Editoriale  

 


 

La strana democrazia dell'Islam senza le donne

 

 
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 12 Marzo 2003

Un verso di Eschilo risuona continuamente dentro di me in questi giorni: "Gli Dei aiutano sempre gli uomini che lavorano alla propria rovina". Gli uomini, dice Eschilo, ma io vorrei dire "le donne". Possibile che le donne non si accorgano che c’è un eccesso di entusiasmo per l’islamismo da parte dei maschi, qualsiasi sia il posto che essi occupano: politici, sindacalisti, operai, sacerdoti, scrittori, storici, giornalisti? Non vi insospettisce, care amiche, l'esaltazione che essi fanno, addirittura della “democrazia dell'Islam", il quale ha insegnato a noi, poveri cristiani, la libertà, la tolleranza, l’ugualitarismo? Proprio così: la democrazia dell'Islam.

Forse gli storici che con tale improntitudine ne parlano oggi, in Italia, a Roma, si sono dimenticati dell’esistenza delle donne. Ma noi donne, no, non ce ne possiamo dimenticare; e dobbiamo stare molto in guardia perché è ormai chiaro che troppi uomini-maschi cantano a questo scopo lodi del mondo musulmano e invitano i musulmani a venire sempre più numerosi nella nostra Italia per rimettere le cose a posto. Forse non tutti ne sono consapevoli, ma questo non conforta affatto, anzi. Non è necessario ricorrere all’aiuto di Freud per capire che è proprio il desiderio inconscio a rendere così ostinato, frenetico, platealmente entusiasta  il loro invito ai musulmani ad ”educarci”.

E’ solo un leggerissimo velo quello che nasconde questa verità, lo stesso velo che copre la testa delle donne nel mondo islamico oggi così come lo copriva duemila anni fa quando Gesù, nella Palestina dell’Antico Testamento, glielo ha tolto con il dolcissimo gesto delle sue mani.

Leggete i Vangeli, care amiche. Non importa se siete credenti o non credenti. I Vangeli sono un libro, un libro che parla soprattutto di noi, donne oppresse dal più razzista dei tabù, quello dell’impurità del sesso; donne private del diritto della parola; donne lapidate in strada perché infedeli al marito; donne escluse da qualsiasi tipo di conoscenza; donne costrette a sposare il fratello del marito nel caso di vedovanza. Donne, donne, donne... Di questo parlano i Vangeli. E per quanto poco i discepoli avessero capito dell’assoluta rottura compiuta da Gesù nei confronti dell’antico testamento, su di una cosa non hanno avuto dubbi: l’uguaglianza delle donne, la loro liberazione. Talmente non hanno avuto dubbi che non ci è rimasta neanche la più piccola discussione sul battesimo delle donne. Eppure è questa la vera, la più grande frattura con il mondo antico: il rito d’iniziazione uguale a quello dei maschi. Non c’è stato mai, né nell'antichità, a Roma, in Grecia; né in qualsiasi altra società, passata o moderna.

Certo, dopo i maschi ne hanno fatte di tutti i colori; ma l’uguaglianza del battesimo è rimasta così come è rimasto il diritto delle donne ad essere considerate “persone”, soggetti alla pari nel rito del matrimonio. E’ stato soprattutto l'influsso dell'islamismo, dopo il primo millennio, in Europa d’occidente, attraverso la Spagna, che ha rinchiuso le donne nelle case e nei conventi (la “clausura” non era affatto prevista nel rituale della consacrazione delle vergini ). E’ stato dalla Spagna che sono arrivati i peggiori predicatori contro le donne: i Domenicani e i Gesuiti, insieme all'Inquisizione i ai roghi delle streghe. Con l’entusiasmo, anche allora, dei maschi: uomini di potere, sacerdoti, padri, mariti, non se lo sono mai fatto ripetere due volte che le donne debbono stare al loro posto, un posto ben diverso da quello dei maschi.

Non illudiamoci, dunque. Ci sono troppi conti in sospeso fra donne e uomini in Europa; ma soprattutto in Italia dove la presenza dello Stato Pontificio e la dominazione spagnola hanno tenuto tanto a lungo le donne in condizione di minorità. E dato che i maschi non osano riconoscere neanche con se stessi fino a che punto si sentono frustrati nel rapporto con le donne, ben vengano i musulmani! Povere noi, quanto siamo ancora ingenue, pronte a quello che sembra”il bene”. Ma la libertà è il maggiore dei beni. Cerchiamo di non dimenticarcelo.

Ida Magli

 

 

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