Riporto da un articolo de “IL Giornale” del 18 febbraio 2004: «L’operaio
di Bin Laden:”Quando lo sceicco era il mio capo cantiere”», la
particolare vicenda di un italiano, Antonio Tosarini, un operaio edile
emigrato in Arabia Saudita al quale, trent’anni fa, fu proposto da Bin Laden, suo datore di lavoro, di convertirsi all’Islam in cambio di
un appartamento di cento metri quadri, di quaranta milioni di Lire
dell’epoca e di continuare a lavorare per lui. Antonio Tosarini non
esitò a rispondere di “No”, aggiungendo che “Gesù era stato già
tradito una volta per denaro e che [lui] non l’avrebbe fatto una
seconda”, “che certe cose non si possono comperare coi soldi”.
Tutti noi ricordiamo bene quando Oriana Fallaci scrisse nel suo
articolo: “La rabbia e l’orgoglio”, che la distruzione delle
due Torri non era opera dei soli integralisti ma del mondo dell’Islam
nel suo insieme, che in pochi vollero crederle. La Sinistra del nostro
paese gridò all’eresia. In Francia, addirittura, senza riuscire a
condannarla, l’hanno portata in tribunale.
Quello che sta succedendo in Kosovo — la distruzione delle chiese e
dei monasteri ortodossi, più di 166 solo le chiese, e la profanazione
dei cimiteri, il terrore dei preti, anche solo per andare a fare la
spesa al mercato se non fossero scortati dai soldati italiani della
missione Kfor, i recenti morti serbi e albanesi — dimostra che la
previsione era fondata. Gli albanesi che vivono lì, di cui la
maggioranza è di fede islamica, stanno distruggendo le chiese per
costruire moschee. La reazione dei serbi, a maggioranza di fede
cristiana ortodossa, che in questi giorni hanno incendiato due
moschee, è certamente non giustificabile ma senza dubbio prevedibile.
Come prevedibile era l’attentato in Spagna, nel senso che quanto è
successo a Madrid è solo una delle manifestazioni del lungo passo
dell’Islam: la volontà di conquistare l’Occidente. In proposito, dal
Corriere della sera del 15 Marzo 2004 riporto parte di un articolo di
G.O. intitolato: “Lanciata una fatwa su Roma:«la città sarà
riconquistata»”. In esso si fa riferimento alle affermazioni dello
sceicco Yussef Kardawi, il quale, da “Al Jazeera”, «Nel dicembre 2002,
in risposta ad un quesito, ha citato un versetto. Al Profeta venne
chiesto: “Quale sarà la prima città ad essere conquistata,
Costantinopoli o Romiyya (Roma)?”. La risposta: “la città di Hirqil
(Costantinopoli) sarà la prima… l'altra città rimarrà e speriamo e
crediamo che sarà conquistata… questo significa che torneremo in
Europa come conquistatori dopo essere stati espulsi due volte, una dal
sud in Andalusia e la seconda volta a est… però Kardawi ha subito
aggiunto […], che questa volta la riconquista non sarà con la spada,
ma con la preghiera e l’ideologia». È inutile sottolineare che
sull’utilizzo della “preghiera” mentiva, visto che il primo grave
attentato di matrice islamica in Europa non a caso è stato compiuto
proprio in Spagna. Ma la menzogna fa parte del bagaglio culturale
dell’Islam, dato che il Corano stesso prevede la menzogna, se detta in
nome di Allah. Ed è nel Corano il meccanismo di questa psicosi
culturale di gruppo: se tutti mentono nessuno mente. La psicosi,
peraltro, si evince dall’atteggiamento in generale dei musulmani nei
confronti della vita, poiché le sure, le parti che
costituiscono il Corano, non fanno che redarguire, dirigere, stabilire
e proibire continuamente attraverso atti concreti la normale vita
quotidiana del fedele. Disobbedire equivale a porsi contro Dio, il
magnanimo che tutto vede e comprende. Tale psicosi, portata a estreme
conseguenze, è funzionale agli estremisti islamici per giustificare
qualsiasi comportamento. Difatti, la violenza più efferata è “giusta”
se compiuta in nome di Allah e quindi assolutizzata.
È in questo punto dolens che l’Occidente si coniuga perfettamente
con il mondo islamico: la violenza del sacrificio. Non solo le comuni
origini con il profeta Abramo (n.b.: il sacrificio di Isacco, dove il
padre è disposto a uccidere il proprio figlio in nome di Dio), ma la
fine apparente di tutte le religioni nell’Occidente stesso, di tutte
le fedi, come già René Girard aveva messo in evidenza nel 1972 con il
suo libro: «La violenza e il sacro» (ed. Adelphi), quando ha
scritto che: «La tendenza a cancellare il sacro, a eliminarlo
interamente, prepara il ritorno del sacro, in forma non più
trascendente bensì immanente, nella forma della violenza e del sapere
della violenza». In Occidente il potere ha sacralizzato la vita del
corpo, ponendola al di sopra della “Vita” stessa, con lo scopo di
utilizzarla come strumento per rendere tutti “uguali”, e in quanto
omologati, controllabili. Una dimostrazione è data dal fenomeno dei
trapianti d’organo, realtà nella quale, senza una minima
considerazione delle conseguenze che questa pratica comporterà nel
tempo per la specie umana, la vita (organica) deve essere perseguita a
tutti i costi, contraddicendo, per le modalità con cui ciò avviene, lo
stesso giuramento di Ippocrate.
Se il sapere-valore, dunque, è quello della violenza, la paura è il
solo linguaggio che rende comprensibili i significati di minaccia: una
minaccia anch’essa immanente, concreta, anche troppo — tanto da non
essere più razionalizzabile — che fa riferimento unicamente al corpo,
come se la vita fosse caratterizzata solo dal suo vivere organico,
privando l’Uomo dei suoi Valori culturali fondanti. Se il corpo è
“nudo”, l’Uomo non ha più dignità di essere, dato che ciò che viene a
mancare sono i valori: la parte simbolica di quella “Vita”, di cui
nessuno può fare a meno per sentire, pensare, Essere, per esistere nel
vivere. A tal punto si è sottovalutata la realtà dei nostri Valori,
che si è giunti a giustificare da più parti la vigliaccheria, la
cinica indifferenza di fronte alla minaccia della violenza.
Se la semplice “vita organica” deve prevalere su tutto, nessuno
faccia finta di non sapere che questo atteggiamento sarà portatore di
altra violenza, ancora più grande: quella che vuole la cancellazione
dell’Occidente. Come i dhimmi, coloro che nell’antichità erano
“protetti” e avevano diritto di professare la loro fede perché
pagavano una tassa ai musulmani e purché non facessero proseliti, così
oggi gli occidentali cedono al ricatto dell’orrore, pagando la tassa
nella forma peggiore dell’umano: rinunciare ai propri valori fondanti,
alla libertà individuale e di pensiero. Tempo fa, più d’uno aveva
descritto l’Europa come già definitivamente affetta dalla
dhimmitudine, la nuova malattia invisibile e strisciante di questo
inizio di secolo. Avevano ragione?
Non sarebbe neanche il caso di descrivere, in questo senso, gli
aspetti messi in luce da Bernard Lewis, uno dei massimi studiosi del
medio Oriente intervistato da Fiamma Nirestein nel suo libro: «Islam»
(ed. Rizzoli, marzo 2003), quando evidenzia la ritrosia dell’Occidente
a vedere il fenomeno islamico nel suo insieme, nel senso della sua
reale volontà di conquista.
O descrivere quanto Giancarlo Giojelli ha denunciato con grande
preoccupazione nel suo recente libro: «La quarta guerra
mondiale-Islam contro cristianesimo», (ed. Piemme), quando, fra i
molti aspetti, fa notare che la costruzione di una moschea in un luogo
equivale ad una presa di possesso di quel territorio, poiché in esso
entrerà in vigore la legge coranica, specificando, addirittura, che:
«Il fondamentalismo islamico non accetta che esista un solo luogo
sulla Terra dove il Corano non sia legge», dove il fondamentalismo non
è che l’espressione nevrotica della psicosi di gruppo determinata dai
pensieri-dettami del Corano, tutti fondati su di un meccanismo mentale
di tipo primitivo, quello oppositivo: obbedienza-disobbedienza,
bene-male, etc.
Perché, dunque, l’unione europea è così blanda nel condannare gli
attentati dei kamikaze palestinesi in Palestina, se la provenienza
degli attentati nel resto del mondo è la stessa?
Quello che l’unione europea ha fatto, distribuendo denaro, non è
stato solo una forma di corruzione per affermare un potere assoluto,
il proprio, ma anche una forma subdola di inserimento nelle strutture
delle società-nazioni dell’Europa. Attraverso la forza dei
finanziamenti, ci hanno voluto far credere che non si potesse più
tornare indietro, che questa “unione” è irreversibile. Il risultato
finale è stato quello di indebolire, come sta già avvenendo, sul piano
economico e politico, i singoli stati europei, naturalmente a favore
dell’avanzata dell’Islam in Occidente. Anche questo già si sapeva, dal
1996, anno in cui Ida Magli scrisse: «Contro l’Europa» (ed.
Bompiani) e che nessun giornalista o politico ha voluto considerare.
Bernard Lewis, intervistato da Fiamma Nirestein, in questo senso è
stato estremamente chiaro: l’Islam, storicamente parlando, cerca da
sempre un alleato con cui combattere l’Occidente cristiano, prima
rappresentato dall’Europa, ora dagli Stati Uniti. Alleati, in quest’ultimo
secolo, come i nazisti, prima, o l’unione sovietica poi.
Perché, dunque, si continua a far finta di niente da più parti?
Qual è il motivo profondo di tanto silenzio opprimente? Trent’anni fa,
forse, le persone avevamo più dignità di se stessi?
Io penso che i Valori difesi trent’anni fa da Antonio Tosarini, in
occasione della proposta fattagli da Bin Laden, alla luce di quanto
avviene oggi, vadano ricordati attentamente: non solo per gli
straordinari messaggi che Gesù Uomo ha lasciato a tutti noi, ma per
superare e vincere un dimenticato senso dei Nostri Valori, affinché
siano intesi più consapevolmente e come reale essenza della vita delle
persone: ognuna, in termini di rispetto dell’esistenza culturale
dell’Altro, nel proprio spazio e nel proprio tempo.
Per non arrivare al giorno in cui, avendo imparato così bene a
mentire per “quieta paura”, sia incontrando uno sconosciuto sia
guardando negli occhi della persona più cara, ci domanderemo l’un
l’altro, con estrema diffidenza: «Dhimmi chi sei… ». □ |