Uno sciopero
per il futuro

 

di Ida Magli
il Giornale | 3 Ottobre 2003

 

La resistenza a qualsiasi  proposta di cambiamento nel sistema pensionistico non può essere valutata soltanto dal punto di vista politico. Anzi, il fatto di porsi come strumento di battaglia politica, sia da parte delle sinistre che da parte dei sindacati, ne aggrava il significato morale, culturale, affettivo. Salvo che coloro che si oppongono con tanta determinazione dimostrino con certezza che i calcoli sull’andamento dell’ istituto previdenziale siano errati, e che di conseguenza le future generazioni non corrono nessun pericolo di ritrovarsi in vecchiaia privi di pensione, il comportamento di rifiuto testimonia ciò che tutti abbiamo sempre saputo ma che ci si ostinava a non voler sapere.
La redistribuzione dei beni, la "solidarietà", la struttura marxista della società,  è di tipo orizzontale: si estende necessariamente fra contemporanei  - individui, gruppi, popoli -  escludendo figli, nipoti, prosecutori del gruppo, del popolo, della nazione.
Non è necessario dimostrare tale affermazione in quanto è conseguenza logica ed inevitabile del principio della distribuzione e della solidarietà. D’altra parte ogni modello culturale si regge su un insieme integrato di significati e di comportamenti,  ed è per questo che, anche senza esserne del tutto consapevoli, i marxisti si sono sempre trovati sulla strada del disfacimento della “famiglia”: Non erano consapevoli del motivo necessitante, ossia dell’esclusione del futuro, per cui le battaglie sono state impostate su basi in apparenza lontanissime da questa e in parte anche giuste.
L’eccessiva autorità del padre, l’indipendenza e la soggettività della donna, madre, moglie, figlia; il rispetto per la persona del bambino, sono tutti aspetti positivi della società moderna, in buona parte dovuta all’azione delle sinistre. Ma sono stati portati fino a limiti distruttivi del concetto stesso di famiglia per quel motivo di base cui accennavo in precedenza:  la “famiglia” è istituto per la prosecuzione del gruppo, con l’eredità fisica e culturale dei genitori nei figli. Di questa eredità invece non è rimasto quasi nulla.
La battaglia per le pensioni, quindi, si rivela come la battaglia più chiaramente distruttiva per il futuro degli Italiani che sia mai stata combattuta, ed è talmente doloroso vedervi schierati tutti i sindacati in una specie di rivoluzione con lo sciopero generale che se ne rimane tragicamente colpiti.
Si chiedono i sindacalisti cosa penseranno i ragazzi, i loro e i nostri figli, nel veder negata in maniera così violenta quella società edulcorata verso i bambini cui sono abituati? Quella società che addirittura pretende di essere la maggior portatrice al mondo dei diritti dei bambini? Sono questi bambini, alla cui salute futura si provvede in maniera perfino eccessiva propagandando vaccini e diete, gli stessi che domani troveranno il vuoto di qualsiasi risparmio; troveranno, anzi, di essere gli ultimi, la fine della società italiana.
Se questa battaglia ha scopi esclusivamente politici, di opposizione al governo Berlusconi, allora i sindacalisti hanno il dovere, in quanto anch’essi italiani, genitori, di spostare su di un altro oggetto la lotta. Se non è così, se davvero riflettere con ponderatezza e spirito di verità e di giustizia sul sistema pensionistico si può fare ricalcolando le cifre, dimostrando che i nostri figli avranno anch’essi la vecchiaia assicurata, rinuncino a metterci, padri e figli, gli uni contro gli altri, vadano anch’essi in televisione: i conti fatti da loro saranno più  convincenti  di qualsiasi sciopero, e soprattutto non ci costringeranno a nascondere il volto davanti ai nostri figli. □

 

 

 www.italianiliberi.it SOMMARIO