I
costruttori dell’unione sovietica europea, proseguendo nella loro
imperterrita opera di cancellazione del nome, della identità, della
differenza creativa delle Nazioni e dei Popoli, hanno deciso di
mettere il marchio “UE” su tutti i prodotti dei paesi membri. Quale
vantaggio potrà portare alla moda Italiana o ai profumi francesi
l’eliminazione del Made in Italy o del Made in France possiamo
immaginarlo. Fortunatamente sembra che ci sia molta resistenza da
parte dei singoli Stati, i quali hanno proposto che il marchio UE
affianchi quello che identifica la nazione. Ma nessuno si faccia
illusioni: passerà poco tempo, poi l’uso che tende sempre ad
abbreviare le sigle, farà prevalere quella onnicomprensiva su quella
particolare.
Tuttavia,
se richiamiamo l’attenzione degli Italiani su questa, fra le
innumerevoli normative che ogni giorno vengono sfornate dal Parlamento
o dalla Commissione europea, non è soltanto per il suo intrinseco
significato di cancellazione della individualità dei Popoli, ma anche
per sottolineare una volontà di potenza imperiale che nessun evidente
scacco, nessun risultato negativo, nessun danno arrecato ai propri
sudditi induce al più piccolo dubbio, ad una pausa di riflessione.
Pensiamo, infatti, a tutto quello che è successo negli ultimi due
anni: le divisioni fra i paesi più importanti nei confronti
dell’America e della guerra in Irak; la contrazione dell’economia in
tutta l’area dell’euro, e in primis in quella che in partenza era la
più ricca: la Germania. L’aumento della disoccupazione in Francia e in
Germania, e l’impossibilità a farla diminuire negli altri paesi; il
disaccordo sulle multe previste dal Trattato di Maastricht per gli
Stati che non si fossero attenuti ai parametri di bilancio (anche qui
Francia e Germania) con il conseguente conflitto di competenze fra il
Consiglio dei Ministri dell’ Economia e il Governo (Commissione)
europeo.
Il catastrofico impatto della moneta unica sulla capacità di acquisto e
sul reddito dei cittadini, soprattutto quelli, dipendenti e
pensionati, privi di qualsiasi possibilità di rivalsa. Infine (si fa
per dire) la mancata firma sulla vantatissima Costituzione Europea, di
cui non si è neanche cominciato a discutere pubblicamente data la
certezza, acquisita nei colloqui ristretti ad alto livello, di non
poter raggiungere un accordo.
Qualcuno, fra gli innumerevoli parlamentari, istituti di controllo,
commissioni di esperti, tecnici di cui non conosciamo neanche
l’esistenza e che pure pesano enormemente sulle tasse degli oltre 350
milioni di sudditi dell’impero, si è forse fermato un momento a tirare
le somme di tutto questo? Nessuno l’ha fatto né lo farà, neanche in
Italia dove il Governo Berlusconi, assediato dalle violente critiche
della Sinistra, potrebbe a buon diritto far ricadere almeno alcuni
degli aspetti negativi della sua gestione sulle vicende europee.
L’Impero sta a cuore ai governanti più di qualsiasi cosa proprio in
quanto “Impero”: estensione territoriale del potere, moltiplicazione
di poltrone, di benefici, di stipendi, fiumi di denaro che i cittadini
non sono in grado in nessun modo di controllare, alleanze dei Partiti
al di sopra dei singoli Stati, dominio sulla libertà e sul pensiero
dei sudditi senza che essi se ne rendano neanche conto.
Dunque, tocca a noi, singole persone armate soltanto del buon senso
e della logica, oltre che dell’amore per la propria patria e per la
propria identità, fare quei bilanci e trarre quelle conclusioni che i
politici si rifiutano di trarre. Le riassumo molto semplicemente in
due azioni indispensabili: disinnescare nei diversi settori della vita
sociale gli effetti dell’unione europea senza provocare il trauma, che
a questo punto sarebbe disastroso, di una vera e propria sconfessione.
Quindi: fermare ogni passo verso l’unificazione dei popoli e degli
Stati, optando a poco a poco, ossia nelle singole occasioni, per una
libera alleanza. Prima di tutto, quindi, riacquistare la libertà
economica, coniando un euro italiano (come succede con il dollaro
canadese, per esempio) che sia in grado di fluttuare in rapporto a
quello degli altri Stati dell’Unione e rimettere in moto il mercato
dei prodotti italiani. Un solo esempio, fra i tanti possibili: il
fatturato della Fiat è diminuito nel 2003 del 10,5%. Sappiamo bene che
è stata l’unificazione monetaria a determinare tutti i precedenti
crolli, al limite del fallimento. Se le auto Fiat sono state sempre
scadenti, in confronto a quelle tedesche o francesi, venivano comprate
in base alla convenienza del prezzo fornito dal cambio. Oggi, o si
riduce moltissimo il prezzo – cosa impossibile per la normativa
sindacale che protegge il salario degli operai – oppure la Fiat
fallirà.
Dire che aver creato il mercato unico europeo e contemporaneamente
la moneta unica è la cosa più stupida che sia mai stata pensata dai
governanti, è verissimo ma non serve. E siccome lo stesso ragionamento
vale per tutte le altre produzioni, dalla moda al latte, dobbiamo
tirarcene fuori in fretta, senza aspettare che gli altri Paesi o che i
governanti d’Europa siano d’accordo.
L’altra
cosa che bisogna fare è prepararsi alle elezioni europee in base a
gruppi di convenienza sociale, civile, economica italiana, non
delegando le liste ai Partiti. I Consumatori, già riuniti in
associazioni o disposti a farlo, mandino i propri rappresentanti; lo
stesso facciano gli Industriali, soprattutto i Giovani Industriali che
sono ben consapevoli di quali danni abbia portato l’unione europea e
quali conseguenze ancor più catastrofiche porterà l’ingresso dei paesi
dell’Est, abituati a produrre a bassissimo costo. In un Convegno
tenutosi nel novembre scorso a Lecco, i Giovani Industriali, reduci
appunto da un giro nei paesi dell’Est che hanno aderito all’unione
europea, non hanno esitato a mettere in luce tutte le loro
preoccupazioni in proposito. L’adozione dell’euro e delle normative
europee avrà un costo altissimo, un costo che saremo noi a pagare in
quanto è soltanto a questa condizione che Polonia, Ungheria,
Slovacchia ecc. hanno accettato di entrare a far parte dell’Unione.
Infine, ancora una parola sulla moneta unica. Il cambio euro-Lira
non è stato affatto un “rapporto di cambio”, ma l’introduzione di una
moneta pesante che ha di colpo dimezzato il reddito dei cittadini
facendogli pagare così, senza dirglielo, un assetto politico ed
economico del tutto nuovo. Una moneta pesante significa dunque che i
conti appaiono liberati da molti zeri, ma che non corrispondono alla
realtà. Per questo anche l’inflazione è priva di realtà in quanto è
mascherata dalla pesantezza dell’euro.
Il
caro, vecchio padre Dante non ha esitato nella Divina Commedia a
indicare nel Re Filippo il Bello l’uomo più corrotto di tutti i tempi,
nuovo Pilato, per aver raggiunto i suoi scopi di “potenza”
falsificando la moneta. Non sappiamo come giudicherebbe gli inventori
di un modo moderno di falsificare la moneta. □ |