prodi e L'articolo 157
Le assurde rinunce
degli "europei"
 

 

di Ida Magli
ItalianiLiberi| 14 Febbraio 2004

 
 

          

   Le sinistre hanno lanciato il loro proclama: “Uniti per l’Europa”, eleggendo ancora una volta Prodi a loro leader. Adesso dunque è chiara, anche a chi fino ad oggi non aveva voluto vederlo o riconoscerlo, qual era la meta che le sinistre si prefiggevano fin da quando, con grande sorpresa dei loro stessi elettori, i partiti comunisti o postcomunisti avevano scelto un vecchio adepto della Democrazia Cristiana per combattere un uomo nuovo come Berlusconi. La battaglia era allora, così come è adesso, una battaglia decisiva per formare in Europa un grande impero comunista, ossia un mondo privo di differenze basato sul primato dell’economia. E’ questo il comunismo (e dispiace che Berlusconi non se ne accorga pur dicendo di combattere il comunismo): niente più differenze fra nazioni, fra patrie, fra lingue, fra popoli, fra religioni, fra culture, nell’egualitarismo del denaro e del mercato.
   Fino ad oggi, però, in Italia nessun partito, nessun uomo politico, nessun leader religioso, ha dichiarato di essere contro l’unione europea, cosa che invece avviene in forme anche molto aspre negli altri paesi, fino a giungere all’uccisione di esponenti politici, come è successo in Olanda e in Svezia. Le attuali difficoltà del governo di centro-destra sono in buona parte dovute al fatto che non si è voluto spiegare agli Italiani il motivo principale: stiamo scontando le prime, gravissime conseguenze del Trattato di Maastricht. Conseguenze che non sono soltanto di carattere economico, ma anche e soprattutto psicologiche e culturali in quanto ogni sistema di vita di un gruppo si configura sempre come un insieme complesso e interrelato di tutti i fattori. Potremmo riassumere, anzi, la situazione attuale, quella che le sinistre definiscono un “impoverimento” dell’Italia pensando di addossarlo semplicemente ad errori economici di Berlusconi, come la fase di elaborazione del lutto, lo stress della perdita. L’impoverimento è depressione, depressione dello slancio vitale da parte di chi non ha futuro davanti a sé, non ha la gioia di una meta gradevole, ma, al contrario, soltanto rinunce.
   La perdita del potere d’acquisto della moneta è reale (l’operazione “euro” è stata un’operazione da moneta pesante di cui si fa pagare la cancellazione degli zeri a coloro che la adoperano) per cui tutti gli indici non corrispondono, se non in teoria, alla vita dei cittadini; ma soprattutto l’impoverimento è dovuto al segno negativo con il quale la unificazione europea si presenta agli occhi degli Italiani. Tutto è “rinuncia”: rinuncia alla propria lingua in quanto le lingue ufficiali sono l’inglese, il francese e il tedesco; rinuncia al cristianesimo, nell’imposizione dell’uguaglianza fra tutte le religioni, il che significa la consegna al primato dell’islamismo. Nessuno d’altra parte si illude che i musulmani accettino la parità per cui ben presto si passerà dall’assolutezza della laicità imposta da Chirac a un futuro di terribili conflitti.
   Infine l’esortazione assillante a un atteggiamento remissivo, sacrificale, che ha già pervaso tutta l’Europa impedendone anche quella “competitività” di cui gli economisti vanno in cerca. Competere significa combattere, voler vincere sugli altri; significa insomma caricarsi di una aggressività indispensabile agli esseri umani per affermare se stessi, sia come individui che come popoli. Dove mai potranno trovare la volontà di competere questi “europei” cui si predica instancabilmente che debbono rinunciare a se stessi, a tutto quello che fino ad oggi hanno amato: la patria, la propria identità, la propria lingua, la libertà? L’economia europea “non riparte”? Il comunismo uccide in Europa, così come ha ucciso in tutti i paesi dove è giunto al potere, i mercati, la volontà di agire, assumendo il colore del lutto.
   Adesso, dunque, il centro-destra è costretto a fare una campagna elettorale nella quale le sinistre lo hanno “incastrato”: o dichiararsi contro l’unione europea, oppure non avere sufficienti argomenti per vincere. Tenere il piede in due staffe non è più possibile. La politica delle sinistre verso l’Europa è stata gestita in modo a dir poco scorretto in quanto Romano Prodi l’ha guidata come capo del governo europeo e al tempo stesso leader di partito in Italia, sebbene nel Trattato di Maastricht l’articolo 157 affermi che “i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni da alcun Governo né da alcun organismo”. Ma ben vengano nell’UE le sinistre italiane il cui quotidiano più importante porta il nome non equivoco di “Europa”. All’Italia le sinistre non hanno bisogno di rinunciare visto che non l’hanno mai amata.
   Una cosa è indispensabile, però, in una campagna elettorale centrata sull’Europa: che venga detto con chiarezza se si punta ad una Unione totale nella quale ogni potere viene devoluto al governo europeo, come è nelle intenzioni di Prodi e delle sinistre; oppure se gli Italiani possono sperare che il centro-destra punti ad una alleanza fra Stati, conservando il massimo di libertà e di indipendenza politica e culturale.

 

 

 

 

 

 
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