Il
problema del velo sulla testa delle donne musulmane è stato
risolto in modo diverso nei vari Paesi europei: in Italia sono libere
di portarlo purché lasci scoperto il volto, cosa che del resto
è obbligatoria per tutti i cittadini i quali non possono girare
mascherati. In Francia, dopo numerose discussioni, è stato
deciso che è vietato soltanto alle ragazze che frequentano le
scuole dello Stato il quale difende così la propria
laicità; in Gran Bretagna adesso il problema si è posto
proprio per le scuole in quanto il velo porrebbe una differenza, una
separazione fra le ragazze musulmane e le altre. Motivazioni abbastanza
labili visto che in Occidente ognuno va vestito come preferisce e anzi
sembra che non si finisca mai di cercare il massimo della stravaganza,
di ciò che possa rendere diversi dagli altri. Ma la questione
della testa, o per meglio dire dei capelli femminili, è molto
più complessa di quel che non appaia e la sua storia è
una delle più appassionanti e delle più violente che si
ritrovino nel costume dei popoli.
Le donne sono state sempre consapevoli di possedere nei propri capelli
una delle cose più belle che la natura abbia creato e una
straordinaria arma di seduzione, ma è difficile che riescano a
rendersi conto fino a che punto giunga la loro potenza e che sappiano
quali e quante strategie i maschi abbiano messo in atto per sfuggirvi.
Il nucleo essenziale del problema per i maschi è stato sempre lo
stesso: come salvarsene? Come dominarli? I Greci antichi, proprio loro,
così amanti dell'armonia, della bellezza in tutte le sue forme,
la notte delle nozze, prima che lo sposo la raggiungesse nella stanza
da letto, facevano rasare a zero i capelli alla sposa. Il significato
è chiaro: la rasatura è un depotenziamento della
femminilità, una prima forma di deflorazione, che in qualche
modo garantisce al marito che gli sarà più facile
deflorarla davvero. In altri termini: il pericolo per il maschio
è il dubbio se «ce la farà»; priva dei
capelli, espressione della potenza femminile, l'opera è
già a buon punto... (Ci sono sistemi anche più sicuri:
popoli presso i quali è lo stregone, il re, il capo tribù
o addirittura il padre della sposa che la deflora preventivamente
mettendo così al sicuro l'eventuale defaillance dello sposo).
Anche gli ebrei avevano (hanno) adottato la rasatura dei capelli la
notte delle nozze, ma il timore per la potenza dei capelli femminili e
per la loro capacità di seduzione li ha indotti a nasconderli
sempre agli occhi degli estranei con l'obbligo del velo
(«velo» in quanto doveva con la sua trasparenza lasciare
alle donne la possibilità di vedere). L'episodio della Maddalena
che asciuga con i lunghi capelli i piedi di Gesù è
rimasto come uno dei più scandalosi e traumatici fra tutti
quelli narrati nel Vangelo perché Gesù si lascia toccare
dai capelli impuri di una prostituta (il fatto che li portasse scoperti
era il segnale della sua professione) e afferma che lei ha molto amato.
Ha molto amato: non soltanto perché ha avuto il coraggio di
rompere il tabù dell'impurità toccandolo con i suoi
capelli, ma soprattutto perché è stata sicura di Lui,
sicura che Lui l'avrebbe lasciata fare.
La gioia, l'assaporamento della libertà che ha contrassegnato
subito le donne cristiane è difficile da affermare se non si
leggono con gli occhi della verità i primi testi e i primi passi
compiuti dalla Chiesa. Gesù ha messo le donne alla pari davanti
a Dio, e dunque tutti, maschi e femmine, hanno subito «alzato la
testa» e se la sono scoperta perché questo significava non
essere più «sotto messi», impotenti (privi della
vis) una volta salvati. Ma per quanto riguarda le donne ha cominciato
San Paolo a lamentarsi, nella prima lettera ai Corinzi, che le donne
portassero la testa scoperta e a ordinare che almeno se la coprissero
nelle chiese. Poi la questione della velatura delle vergini è
sembrata diventare uno dei problemi più assillanti tanto che si
trovano trattati interamente dedicati a questo argomento. L'origine
stava sempre lì, nella paura nei confronti della potenza dei
capelli femminili, così bene risolta nell'Antico Testamento cui
perciò per gli uomini di Chiesa era duro rinunciare. Pertanto le
monache, nella loro qualità di spose di Dio, hanno sempre tenuto
i capelli rasati e la testa velata fino al Concilio Vaticano II. Anche
questo Concilio, però, non è stato capace di rinunciare
al segnale principale della sottomissione delle donne, obbligando le
suore, pur semplificando al massimo l'abito religioso, a mantenere la
testa coperta.
Maometto, fedelissimo ai dettami dell'Antico Testamento, non ha fatto
dunque nulla di nuovo o di diverso, e le donne musulmane si trovano
oggi nella stessa condizione delle ebree della Palestina ai tempi di
Gesù. Non saranno di certo gli Stati laici a poterle liberare
dal velo perché il velo è segnale della loro
sottomissione sessuale e sociale davanti ad Allah e davanti ai maschi.
La soluzione presa dall'Italia è probabilmente allo stato delle
cose la più equilibrata. Ma siamo costretti a ripetere per
l'ennesima volta quello che i governanti, i capi politici non vogliono
sentirsi dire: una cultura è un tutto integrato di significati,
di costumi, di valori, e non può essere cambiata con una o
più leggi. Inoltre gli uomini-maschi hanno oggi più paura
che mai di fronte alla potenza sessuale femminile e i musulmani
certamente non invidiano i maschi europei alle prese con la
parità delle donne. Non vorremmo che il famoso
«dialogo» interreligioso contemplasse anche un tentativo di
ritorno all'antico, di limitazione della libertà acquistata
dalle donne cristiane d'Occidente. Se così fosse, gli uomini ci
rinuncino subito: sappiamo leggere e scrivere e conosciamo a fondo la
storia. Non glielo permetteremo.
il
Giornale del 08-10-06 pagina 1
|