editoriale

Ma il Palazzo
non vuol vedere

di Ida Magli
il Giornale | 29 Dicembre 2006



  Dai dati del sondaggio effettuato in questi giorni su quello che gli italiani pensano nei confronti dell'immigrazione musulmana, risulta con grande evidenza l'assoluto distacco di coloro che guidano la società italiana - membri del governo, politici, opinionisti, sacerdoti - da ciò che la maggioranza dei cittadini pensa, sente, desidera, soffre. Sì, soffre. Soffre perché non riesce a capire i motivi del comportamento dei leader, un comportamento che anche soltanto alla luce del buon senso appare distruttivo degli interessi degli italiani, di tutto ciò che essi possiedono e che hanno conquistato con le fatiche, le lotte, le passioni, le angosce di lunghissimi secoli. Nessun popolo, infatti, quanto quello italiano ha dovuto aspettare oltre 1500 anni per possedere l'indipendenza del proprio territorio, la libertà dal potere degli stranieri e del Papato, e non riesce a spiegarsi come mai adesso lo si spinga ogni giorno di più a perdere questa libertà così duramente conquistata, a doversi rallegrare nel veder giungere frotte di stranieri ad impadronirsene e a imporre valori religiosi del tutto alieni a quelli cristiani.
Su questo aspetto dell'islamismo nessuno, tranne (in apparenza) i politici, si fa illusioni: i musulmani non possono accettare i «valori» di una cultura diversa dalla loro perché la religione è tutta la loro cultura, non soltanto una parte. Allora perché i politici vogliono a tutti i costi farli arrivare da noi? Perché, per esempio, non si chiudono i confini, piuttosto che spendere immense forze e denaro ad inseguire i clandestini quando sono già entrati nel nostro territorio? Perché sembrano essere i sacerdoti, gli insegnanti, gli amministratori comunali a spingere gli italiani a rinunciare ai segni della religione cristiana per rispettare quelli musulmani?
I cittadini non riescono a trovare una spiegazione logica a questa politica ma non riescono a trovarla perché nessuno ha voluto fino ad oggi dire loro chiaramente che tutto quello che viene fatto ha come unico scopo la formazione dell'Unione Europea. L'Unione Europea, a sua volta, non è fine a se stessa, ma ha come suo scopo ultimo l'unificazione euro-afro-mediorientale. Per questo vengono messi in primo piano i diritti degli individui: per eliminare le nazioni, le società, le patrie, insomma i popoli. Soltanto così i governanti possono sperare di unificare quello che di per sé è impossibile unificare. Unificare nel senso che intendono loro, naturalmente: con le carte geografiche stese sul tavolino, con le cifre del prodotto interno lordo, ossia sommando numeri, non popoli. Si vedrà allora che i musulmani sono già adesso maggioranza e sempre più lo saranno con l'altissima prolificità; dato poi che tenerli buoni non è così facile come è facile con i cristiani, tanto vale che i cristiani si abituino subito a dar loro ragione.
Qualcuno si è forse stupito delle affermazioni fatte in questi giorni da Gianfranco Fini? Niente Dio, niente Patria, niente famiglia? È evidente che per Fini la «società» non esiste; esistono appunto soltanto gli individui. Ma il motivo è proprio questo: vuole scalare l'Unione Europea. Così come ha sempre fatto e continua a fare Prodi. Degli italiani non importa nulla a nessuno di coloro che comandano e neanche del futuro: hanno oggi la loro ricompensa in potere, in denaro, in prestigio. Sul loro impero il sole quasi non tramonta e «dopo di me, il diluvio!».

il Giornale del 29-12-06 pagina 1

 
 
  
 
 
  

 

 
 
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