editoriale

Bisturi contro la libertà

di Ida Magli
il Giornale | 5 Novembre 2006



  Si è sentito da più parti in questi giorni accennare alla decisione di alcune Regioni di offrire gratuitamente come prestazione sanitaria la cosiddetta «circoncisione rituale». Su questo problema aveva espresso parere negativo la Commissione di Bioetica diversi anni fa con un documento che agli occhi di un antropologo appare di un semplicismo a dire poco sorprendente, ma che tuttavia arriva, pur affermando la liceità della circoncisione, a negare che lo Stato debba pagarla. Malgrado questo parere negativo, le Regioni, alle quali oggi è demandata la gestione del Servizio Sanitario di Stato, hanno preso decisioni in favore della prestazione gratuita accollando così, con la complicità del denaro, la responsabilità culturale ed etica della circoncisione sulle spalle di tutti noi.
Questo è un punto fermo - la complicità attraverso il pagamento delle tasse - che sta quasi del tutto distruggendo la libertà e la responsabilità etica del cittadino e di cui bisogna a tutti i costi discutere in maniera dura e approfondita. L'obiezione di coscienza concessa al personale sanitario, non soltanto non toglie ma addirittura aggrava la responsabilità del cittadino che paga la prestazione, creando una disparità di coscienza e di libertà fra i cittadini inammissibile perché, se il medico può giustificare la propria scelta con dei motivi di beneficio o di danno alla salute del paziente, alla singola persona rimane invece la partecipazione ad un gesto che, sotto le vesti di un «rito», la investe totalmente: nei propri ideali, nella propria cultura, nella verità della religione nella quale crede, nel rispetto per la libertà fisica, psichica, intellettuale e morale del nuovo nato.
Insomma qui non è in gioco soltanto il Cristianesimo nei confronti dell'Ebraismo e dell'Islamismo, problema per il quale, come abbiamo già rilevato in articoli precedenti, non possiamo affidarci né ai nostri governanti né alla Chiesa, dato che questi perseguono in tutti modi la cancellazione degli italiani e della loro cultura (anche se non riusciamo a capire perché ci odino tanto). Il salto epistemologico fatto con il passaggio dalla incisione sul corpo dell'appartenenza religiosa alla volontà espressa con la parola (l'aspersione con l'acqua non è indispensabile all'efficacia del battesimo) ha segnato una trasformazione totale della cultura biblica, una trasformazione nel senso dell'uguaglianza delle donne (le donne non possiedono il prepuzio) sottolineata prima di tutto da Gesù, e nel senso, l'unico degno dell'uomo, della forza della volontà e della verità della parola. Le mutilazioni del corpo provengono quasi tutte dall'antichità africana e hanno sempre segnalato la sottomissione cruenta dei giovani al Potere per poterlo esercitare in seguito a loro volta. In Europa non ci sono mai state e i Romani ne avevano orrore. Il Cristianesimo ha potuto espandersi e fare presa soltanto trasferendosi a Roma e usufruendo di una cultura fondata sulla verità della parola, sul pensiero simbolico, insomma su quella che è sempre stata la cultura europea. Incidere sul corpo le «idee», siano queste religiose o ruoli di potere, appartiene a quelle culture prive del tempo in divenire, prive di volontà di trasformazione, prive del concetto della libertà individuale, cosa che appare evidente nel rifiuto della strumentazione culturale al di fuori dell'organismo e nel suo ripiegamento sul corpo. La povertà dei Paesi islamici, checché se ne dica, dipende prima di tutto e soprattutto da questo: la concezione autoritaria e regressiva della cultura. Dispiace che gli Ebrei, vissuti quasi sempre presso popoli occidentali e liberatisi di tante delle loro credenze (per esempio, del sacrificio degli animali) non abbiano rinunciato alla circoncisione. Ma noi, cristiani credenti oppure no, siamo prima di tutto italiani, innamorati della libertà dello spirito, ricchi del pensiero simbolico in ogni sua espressione e non possiamo, non vogliamo, che per nostra colpa venga usato il corpo di nessuno e per nessun motivo.
I nostri governanti hanno deciso che noi non abbiamo diritto né a pensare, né ad esprimere le nostre idee, né a far partecipare gli altri alla libertà di cui siamo orgogliosi? Ebbene, questa è una forma di potere totalitario che si nasconde dietro le tasse e che noi rifiutiamo. È questa la vera protesta contro la Finanziaria: la protesta delle idee e delle coscienze.

il Giornale del 5-11-06 pagina 1

 
 
  
 
 
  

 

 

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