CASO SOFRI 

Lo Stato implora
il condannato

 

di Ida Magli
ItalianiLiberi | 1 Gennaio 2004

 
 

     Gli Italiani guardano con stupore al grande indaffararsi dei politici e dei giornalisti intorno ad una questione per loro assolutamente priva di interesse: riuscire a tutti i costi  (e quali costi!) a concedere la grazia ad Adriano Sofri. Un uomo che è stato condannato per ben sette  processi quale istigatore e mandante dell’assassinio Calabresi. Un tipo di assassinio che fa parte delle pagine più ripugnanti dell’eversione rossa, quella che ha teorizzato e messo in atto l’uccisione di singole, determinate persone, individuate come nemici in quanto colpevoli  di aver compiuto particolari azioni. Uomini, quindi, oggetto di odio non come rappresentanti e simboli delle istituzioni dello Stato, ma da uccidere per loro stessi, con il proprio nome e cognome.  Questa strategia, sempre seguita fin dagli inizi di Lotta Continua, è rivelatrice della più grande forza dell’odio, un odio che a stento può dirsi politico: l’odio diretto verso una determinata persona che non ha diritto di vivere. Omicidio allo stato puro. Fanatismo religioso.
     Chi ha vissuto gli anni della violenza rossa all’Università di Roma non si inganna nel riconoscere questo tipo di odio: è l’odio che ha ucciso, chiamandoli per nome prima di sparare, Bachelet  e Tarantelli, per gli stessi motivi per i quali sono stati uccisi D’Antona e Biagi. Il tempo è passato, ma il meccanismo dell’odio è lo stesso: non hanno diritto a vivere gli uomini che con le loro azioni danneggiano le masse proletarie e le allontanano dalla vittoria comunista. E’ proprio questo, infatti, il presupposto marxista: la differenza fra il potere delle masse e il potere borghese consiste nella innocenza  senza nome delle masse e nella responsabilità  individuale, con nome e cognome, di chi l’opprime. E’ una specie di perversione del terrorismo, il più crudele e “occidentale”: individuare e uccidere il singolo.
     Il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, si è sempre rifiutato di proporre la grazia per il signor Sofri, malgrado le sollecitazioni assillanti ricevute in questo senso, in base ad un semplice ragionamento: Sofri è stato processato in tutti i gradi di giustizia possibili, incluso quello della Corte Europea, ed è stato dichiarato colpevole. Inoltre il condannato non ha chiesto la grazia perché non riconosce la legittimità della condanna. Perché mai, dunque, si dovrebbe concedere la grazia ad un condannato che contesta la giustizia? La posizione del Ministro è ineccepibile, ma come è possibile che tutti quei politici che sollecitano in forma parossistica la concessione di questa grazia, non si rendano conto di avallare l’idea che in Italia nessun processo sia credibile?
     Sembra invece che di fronte alla fermezza del Ministro Castelli, i politici, di sinistra e non, abbiano perso la testa e stiano progettando una riforma che permetterebbe al Presidente della Repubblica di concedere la grazia senza la controfirma di nessuno. Un potere da “Re” questo, investito dalla sacralità divina, motivo per cui l’istituto della grazia non avrebbe dovuto esistere in una costituzione democratica e i legislatori l’avevano attenuata con la controfirma del guardasigilli.
     Giunti a questo punto non rimane che sperare che qualcuno fra i politici si renda conto dell’enormità di ciò che si sta progettando. Enormità che i cittadini non sanno bene come valutare: siamo il solito paese da burla, quel paese da burla che gli Italiani speravano di poter dimenticare, a metà fra i tarallucci e vino e la retorica di un Parlamento che fa solennemente le leggi per gli amici suoi? E nel caso fosse vera questa ipotesi, gli Italiani non avrebbero il diritto di chiedersi come mai il signor Sofri sia amico dei politici fino a questo punto? □

 

 

 

 

 

 

 
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