Nel
discorso fatto al Meeting di Rimini Berlusconi ha detto che era
costretto a «rimanere in politica» e che si sarebbe preso
cura degli Italiani. Ebbene il momento di dimostrarlo è venuto
subito: deve votare No alla missione in Libano. Quella presa da Prodi
è una decisione scriteriata, sufficiente da sola a testimoniare
che persegue esclusivamente gli interessi della propria immagine di
potere in Europa e quella di potenza di una Unione Europea che di fatto
come tale è inesistente, calpestando, annullando gli interessi e
la vita stessa degli italiani.
Si tratta infatti di una decisione gravissima, dalle conseguenze
imprevedibili, tanto che nessuno dei governanti europei ha ritenuto di
poterla prendere e la Francia vi si è decisa soltanto per non
lasciare allo sbaraglio il comando all’Italia. L’abbandono
del principio di realtà quando gli uomini di governo inseguono
una proiezione sempre più forte del proprio potere, è una
costante della storia, presente ovunque e che gli Italiani in
particolare hanno sperimentato molte volte, trasformati in oggetto e
«strumento» al servizio di questo potere. Purtroppo
però non è vero che la storia è maestra di vita.
La situazione in Medio Oriente è gravissima di per sé;
ma, come tutti sanno, è gravissima soprattutto per gli estranei
che vogliano metterci le mani perché non si possono prevedere i
comportamenti delle varie forze in campo, né quelli psicologici,
né quelli religiosi, né quelli politici. Inoltre
l’egida dell’Onu è ormai logora, oggettivamente
molto debole in quanto sono del tutto cambiate le condizioni del mondo
da quando è stata istituita. Tanto più è debole in
questa circostanza nella quale nessun Paese sa bene quale sia la
direzione giusta verso cui muoversi. La decisione di Prodi, unico uomo
di governo sicuro di sé, sarebbe addirittura grottesca (e tale
appare agli occhi del mondo) se non comportasse conseguenze drammatiche
per gli italiani. Per l’Italia, infatti, quella del Libano si
configura come una impresa folle: folle per la sperequazione fra le
motivazioni e l’impegno che richiede (forse sarebbe stata
giustificabile soltanto se l’Italia fosse stata aggredita
direttamente e messa in pericolo sul proprio territorio); folle per il
rischio della vita fisica di molti giovani italiani sul terreno
d’operazione e per la vita fisica dei cittadini in Italia, che
nessuna distanza garantisce da ritorsioni terroristiche (non escluse
quelle dei musulmani all’interno); folle per la mancanza, e la
impossibilità, di previsione dei tempi e dei costi finanziari,
costi che sappiamo bene di non poter affrontare.
Aver preso una decisione di tale portata in poche ore, aver fatto
partire gli uomini prima della discussione e della approvazione del
Parlamento, significa aver perso la testa e venire meno allo spirito e
alle garanzie della democrazia; un comportamento più che
sufficiente a far rimuovere qualsiasi governo.
Berlusconi, dunque, deve votare no; e non soltanto per tutti questi
motivi ma anche perché della guerra in Libano l’Italia non
si libererà più, e non potrà liberarsene
perciò nessun governo, quando ci sarà, successivo a
questo. Soltanto dicendo no a questa impresa, che nessun cittadino
italiano vuole, né a destra né a sinistra, Berlusconi
può ritenere di essere credibile con il suo voler
«rimanere in politica», può rilanciare la sua
leadership accentuando la sua distanza dalla politica di sinistra e
dimostrare di voler tenere fede alla parola data pochi giorni fa: aver
cura degli italiani.
il Giornale n. 205 del 31-08-06 pagina
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