Dhimmi chi sei...

 

di Raffaello Volpe
ItalianiLiberi | 27 Marzo 2004

 

  Riporto da un articolo de “IL Giornale” del 18 febbraio 2004: «L’operaio di Bin Laden:”Quando lo sceicco era il mio capo cantiere”», la particolare vicenda di un italiano, Antonio Tosarini, un operaio edile emigrato in Arabia Saudita al quale, trent’anni fa, fu proposto da Bin Laden, suo datore di lavoro, di convertirsi all’Islam in cambio di un appartamento di cento metri quadri, di quaranta milioni di Lire dell’epoca e di continuare a lavorare per lui. Antonio Tosarini non esitò a rispondere di “No”, aggiungendo che “Gesù era stato già tradito una volta per denaro e che [lui] non l’avrebbe fatto una seconda”, “che certe cose non si possono comperare coi soldi”.
   Tutti noi ricordiamo bene quando Oriana Fallaci scrisse nel suo articolo: “La rabbia e l’orgoglio”, che la distruzione delle due Torri non era opera dei soli integralisti ma del mondo dell’Islam nel suo insieme, che in pochi vollero crederle. La Sinistra del nostro paese gridò all’eresia. In Francia, addirittura, senza riuscire a condannarla, l’hanno portata in tribunale.
   Quello che sta succedendo in Kosovo — la distruzione delle chiese e dei monasteri ortodossi, più di 166 solo le chiese, e la profanazione dei cimiteri, il terrore dei preti, anche solo per andare a fare la spesa al mercato se non fossero scortati dai soldati italiani della missione Kfor, i recenti morti serbi e albanesi — dimostra che la previsione era fondata. Gli albanesi che vivono lì, di cui la maggioranza è di fede islamica, stanno distruggendo le chiese per costruire moschee. La reazione dei serbi, a maggioranza di fede cristiana ortodossa, che in questi giorni hanno incendiato due moschee, è certamente non giustificabile ma senza dubbio prevedibile. Come prevedibile era l’attentato in Spagna, nel senso che quanto è successo a Madrid è solo una delle manifestazioni del lungo passo dell’Islam: la volontà di conquistare l’Occidente. In proposito, dal Corriere della sera del 15 Marzo 2004 riporto parte di un articolo di G.O. intitolato: “Lanciata una fatwa su Roma:«la città sarà riconquistata»”. In esso si fa riferimento alle affermazioni dello sceicco Yussef Kardawi, il quale, da “Al Jazeera”, «Nel dicembre 2002, in risposta ad un quesito, ha citato un versetto. Al Profeta venne chiesto: “Quale sarà la prima città ad essere conquistata, Costantinopoli o Romiyya (Roma)?”. La risposta: “la città di Hirqil (Costantinopoli) sarà la prima… l'altra città rimarrà e speriamo e crediamo che sarà conquistata… questo significa che torneremo in Europa come conquistatori dopo essere stati espulsi due volte, una dal sud in Andalusia e la seconda volta a est… però Kardawi ha subito aggiunto […], che questa volta la riconquista non sarà con la spada, ma con la preghiera e l’ideologia». È inutile sottolineare che sull’utilizzo della “preghiera” mentiva, visto che il primo grave attentato di matrice islamica in Europa non a caso è stato compiuto proprio in Spagna. Ma la menzogna fa parte del bagaglio culturale dell’Islam, dato che il Corano stesso prevede la menzogna, se detta in nome di Allah. Ed è nel Corano il meccanismo di questa psicosi culturale di gruppo: se tutti mentono nessuno mente. La psicosi, peraltro, si evince dall’atteggiamento in generale dei musulmani nei confronti della vita, poiché le sure, le parti che costituiscono il Corano, non fanno che redarguire, dirigere, stabilire e proibire continuamente attraverso atti concreti la normale vita quotidiana del fedele. Disobbedire equivale a porsi contro Dio, il magnanimo che tutto vede e comprende. Tale psicosi, portata a estreme conseguenze, è funzionale agli estremisti islamici per giustificare qualsiasi comportamento. Difatti, la violenza più efferata è “giusta” se compiuta in nome di Allah e quindi assolutizzata.
   È in questo punto dolens che l’Occidente si coniuga perfettamente con il mondo islamico: la violenza del sacrificio. Non solo le comuni origini con il profeta Abramo (n.b.: il sacrificio di Isacco, dove il padre è disposto a uccidere il proprio figlio in nome di Dio), ma la fine apparente di tutte le religioni nell’Occidente stesso, di tutte le fedi, come già René Girard aveva messo in evidenza nel 1972 con il suo libro: «La violenza e il sacro» (ed. Adelphi), quando ha scritto che: «La tendenza a cancellare il sacro, a eliminarlo interamente, prepara il ritorno del sacro, in forma non più trascendente bensì immanente, nella forma della violenza e del sapere della violenza». In Occidente il potere ha sacralizzato la vita del corpo, ponendola al di sopra della “Vita” stessa, con lo scopo di utilizzarla come strumento per rendere tutti “uguali”, e in quanto omologati, controllabili. Una dimostrazione è data dal fenomeno dei trapianti d’organo, realtà nella quale, senza una minima considerazione delle conseguenze che questa pratica comporterà nel tempo per la specie umana, la vita (organica) deve essere perseguita a tutti i costi, contraddicendo, per le modalità con cui ciò avviene, lo stesso giuramento di Ippocrate.
   Se il sapere-valore, dunque, è quello della violenza, la paura è il solo linguaggio che rende comprensibili i significati di minaccia: una minaccia anch’essa immanente, concreta, anche troppo — tanto da non essere più razionalizzabile — che fa riferimento unicamente al corpo, come se la vita fosse caratterizzata solo dal suo vivere organico, privando l’Uomo dei suoi Valori culturali fondanti. Se il corpo è “nudo”, l’Uomo non ha più dignità di essere, dato che ciò che viene a mancare sono i valori: la parte simbolica di quella “Vita”, di cui nessuno può fare a meno per sentire, pensare, Essere, per esistere nel vivere. A tal punto si è sottovalutata la realtà dei nostri Valori, che si è giunti a giustificare da più parti la vigliaccheria, la cinica indifferenza di fronte alla minaccia della violenza.
   Se la semplice “vita organica” deve prevalere su tutto, nessuno faccia finta di non sapere che questo atteggiamento sarà portatore di altra violenza, ancora più grande: quella che vuole la cancellazione dell’Occidente. Come i dhimmi, coloro che nell’antichità erano “protetti” e avevano diritto di professare la loro fede perché pagavano una tassa ai musulmani e purché non facessero proseliti, così oggi gli occidentali cedono al ricatto dell’orrore, pagando la tassa nella forma peggiore dell’umano: rinunciare ai propri valori fondanti, alla libertà individuale e di pensiero. Tempo fa, più d’uno aveva descritto l’Europa come già definitivamente affetta dalla dhimmitudine, la nuova malattia invisibile e strisciante di questo inizio di secolo. Avevano ragione?
   Non sarebbe neanche il caso di descrivere, in questo senso, gli aspetti messi in luce da Bernard Lewis, uno dei massimi studiosi del medio Oriente intervistato da Fiamma Nirestein nel suo libro: «Islam» (ed. Rizzoli, marzo 2003), quando evidenzia la ritrosia dell’Occidente a vedere il fenomeno islamico nel suo insieme, nel senso della sua reale volontà di conquista.
   O descrivere quanto Giancarlo Giojelli ha denunciato con grande preoccupazione nel suo recente libro: «La quarta guerra mondiale-Islam contro cristianesimo», (ed. Piemme), quando, fra i molti aspetti, fa notare che la costruzione di una moschea in un luogo equivale ad una presa di possesso di quel territorio, poiché in esso entrerà in vigore la legge coranica, specificando, addirittura, che: «Il fondamentalismo islamico non accetta che esista un solo luogo sulla Terra dove il Corano non sia legge», dove il fondamentalismo non è che l’espressione nevrotica della psicosi di gruppo determinata dai pensieri-dettami del Corano, tutti fondati su di un meccanismo mentale di tipo primitivo, quello oppositivo: obbedienza-disobbedienza, bene-male, etc.
   Perché, dunque, l’unione europea è così blanda nel condannare gli attentati dei kamikaze palestinesi in Palestina, se la provenienza degli attentati nel resto del mondo è la stessa?
   Quello che l’unione europea ha fatto, distribuendo denaro, non è stato solo una forma di corruzione per affermare un potere assoluto, il proprio, ma anche una forma subdola di inserimento nelle strutture delle società-nazioni dell’Europa. Attraverso la forza dei finanziamenti, ci hanno voluto far credere che non si potesse più tornare indietro, che questa “unione” è irreversibile. Il risultato finale è stato quello di indebolire, come sta già avvenendo, sul piano economico e politico, i singoli stati europei, naturalmente a favore dell’avanzata dell’Islam in Occidente. Anche questo già si sapeva, dal 1996, anno in cui Ida Magli scrisse: «Contro l’Europa» (ed. Bompiani) e che nessun giornalista o politico ha voluto considerare. Bernard Lewis, intervistato da Fiamma Nirestein, in questo senso è stato estremamente chiaro: l’Islam, storicamente parlando, cerca da sempre un alleato con cui combattere l’Occidente cristiano, prima rappresentato dall’Europa, ora dagli Stati Uniti. Alleati, in quest’ultimo secolo, come i nazisti, prima, o l’unione sovietica poi.
   Perché, dunque, si continua a far finta di niente da più parti? Qual è il motivo profondo di tanto silenzio opprimente? Trent’anni fa, forse, le persone avevamo più dignità di se stessi?
   Io penso che i Valori difesi trent’anni fa da Antonio Tosarini, in occasione della proposta fattagli da Bin Laden, alla luce di quanto avviene oggi, vadano ricordati attentamente: non solo per gli straordinari messaggi che Gesù Uomo ha lasciato a tutti noi, ma per superare e vincere un dimenticato senso dei Nostri Valori, affinché siano intesi più consapevolmente e come reale essenza della vita delle persone: ognuna, in termini di rispetto dell’esistenza culturale dell’Altro, nel proprio spazio e nel proprio tempo.
   Per non arrivare al giorno in cui, avendo imparato così bene a mentire per “quieta paura”, sia incontrando uno sconosciuto sia guardando negli occhi della persona più cara, ci domanderemo l’un l’altro, con estrema diffidenza: «Dhimmi chi sei… ». □

 

 

 

 

 
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