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La falsità delle radici
giudaico-cristiane
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di Ida Magli
ItalianiLiberi
| 5
Giugno 2003 |
L’idea che per inserire un
qualche riferimento alla religione nella convenzione europea si debba
definirne le radici “giudaico-cristiane”, è sconvolgente. E se, come
sembra lecito supporre, la formula “giudaico-cristiane” è stata
sottoposta al Vaticano, allora veramente tocca a noi, laici, non
sottomessi a contorcimenti teologici, affermare la verità a qualsiasi
costo. Gesù di Nazaret è stato ucciso dopo appena tre anni dall’inizio
della sua predicazione; e se Pietro e Paolo non se ne fossero venuti
immediatamente a Roma, il cristianesimo non sarebbe esistito.
Sappiamo bene da quanto tempo si cerchi di far rientrare le parole e i
gesti di Gesù nell’ambito dell’ebraismo perché questo assunto
appartiene a quell’opera di negazione delle differenze, in qualsiasi
campo, ritenuta indispensabile per far diventare l’Europa tutt’uno con
il mondo dell’antico testamento (che include ovviamente anche
l’islamismo). Ma questo significa tradire ed uccidere Gesù, tradire e
uccidere il cristianesimo, tradire e uccidere la storia
dell’Occidente, tradire e uccidere quell’assoluta differenza che ha
fatto la forza dell’Europa d’occidente e che oggi tutti desiderano
veder scomparire.
E’ sufficiente
riflettere un momento su alcune delle principali caratteristiche delle
parole e dei gesti di Gesù, teorizzate in seguito dalla Chiesa (malgrado
innumerevoli errori) per comprendere quale “salto” culturale Gesù abbia
compiuto nei confronti del mondo egiziano, ebraico ed arabo nel quale si
trovava a vivere, e come questo “salto” potesse realizzarsi soltanto nel
contesto culturale romano. Gesù nega che i rituali abbiano qualsiasi
valore di per sé perché l’unica cosa che conta è l’intenzione e la volontà
della persona: è già qui il concetto romano di persona, ed è già qui la
forza della “parola” individuale, che non ha bisogno di essere ripetuta.
“Le vostre parole siano: sì sì, no no” ha un senso solo perché Gesù si
trova in mezzo a persone che viceversa non danno potere di verità alla
parola. Il “patto” ha bisogno di un fortissimo segno sul corpo, la
mutilazione dell’organo più potente che gli uomini possiedano. La
differenza fra chi è circonciso (ebrei e musulmani) e chi non lo è,
consiste appunto nella forza della sola parola di colui che afferma di
essere cristiano: il battesimo “non si vede”. Ma appunto il passaggio
dalla mutilazione alla parola ha trovato il terreno propizio nel mondo in
cui nessuno poteva mettere in dubbio la parola di un cittadino Romano; e
il “diritto”, la codificazione del diritto come fondamento della
convivenza civile, si è realizzata nel mondo romano proprio perché
affidata alla forza e alla verità della parola.
Se non è necessaria la
mutilazione del pene per poter stringere un patto con Dio, le donne
diventano immediatamente pari, con la parola, con la volontà;
individui-soggetti delle proprie azioni come le ha considerate Gesù in
alcuni dei passi più significativi e più densi di verità dei vangeli.
Quale spiegazione potrebbe trovare il fatto che già nei primissimi
processi di condanna dei cristiani, siano presenti moltissime donne? Se si
pensa che le donne nel mondo orientale antico, così come oggi, non
contavano nulla, non possedevano nessun ruolo sociale, si comprende bene
quale immenso salto culturale fosse stato compiuto nel momento in cui
venivano processate e condannate nello stesso processo e con la stessa
condanna degli uomini. Non sorprende, non commuove leggere i nomi di
Gennara, Generosa, Vestia, Donata, Seconda, negli atti del processo ai
martiri scillitani, cinque donne e sette uomini, uguali tanto
nell’affermare la verità di Gesù quanto nel farsi decapitare? Cosa
potevano aver mai fatto di pericoloso per l’ordine pubblico cinque
donnette “casalinghe”, in uno sperduto paesino dell’Africa proconsolare
romana, se non aver assunto la forza della parola di Cristo? E non sono
forse intitolate a delle donne le prime Basiliche di Roma: Agnese,
Cecilia, Prassede, Sabina…? E’ questa la novità più traumatica del
cristianesimo, una novità inconcepibile in Oriente, e che ha assunto, con
il diritto, con il latino, con l’organizzazione amministrativa dei Romani,
il meglio del mondo classico antico. Quale Giotto, quale Brunelleschi,
quale Palestrina, insieme a tutti gli innumerevoli geni della pittura,
dell’architettura, della musica, sarebbero fioriti in Italia e
nell’occidente europeo senza il cristianesimo?
Dunque, è assurdo
tentare falsificazioni ed inganni. L’illuminismo dei Francesi c’entra ben
poco nel non voler inserire le religioni nella convenzione europea. O si
rispetta la verità della storia, oppure, se ci si vergogna di essere
cristiani, è meglio tacere.
Ida Magli
Roma, 5 giugno 2003
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