Presento
qui un breve commento a due libri che ho letto attentamente in questi
giorni e di cui i lettori del sito troveranno l’indicazione
bibliografica nella nostra apposita rubrica. Si tratta di due libri,
uno in vendita in edicola insieme al quotidiano Libero e che costa
soltanto 3 euro, dal titolo di per sé estremamente
interessante: Prodi, Telecom & C. L’altro, pubblicato da Mondadori, si presenta in maniera meno esplosiva con il titolo: Una repubblica fondata sulle rendite,
ma in realtà altrettanto interessante. I loro autori sono Davide
Giacalone e Geminello Alvi. Detto in breve: siamo di fronte al panorama
dell’Italia nata dalle mani di economisti, esperti di finanza,
banchieri, allo scopo di concentrare su di sé tutto il potere
politico e di distruggerla come nazione e come stato indipendente
consegnandola nuda di qualsiasi proprietà a quell’acropoli
di ladri dei beni dei popoli che se ne stanno arroccati nella Torre di
Francoforte. Sono quelli che hanno scritto e firmato il trattato di
Maastricht, con il quale si giustifica la rapina visto che le singole
nazioni azzerano la propria esistenza a cominciare dalla moneta.
Alcuni titoli del libro di Geminello Alvi, fine economista che scrive da molti anni sul Corriere della Sera,
non sono usciti dalla mia mente “ossessionata
dall’Europa “, come qualcuno potrebbe pensare, anzi
io glieli invidio: Il silente saccheggio di Maastricht; L’euro, ovvero mentire al popolo; Veridica storia dell’ultima lira, tanto per fare soltanto qualche esempio.
Cito dal capitolo All’ombra dell’euro in fiore:
“Nel cervello dell’assessore di sinistra… è
tutto un impeto di dire che l’euro ci ha salvati; che
l’Europa qua, e per i nostri figli là; che nel 1998 ci
riuscì un trionfo epocale; che la sinistra dovette fare la
destra; che i lavoratori si sono per dedizione sacrificati e via
così, in ritmato svolgersi di trombonate consimili.
Perché volendo riformare i bilanci statali, un’altra
maniera e logicissima c’era: bastava tagliare le spese, anzitutto
quelle correnti….Le algebre di Maastricht sono solo servite al
miracolo di riuscire, tassando, a far peggiorare una redistribuzione
già perversa… Fingere ben fatto e concluso quanto non lo
era affatto, anzi s’era appena iniziato, fu tutt’uno col
vanto d’aver ottenuto, nel 1998, l’euro. Non bastò,
con la famosa Eurotassa, d’aver aggiustato la soglia prevista da
Maastricht. Fingendo che un prestito forzoso fosse una tassa e
scrivendolo nel conto di reddito, dove serviva, invece che in un conto
di patrimonio, come obbligava la legge…”.
Dal libro di Davide Giacalone, invece, che è il seguito di quello intitolato Il grande intrigo,
dovrei citare, facendoli miei, tutti i capitoli riassumendoli in una
sola immagine: la malaprivatizzazione. Riporto qui, dunque, soltanto la
pagina 16: basterà leggere le cifre. Nient’altro.
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"Leggetele, le cifre. Nel 1997 lo Stato
vendette il controllo di Telecom Italia incassando 11.82 miliardi di
euro, quattro anni dopo l’Enel, società dello Stato,
decide di entrare nel mercato delle telecomunicazioni acquistando un
concorrente di Telecom, Infostrada, per 11 miliardi di euro (ne
pagherà meno, ma solo grazie alla lentezza con cui
l’affare fu definito). Si vende un colosso e si tenta di
comperare un nano, per una differenza di 820 milioni! Ed i
soldi, non dimenticatelo, sono dei cittadini, perché stiamo
parlando di quote e società pubbliche. Chiaro? Ancora un dato,
cos’era l’Infostrada che Enel acquistava? Era una
società di Olivetti, che aveva nella pancia la rete di
telecomunicazioni delle Ferrovie dello Stato (sempre soldi
pubblici). Quella rete era stata venduta ad Olivetti, nel miracoloso
1997, per 700 miliardi di lire, pagabili in quattordici anni.
L’anno successivo, quando ancora le rate erano tutte da pagarsi,
Olivetti rivendette Infostrada alla tedesca Mannesman, per 14mila
miliardi di lire, da pagarsi immediatamente.
Rileggete il periodo precedente, riflettete sulle cifre. Non ci vuole
né il master né la laurea, è più che
sufficiente il normale buon senso per accorgersi dell’evidenza:
fu un immane salasso di soldi pubblici, trasferiti nelle tasche di
pochi privati. Eccovela, la mitica stagione delle privatizzazioni.
Guardatela, ammiratela, cercate di capirla, perché è
rincitrullendo il pubblico con linguaggi iniziatici che il magheggio
è avvenuto. In quel momento siamo diventati tutti più
poveri, ci siamo tenuti il debito pubblico, ma abbiamo dato via una
fetta succosa di patrimonio pubblico. Di che altro dovrebbe mai
essere accusata, una classe politica?"
Tratto da PRODI, TELECOM & C.,
a cura di Vittorio Feltri e Renato Brunetta di Davide Giacalone, Ed.
Libero Free foundation. Manuali di Conversazione Politica
n.9
Ida Magli
Roma, 16 Novembre 2006
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