Costituzione
vigente, uno sciopero dei magistrati - mi si perdoni la metafora – è
un po’ come bestemmiare in chiesa. Si i magistrati sono i sacerdoti
dell’ordinamento giuridico, cioè i custodi della legge, allora un loro
sciopero che metta in discussione lo stesso iter previsto dalla
Costituzione, cioè il processo attraverso il quale le leggi si formano
e diventano esecutive, è una bestemmia. Prima di diventare legge dello
Stato, un disegno di legge deve superare il vaglio definitivo del
Parlamento, il giudizio del presidente della Repubblica, che lo può
rinviare alle Camere, e, infine, passare al vaglio della Corte
costituzionale che lo può bocciare in parte o parzialmente per
incostituzionalità. Ma già la corporazione dei magistrati indice uno
sciopero ritenendo il progetto di riforma governativo dell’ordinamento
giudiziario pericoloso perché minaccerebbe la sua indipendenza e
svuoterebbe le competenze del Consiglio superiore.
Inoltre, imporrebbe alla magistratura un’organizzazione burocratizzata e
gerarchizzata e attenterebbe alle sue stesse libertà costituzionali.
Ora, una qualsiasi categoria di lavoratori che si metta in sciopero
per contestare l’approvazione di una legge che essa ritenga lesiva dei
propri interessi, esercita puramente e semplicemente un diritto
costituzionale proprio di ogni cittadino, il diritto di sciopero. Ma
l’ordinamento giudiziario che sciopera contro i poteri politici
(legislativo ed esecutivo), invocando il diritto di sciopero per
contestare il processo di formazione delle leggi, entra
inevitabilmente in contraddizione col principio costituzionale della
divisione dei poteri e finisce per assumere una connotazione
impropria. Diventa esso stesso potere politico e i magistrati,
pretendendo di esercitare un potere che la stessa Costituzione non
riconosce loro, diventano, “cittadini più uguali degli altri” .
L’avevo già scritto e lo ripeto. Si decidano. O sono una lobby, o sono
dipendenti pubblici, cioè cittadini come gli altri che perseguono
legittimamente i propri interessi, o sono un potere (ordinamento)
dello Stato, vincolato al rispetto delle funzioni, con i relativi
limiti, che la Costituzione assegna loro. Non possono pretendere di
essere tutti e tre. □ |