Gli Italiani guardano con stupore al grande indaffararsi dei politici
e dei giornalisti intorno ad una questione per loro assolutamente
priva di interesse: riuscire a tutti i costi (e quali costi!) a
concedere la grazia ad Adriano Sofri. Un uomo che è stato condannato
per ben sette processi quale istigatore e mandante dell’assassinio
Calabresi. Un tipo di assassinio che fa parte delle pagine più
ripugnanti dell’eversione rossa, quella che ha teorizzato e messo in
atto l’uccisione di singole, determinate persone, individuate come
nemici in quanto colpevoli di aver compiuto particolari azioni.
Uomini, quindi, oggetto di odio non come rappresentanti e simboli
delle istituzioni dello Stato, ma da uccidere per loro stessi, con il
proprio nome e cognome. Questa strategia, sempre seguita fin dagli
inizi di Lotta Continua, è rivelatrice della più grande forza
dell’odio, un odio che a stento può dirsi politico: l’odio diretto
verso una determinata persona che non ha diritto di vivere. Omicidio
allo stato puro. Fanatismo religioso.
Chi ha vissuto gli anni della violenza rossa all’Università di
Roma non si inganna nel riconoscere questo tipo di odio: è l’odio che
ha ucciso, chiamandoli per nome prima di sparare, Bachelet e
Tarantelli, per gli stessi motivi per i quali sono stati uccisi
D’Antona e Biagi. Il tempo è passato, ma il meccanismo dell’odio è lo
stesso: non hanno diritto a vivere gli uomini che con le loro azioni
danneggiano le masse proletarie e le allontanano dalla vittoria
comunista. E’ proprio questo, infatti, il presupposto marxista: la
differenza fra il potere delle masse e il potere borghese consiste
nella innocenza senza nome delle masse e nella responsabilità
individuale, con nome e cognome, di chi l’opprime. E’ una specie di
perversione del terrorismo, il più crudele e “occidentale”:
individuare e uccidere il singolo.
Il Ministro della Giustizia, Roberto Castelli, si è sempre
rifiutato di proporre la grazia per il signor Sofri, malgrado le
sollecitazioni assillanti ricevute in questo senso, in base ad un
semplice ragionamento: Sofri è stato processato in tutti i gradi di giustizia possibili, incluso quello della Corte Europea, ed è stato
dichiarato colpevole. Inoltre il condannato non ha chiesto la grazia
perché non riconosce la legittimità della condanna. Perché mai,
dunque, si dovrebbe concedere la grazia ad un condannato che contesta
la giustizia? La posizione del Ministro è ineccepibile, ma come è
possibile che tutti quei politici che sollecitano in forma
parossistica la concessione di questa grazia, non si rendano conto di
avallare l’idea che in Italia nessun processo sia credibile?
Sembra invece che di fronte alla fermezza del Ministro Castelli,
i politici, di sinistra e non, abbiano perso la testa e stiano
progettando una riforma che permetterebbe al Presidente della
Repubblica di concedere la grazia senza la controfirma di nessuno. Un
potere da “Re” questo, investito dalla sacralità divina, motivo per
cui l’istituto della grazia non avrebbe dovuto esistere in una
costituzione democratica e i legislatori l’avevano attenuata con la
controfirma del guardasigilli.
Giunti a questo punto non rimane che sperare che qualcuno fra i
politici si renda conto dell’enormità di ciò che si sta progettando.
Enormità che i cittadini non sanno bene come valutare: siamo il solito
paese da burla, quel paese da burla che gli Italiani speravano di
poter dimenticare, a metà fra i tarallucci e vino e la retorica di un
Parlamento che fa solennemente le leggi per gli amici suoi? E nel caso
fosse vera questa ipotesi, gli Italiani non avrebbero il diritto di
chiedersi come mai il signor Sofri sia amico dei politici fino a
questo punto? □ |