editoriale

Coperte e sottomesse 

di Ida Magli
il Giornale | 8 Settembre 2006



  Il problema del velo sulla testa delle donne musulmane è stato risolto in modo diverso nei vari Paesi europei: in Italia sono libere di portarlo purché lasci scoperto il volto, cosa che del resto è obbligatoria per tutti i cittadini i quali non possono girare mascherati. In Francia, dopo numerose discussioni, è stato deciso che è vietato soltanto alle ragazze che frequentano le scuole dello Stato il quale difende così la propria laicità; in Gran Bretagna adesso il problema si è posto proprio per le scuole in quanto il velo porrebbe una differenza, una separazione fra le ragazze musulmane e le altre. Motivazioni abbastanza labili visto che in Occidente ognuno va vestito come preferisce e anzi sembra che non si finisca mai di cercare il massimo della stravaganza, di ciò che possa rendere diversi dagli altri. Ma la questione della testa, o per meglio dire dei capelli femminili, è molto più complessa di quel che non appaia e la sua storia è una delle più appassionanti e delle più violente che si ritrovino nel costume dei popoli.
Le donne sono state sempre consapevoli di possedere nei propri capelli una delle cose più belle che la natura abbia creato e una straordinaria arma di seduzione, ma è difficile che riescano a rendersi conto fino a che punto giunga la loro potenza e che sappiano quali e quante strategie i maschi abbiano messo in atto per sfuggirvi. Il nucleo essenziale del problema per i maschi è stato sempre lo stesso: come salvarsene? Come dominarli? I Greci antichi, proprio loro, così amanti dell'armonia, della bellezza in tutte le sue forme, la notte delle nozze, prima che lo sposo la raggiungesse nella stanza da letto, facevano rasare a zero i capelli alla sposa. Il significato è chiaro: la rasatura è un depotenziamento della femminilità, una prima forma di deflorazione, che in qualche modo garantisce al marito che gli sarà più facile deflorarla davvero. In altri termini: il pericolo per il maschio è il dubbio se «ce la farà»; priva dei capelli, espressione della potenza femminile, l'opera è già a buon punto... (Ci sono sistemi anche più sicuri: popoli presso i quali è lo stregone, il re, il capo tribù o addirittura il padre della sposa che la deflora preventivamente mettendo così al sicuro l'eventuale defaillance dello sposo).
Anche gli ebrei avevano (hanno) adottato la rasatura dei capelli la notte delle nozze, ma il timore per la potenza dei capelli femminili e per la loro capacità di seduzione li ha indotti a nasconderli sempre agli occhi degli estranei con l'obbligo del velo («velo» in quanto doveva con la sua trasparenza lasciare alle donne la possibilità di vedere). L'episodio della Maddalena che asciuga con i lunghi capelli i piedi di Gesù è rimasto come uno dei più scandalosi e traumatici fra tutti quelli narrati nel Vangelo perché Gesù si lascia toccare dai capelli impuri di una prostituta (il fatto che li portasse scoperti era il segnale della sua professione) e afferma che lei ha molto amato. Ha molto amato: non soltanto perché ha avuto il coraggio di rompere il tabù dell'impurità toccandolo con i suoi capelli, ma soprattutto perché è stata sicura di Lui, sicura che Lui l'avrebbe lasciata fare.
La gioia, l'assaporamento della libertà che ha contrassegnato subito le donne cristiane è difficile da affermare se non si leggono con gli occhi della verità i primi testi e i primi passi compiuti dalla Chiesa. Gesù ha messo le donne alla pari davanti a Dio, e dunque tutti, maschi e femmine, hanno subito «alzato la testa» e se la sono scoperta perché questo significava non essere più «sotto messi», impotenti (privi della vis) una volta salvati. Ma per quanto riguarda le donne ha cominciato San Paolo a lamentarsi, nella prima lettera ai Corinzi, che le donne portassero la testa scoperta e a ordinare che almeno se la coprissero nelle chiese. Poi la questione della velatura delle vergini è sembrata diventare uno dei problemi più assillanti tanto che si trovano trattati interamente dedicati a questo argomento. L'origine stava sempre lì, nella paura nei confronti della potenza dei capelli femminili, così bene risolta nell'Antico Testamento cui perciò per gli uomini di Chiesa era duro rinunciare. Pertanto le monache, nella loro qualità di spose di Dio, hanno sempre tenuto i capelli rasati e la testa velata fino al Concilio Vaticano II. Anche questo Concilio, però, non è stato capace di rinunciare al segnale principale della sottomissione delle donne, obbligando le suore, pur semplificando al massimo l'abito religioso, a mantenere la testa coperta.
Maometto, fedelissimo ai dettami dell'Antico Testamento, non ha fatto dunque nulla di nuovo o di diverso, e le donne musulmane si trovano oggi nella stessa condizione delle ebree della Palestina ai tempi di Gesù. Non saranno di certo gli Stati laici a poterle liberare dal velo perché il velo è segnale della loro sottomissione sessuale e sociale davanti ad Allah e davanti ai maschi. La soluzione presa dall'Italia è probabilmente allo stato delle cose la più equilibrata. Ma siamo costretti a ripetere per l'ennesima volta quello che i governanti, i capi politici non vogliono sentirsi dire: una cultura è un tutto integrato di significati, di costumi, di valori, e non può essere cambiata con una o più leggi. Inoltre gli uomini-maschi hanno oggi più paura che mai di fronte alla potenza sessuale femminile e i musulmani certamente non invidiano i maschi europei alle prese con la parità delle donne. Non vorremmo che il famoso «dialogo» interreligioso contemplasse anche un tentativo di ritorno all'antico, di limitazione della libertà acquistata dalle donne cristiane d'Occidente. Se così fosse, gli uomini ci rinuncino subito: sappiamo leggere e scrivere e conosciamo a fondo la storia. Non glielo permetteremo.

il Giornale del 08-10-06 pagina 1

 
 
  
 
 
  

 

 
 
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