La resistenza a qualsiasi proposta di
cambiamento nel sistema pensionistico non può essere valutata soltanto
dal punto di vista politico. Anzi, il fatto di porsi come strumento di
battaglia politica, sia da parte delle sinistre che da parte dei
sindacati, ne aggrava il significato morale, culturale, affettivo.
Salvo che coloro che si oppongono con tanta determinazione dimostrino
con certezza che i calcoli sull’andamento dell’ istituto previdenziale
siano errati, e che di conseguenza le future generazioni non corrono
nessun pericolo di ritrovarsi in vecchiaia privi di pensione, il
comportamento di rifiuto testimonia ciò che tutti abbiamo sempre
saputo ma che ci si ostinava a non voler sapere.
La redistribuzione dei beni, la "solidarietà", la struttura marxista
della società, è di tipo orizzontale: si estende necessariamente fra
contemporanei - individui, gruppi, popoli - escludendo figli,
nipoti, prosecutori del gruppo, del popolo, della nazione.
Non è necessario dimostrare tale affermazione in quanto è conseguenza
logica ed inevitabile del principio della distribuzione e della
solidarietà. D’altra parte ogni modello culturale si regge su un
insieme integrato di significati e di comportamenti, ed è per questo
che, anche senza esserne del tutto consapevoli, i marxisti si sono
sempre trovati sulla strada del disfacimento della “famiglia”: Non
erano consapevoli del motivo necessitante, ossia dell’esclusione del
futuro, per cui le battaglie sono state impostate su basi in apparenza
lontanissime da questa e in parte anche giuste.
L’eccessiva autorità del padre, l’indipendenza e la soggettività della
donna, madre, moglie, figlia; il rispetto per la persona del bambino,
sono tutti aspetti positivi della società moderna, in buona parte
dovuta all’azione delle sinistre. Ma sono stati portati fino a limiti
distruttivi del concetto stesso di famiglia per quel motivo di base
cui accennavo in precedenza: la “famiglia” è istituto per la
prosecuzione del gruppo, con l’eredità fisica e culturale dei genitori
nei figli. Di questa eredità invece non è rimasto quasi nulla.
La battaglia per le pensioni, quindi, si rivela come la battaglia più
chiaramente distruttiva per il futuro degli Italiani che sia mai stata
combattuta, ed è talmente doloroso vedervi schierati tutti i
sindacati in una specie di rivoluzione con lo sciopero generale che se
ne rimane tragicamente colpiti.
Si chiedono i sindacalisti cosa penseranno i ragazzi, i loro e i
nostri figli, nel veder negata in maniera così violenta quella società
edulcorata verso i bambini cui sono abituati? Quella società che
addirittura pretende di essere la maggior portatrice al mondo dei
diritti dei bambini? Sono questi bambini, alla cui salute futura si
provvede in maniera perfino eccessiva propagandando vaccini e diete,
gli stessi che domani troveranno il vuoto di qualsiasi risparmio;
troveranno, anzi, di essere gli ultimi, la fine della società
italiana.
Se questa battaglia ha scopi esclusivamente politici, di opposizione
al governo Berlusconi, allora i sindacalisti hanno il dovere, in
quanto anch’essi italiani, genitori, di spostare su di un altro
oggetto la lotta. Se non è così, se davvero riflettere con
ponderatezza e spirito di verità e di giustizia sul sistema
pensionistico si può fare ricalcolando le cifre, dimostrando che i
nostri figli avranno anch’essi la vecchiaia assicurata, rinuncino a
metterci, padri e figli, gli uni contro gli altri, vadano anch’essi in
televisione: i conti fatti da loro saranno più convincenti di
qualsiasi sciopero, e soprattutto non ci costringeranno a nascondere
il volto davanti ai nostri figli. □ |