscitare le proteste
politicamente corrette cui abbiamo assistito in Italia.
Nonostante
mantenga le più severe limitazioni e sia un'isola, la Gran Bretagna sta
subendo un'ondata di immigrazione senza precedenti - anche se la metà
vengono da Paesi del Commonwealth, India, Pakistan, Bangla Desh e Sri
Lanka (2). Nel solo anno scorso, ben 510 mila nuovi stranieri sono entrati nel Regno Unito. Ma
nella cifra non sono calcolati gli immigrati dell'Est eurpeo, valutati
a centinaia di migliaia, perché dichiarano di restare per meno di
dodici mesi e quindi non sono contati come immigrati stabili. Né
sono conteggiati i clandestini, che si stimano fra i 300 e gli 800
mila, di cui 220 mila sono persone cui è stata rifiutata la richiesta
di asilo politico. Dal 1997, da quando cioè sono al potere i
laburisti, quasi 4 milioni di stranieri sono entrati nel paese, e 1,6
milioni sono poi tornati in patria.
Ma a questi ingressi corrisponde un massiccio contro-esodo: cittadini britannici che lasciano il Paese. Dal '97, sono stati 1,8 milioni i nativi che sono espatriati altrove (solo la metà sono poi tornati). Nel
2006, mentre entravano 510 mila stranieri, emigravano 400 mila
britannici di nascita, al ritmo di uno ogni tre minuti: un esodo senza
precedenti storici. Questi britannici migranti si stabiliscono per lo più in Australia, Nuova Zelanda, Francia e Spagna. L'immigrazione,
così massiccia e rapida, pone problemi ai servizi pubblici, dalla
scuola alla sanità, affollata da nuovi «aventi diritto».
A
Birmigham, nelle classi elementari, i bambini che non parlano inglese
come madrelingua sono passati, nel solo ultimo anno, dal 5 al 20%; ciò
che degrada gli standard scolastici, secondo i responsabili. Il
problema sociale più temuto è ovviamente l'ostilità verso stranieri
che, come dice la gente, «ci portano via il lavoro»: diversamente che
in Italia, non ci sono lavori umili che gli inglesi di nascita schifano. Sono disposti a farli, e proprio per questo sentono la concorrenza dei nuovi arrivati. Il
premier Gordon Brown ha dichiarato di voler creare «posti di lavoro
inglesi per lavoratori inglesi», in un discorso in cui s'è voluto
cogliere un tono demagogico e populista. Il governo ha dunque
annunciato un grande piano di riqualificazione per lavoratori adulti: i
britannici nati, troppo spesso, hanno un titolo di studio inferiore e
sono meno qualificati dei concorrenti indiani o cingalesi. Gli
immigrati guadagnano in media più dei lavoratori britannici: 424
sterline a settimana contro 395 (e pagano più tasse), anche se con
molte situazioni di disparità.
Ora, secondo il piano annunciato,
in tre anni 3,5 milioni di persone con poca istruzione riceveranno
lezioni di base: 120 mila giovani saranno avviati all'apprendistato, e
30 mila anziani saranno riqualificati. Insomma in Inghilterra c'è un governo che governa l'emergenza-immigrati. O almeno ci prova. Perché
è difficile, ha detto sir Simon Milton, presidente dell'associazione
Enti Locali, «capire dove e per quanto tempo i nuovi immigrati si
stabiliscono: il che rende difficile sapere dove stanziare i fondi
necessari all'accoglienza, specie per la scuola e le abitazioni. Ciò
può portare a tensioni e conflitti».
Anche in Francia il problema è all'ordine del giorno. Brice
Hortefeux, ministro per l'immigrazione, ha invocato una politica comune
europea contro l'immigrazione illegale, nel senso della severità:
maggiori controlli alle frontiere, armonizzazione delle regole di
asilo, fine delle sanatorie per i residenti, una comune politica più
restrittiva per le riunificazioni familiari. Quando la Francia avrà la presidenza europea l'anno prossimo, farà di questa politica la sua priorità (3).
Intanto,
i familiari che arrivano per ricongiungimento dovranno sostenere un
esame di francese e accettare un corso di lingua di due mesi prima di
ottenere un permesso di residenza. Sarkozy, che da ministro
dell'Interno ha espulso 25 mila clandestini all'anno, ha parlato anche
di introdurre quote di immigrazione.
Maurizio Blondet
-------------------------------------------------------------------------------- Note 1) Allan Hall, «EU open borders agreement threatens a wave of migration and crime», Daily Mail, 20 novembre 2007. 2) Philips Johnston, «Immigration out-paces british exodus», Telegraph, 17 novembre 2007. 3) «France calls for Europe-wide pact on illegal immigrants», Daily Mail, 30 agosto 2007. |