Si
è sentito da più parti in questi giorni accennare alla
decisione di alcune Regioni di offrire gratuitamente come prestazione
sanitaria la cosiddetta «circoncisione rituale». Su questo
problema aveva espresso parere negativo la Commissione di Bioetica
diversi anni fa con un documento che agli occhi di un antropologo
appare di un semplicismo a dire poco sorprendente, ma che tuttavia
arriva, pur affermando la liceità della circoncisione, a negare
che lo Stato debba pagarla. Malgrado questo parere negativo, le
Regioni, alle quali oggi è demandata la gestione del Servizio
Sanitario di Stato, hanno preso decisioni in favore della prestazione
gratuita accollando così, con la complicità del denaro,
la responsabilità culturale ed etica della circoncisione sulle
spalle di tutti noi.
Questo è un punto fermo - la complicità attraverso il
pagamento delle tasse - che sta quasi del tutto distruggendo la
libertà e la responsabilità etica del cittadino e di cui
bisogna a tutti i costi discutere in maniera dura e approfondita.
L'obiezione di coscienza concessa al personale sanitario, non soltanto
non toglie ma addirittura aggrava la responsabilità del
cittadino che paga la prestazione, creando una disparità di
coscienza e di libertà fra i cittadini inammissibile
perché, se il medico può giustificare la propria scelta
con dei motivi di beneficio o di danno alla salute del paziente, alla
singola persona rimane invece la partecipazione ad un gesto che, sotto
le vesti di un «rito», la investe totalmente: nei propri
ideali, nella propria cultura, nella verità della religione
nella quale crede, nel rispetto per la libertà fisica, psichica,
intellettuale e morale del nuovo nato.
Insomma qui non è in gioco soltanto il Cristianesimo nei
confronti dell'Ebraismo e dell'Islamismo, problema per il quale, come
abbiamo già rilevato in articoli precedenti, non possiamo
affidarci né ai nostri governanti né alla Chiesa, dato
che questi perseguono in tutti modi la cancellazione degli italiani e
della loro cultura (anche se non riusciamo a capire perché ci
odino tanto). Il salto epistemologico fatto con il passaggio dalla
incisione sul corpo dell'appartenenza religiosa alla volontà
espressa con la parola (l'aspersione con l'acqua non è
indispensabile all'efficacia del battesimo) ha segnato una
trasformazione totale della cultura biblica, una trasformazione nel
senso dell'uguaglianza delle donne (le donne non possiedono il
prepuzio) sottolineata prima di tutto da Gesù, e nel senso,
l'unico degno dell'uomo, della forza della volontà e della
verità della parola. Le mutilazioni del corpo provengono quasi
tutte dall'antichità africana e hanno sempre segnalato la
sottomissione cruenta dei giovani al Potere per poterlo esercitare in
seguito a loro volta. In Europa non ci sono mai state e i Romani ne
avevano orrore. Il Cristianesimo ha potuto espandersi e fare presa
soltanto trasferendosi a Roma e usufruendo di una cultura fondata sulla
verità della parola, sul pensiero simbolico, insomma su quella
che è sempre stata la cultura europea. Incidere sul corpo le
«idee», siano queste religiose o ruoli di potere,
appartiene a quelle culture prive del tempo in divenire, prive di
volontà di trasformazione, prive del concetto della
libertà individuale, cosa che appare evidente nel rifiuto della
strumentazione culturale al di fuori dell'organismo e nel suo
ripiegamento sul corpo. La povertà dei Paesi islamici,
checché se ne dica, dipende prima di tutto e soprattutto da
questo: la concezione autoritaria e regressiva della cultura. Dispiace
che gli Ebrei, vissuti quasi sempre presso popoli occidentali e
liberatisi di tante delle loro credenze (per esempio, del sacrificio
degli animali) non abbiano rinunciato alla circoncisione. Ma noi,
cristiani credenti oppure no, siamo prima di tutto italiani, innamorati
della libertà dello spirito, ricchi del pensiero simbolico in
ogni sua espressione e non possiamo, non vogliamo, che per nostra colpa
venga usato il corpo di nessuno e per nessun motivo.
I nostri governanti hanno deciso che noi non abbiamo diritto né
a pensare, né ad esprimere le nostre idee, né a far
partecipare gli altri alla libertà di cui siamo orgogliosi?
Ebbene, questa è una forma di potere totalitario che si nasconde
dietro le tasse e che noi rifiutiamo. È questa la vera protesta
contro la Finanziaria: la protesta delle idee e delle coscienze.
il
Giornale del 5-11-06 pagina 1
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