Le sinistre hanno
lanciato il loro proclama: “Uniti per l’Europa”, eleggendo
ancora una volta Prodi a loro leader. Adesso dunque è chiara, anche a
chi fino ad oggi non aveva voluto vederlo o riconoscerlo, qual era la
meta che le sinistre si prefiggevano fin da quando, con grande
sorpresa dei loro stessi elettori, i partiti comunisti o postcomunisti
avevano scelto un vecchio adepto della Democrazia Cristiana per
combattere un uomo nuovo come Berlusconi. La battaglia era allora,
così come è adesso, una battaglia decisiva per formare in Europa un
grande impero comunista, ossia un mondo privo di differenze basato sul
primato dell’economia. E’ questo il comunismo (e dispiace che
Berlusconi non se ne accorga pur dicendo di combattere il comunismo):
niente più differenze fra nazioni, fra patrie, fra lingue, fra popoli,
fra religioni, fra culture, nell’egualitarismo del denaro e del
mercato.
Fino ad oggi, però, in Italia nessun partito, nessun uomo politico,
nessun leader religioso, ha dichiarato di essere contro l’unione
europea, cosa che invece avviene in forme anche molto aspre negli
altri paesi, fino a giungere all’uccisione di esponenti politici, come
è successo in Olanda e in Svezia. Le attuali difficoltà del governo di
centro-destra sono in buona parte dovute al fatto che non si è voluto
spiegare agli Italiani il motivo principale: stiamo scontando le
prime, gravissime conseguenze del Trattato di Maastricht. Conseguenze
che non sono soltanto di carattere economico, ma anche e soprattutto
psicologiche e culturali in quanto ogni sistema di vita di un gruppo
si configura sempre come un insieme complesso e interrelato di
tutti i fattori. Potremmo riassumere, anzi, la situazione attuale,
quella che le sinistre definiscono un “impoverimento” dell’Italia
pensando di addossarlo semplicemente ad errori economici di
Berlusconi, come la fase di elaborazione del lutto, lo stress della
perdita. L’impoverimento è depressione, depressione dello slancio
vitale da parte di chi non ha futuro davanti a sé, non ha la gioia di
una meta gradevole, ma, al contrario, soltanto rinunce.
La perdita del potere d’acquisto della moneta è reale (l’operazione
“euro” è stata un’operazione da moneta pesante di cui si fa pagare la
cancellazione degli zeri a coloro che la adoperano) per cui tutti gli
indici non corrispondono, se non in teoria, alla vita dei cittadini;
ma soprattutto l’impoverimento è dovuto al segno negativo con il quale
la unificazione europea si presenta agli occhi degli Italiani. Tutto è
“rinuncia”: rinuncia alla propria lingua in quanto le lingue ufficiali
sono l’inglese, il francese e il tedesco; rinuncia al cristianesimo,
nell’imposizione dell’uguaglianza fra tutte le religioni, il che
significa la consegna al primato dell’islamismo. Nessuno d’altra parte
si illude che i musulmani accettino la parità per cui ben presto si
passerà dall’assolutezza della laicità imposta da Chirac a un futuro
di terribili conflitti.
Infine l’esortazione assillante a un atteggiamento remissivo,
sacrificale, che ha già pervaso tutta l’Europa impedendone anche
quella “competitività” di cui gli economisti vanno in cerca. Competere
significa combattere, voler vincere sugli altri; significa insomma
caricarsi di una aggressività indispensabile agli esseri umani per
affermare se stessi, sia come individui che come popoli. Dove mai
potranno trovare la volontà di competere questi “europei” cui si
predica instancabilmente che debbono rinunciare a se stessi, a tutto
quello che fino ad oggi hanno amato: la patria, la propria identità,
la propria lingua, la libertà? L’economia europea “non riparte”? Il
comunismo uccide in Europa, così come ha ucciso in tutti i paesi dove
è giunto al potere, i mercati, la volontà di agire, assumendo il
colore del lutto.
Adesso, dunque, il centro-destra è costretto a fare una campagna
elettorale nella quale le sinistre lo hanno “incastrato”: o
dichiararsi contro l’unione europea, oppure non avere sufficienti
argomenti per vincere. Tenere il piede in due staffe non è più
possibile. La politica delle sinistre verso l’Europa è stata gestita
in modo a dir poco scorretto in quanto Romano Prodi l’ha guidata come
capo del governo europeo e al tempo stesso leader di partito in
Italia, sebbene nel Trattato di Maastricht l’articolo 157 affermi che
“i membri della Commissione non sollecitano né accettano istruzioni da
alcun Governo né da alcun organismo”. Ma ben vengano nell’UE le
sinistre italiane il cui quotidiano più importante porta il nome non
equivoco di “Europa”. All’Italia le sinistre non hanno bisogno
di rinunciare visto che non l’hanno mai amata.
Una cosa è indispensabile, però, in una campagna elettorale
centrata sull’Europa: che venga detto con chiarezza se si punta ad una
Unione totale nella quale ogni potere viene devoluto al governo
europeo, come è nelle intenzioni di Prodi e delle sinistre; oppure se
gli Italiani possono sperare che il centro-destra punti ad una
alleanza fra Stati, conservando il massimo di libertà e di
indipendenza politica e culturale.
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