UE ALLARGATA 

I pericoli
di aprire le porte
all'Islam

 

di Ida Magli
il Giornale | 27 Novembre 2003

 

     Le proposte che sono state avanzate, sia dai politici che dagli opinionisti in questi giorni, come risposta agli attacchi islamici, dà la misura della mancanza di comprensione realistica che imperversa in Italia (e in Europa). Provo ad esporre qui, nel modo più semplice, che è poi quello della logica, quale è di fatto la situazione. Prima di tutto l’assoluta incapacità di mettersi “dal punto di vista del nemico”. Una incapacità dettata dalla smisurata presunzione che affligge il mondo italiano da quando ha fatto propria la presunzione dell’unione europea che i nostri “valori” siano, non soltanto i migliori in assoluto,  ma anche corrispondenti alle azioni reali. Per dirla in altri termini: gli uomini e i popoli sono ritenuti in massima parte buoni, onesti, generosi, amanti gli uni degli altri, plasmabili da coloro che  governano come argilla sotto le mani dell’artista. Questa presunzione fa sì che “gli altri” vengano assunti,  inglobati di diritto nei nostri presupposti, respingendo come eccezioni momentanee e disumane quelli che non vi si conformano.
     Avendo negato il nome di “guerra” alla strategia terroristica islamica, si è persa per prima cosa l’intelligenza bellica così che le proposte avanzate in questi giorni vanno puntualmente là dove la guerra islamica vuole che vadano, in quanto ne prevedono  le reazioni. Carlo Pelanda ritiene che sia ottima soluzione “far entrare” nell’Unione Europea i paesi musulmani del Nord  Africa  -  Algeria, Tunisia,  Marocco -  sottraendoli così alla propaganda fondamentalista e “integrandoli” nel nostro mondo. Cosa si potevano aspettare di meglio i quattro o cinque grandi strateghi che insieme a Bin Laden  dirigono la conquista  dell’Europa, che non dover più finanziare faticosamente come fanno da molti anni, l’ingresso clandestino del maggior numero di musulmani?
     L’altra proposta, avanzata dal Ministro Frattini, è quella di “far entrare” al più presto la Turchia nell’Unione, mentre fino ad oggi c’era stata qualche perplessità su questa decisione.  E’ così difficile capire che gli attacchi terroristici  si prefiggevano proprio questo scopo: dare l’ultima spinta?  Naturalmente i politici  si affannano a precisare che il governo della Turchia è un governo democratico, che si tratta di uno “Stato” organizzato all’europea. Con il solito presupposto che contraddistingue i nostri governanti: quello di non tenere nel minimo conto i popoli  (abituati come sono alla passività dei propri sudditi cullati dalla  delega  rappresentativa),  si dimenticano che nulla è più estraneo agli islamici che il concetto di “Stato”,  facilmente quindi spazzato via dall’obbedienza religiosa; e che comunque i soliti strateghi  avranno ottenuto che quasi settanta milioni di musulmani  (i quali si raddoppiano ogni venticinque anni: nel 1964 non arrivavano a trenta) si troveranno beatamente a popolare l’Europa.
     Si vogliono convincere i nostri politici che non abbiamo a che fare con degli imbecilli o con dei pazzi, ma con gente determinatissima, che si è preparata per molti anni a saggiare la nostra di “imbecillità”, con l’invio disarmato del maggior numero di occupanti, dato che i loro “cittadini” sono i credenti, senza alcun altro connotato né politico, né geografico, né linguistico. L’appartenenza religiosa li accomuna in qualsiasi parte del mondo si trovino ed è per questo che la direzione strategica si svolge su due sole direttrici: popolare il territorio dell’Europa e lanciare, con i singoli attacchi bellici  nelle diverse parti del mondo, il messaggio di guerra e di vittoria a tutti i musulmani. Il crollo delle Torri Gemelle è stata la vittoria sul Paese più potente del mondo agli occhi di coloro che noi, abbrutiti dal valore del denaro, compatiamo perché camminano senza scarpe. Ma se per noi non valgono più, per loro le Termopili esistono e valgono.
     C’è, infine, il problema più doloroso: quello degli Ebrei. Laddove aumenta il numero dei musulmani, non può non ravvivarsi l’antisemitismo, soprattutto se, come accade nel progetto sudorientalista  dell’Unione Europea, si guarda al mondo islamico come interlocutore privilegiato.
    Non possiamo soffermarci qui in poche righe sui motivi che hanno condotto a questa situazione. Sarà però forse sufficiente alludere almeno all’antiamericanismo che cova da lungo tempo in molti Paesi europei, addossando all’America la sconfitta del comunismo, un comunismo tanto più vagheggiato oggi in quanto lo si pensa soltanto nei suoi aspetti teorici ideali. Così pure non si può non alludere alla drammatica crisi del cristianesimo, sempre più ridotto alle opere di bene, alla ripetizione di preghiere orientali come il rosario (dimenticando il “non accumulate parole” dei Vangeli),  privo  della straordinaria forza di libertà e responsabilità personale cui Gesù aveva affidato la salvezza degli uomini nella storia. □


The Risks
of Opening the Door
to Islam
 

by Ida Magli
il Giornale | 2003 November, 17th
translated by Annalisa Volpe

 

The proposal that both politicians and columnists have lately put forward as an answer to Islamic attacks give the full measure of the lack of realistic understanding which lies in Italy (and in Europe). I will try to expose here, in the simplest way which is that of logic, what the situation actually is.

First of all the absolute incapability to place oneself "from the enemy's point of view". An incapability dictated by the boundless presumption which torments the Italian culture, since it has married the EU one, that our "values" are, not only the absolute best, but they also correspond to the real actions. To put it in other words, as a general role men and peoples are considered good, honest, generous, loving one another, mouldable by those who rule as plastic clay in the artist's hands. As a consequence of this presumption, "the others" are "absorbed", englobed by right into our assumptions, pushing back as temporary and inhuman exceptions all those who do not comply witht hem. Having denied the name of "war" to the Islamic terroristic strategy, as first thing the knowledge of the war has been lost, so that the proposals put forward these days punctually go just where this Islamic war wants them to go, because they can foresee the reactions.

Carlo Pelanda believes that it is a very good solution to "let" the muslim North-African countries - Algeria, Tunisia, Morocco - into the european union taking them away from the fundamentalist propaganda and "integrating" them into our world.

What else could Bin Laden together with his four or five great strategists who lead the conquest of Europe expect other than not having to laboriously finance the clandestine entrance of the highest number of muslims, as they have been doing for many years?

The other proposal, advanced by our foreigner minister Frattini, is "to let" Turkey into the european union while so far there had been some uncertainties about this decision.

It is so difficult to understand that the terroristic attacks just aimed at achieving this goal, to give the last push?

Obviously politicians busy themselves to specify that the Turkish government is a democratic one, that it is "State" organized in a European way. With the usual assumption that characterizes our rules: that of not considering in the least the peoples (used as they are to the passivity of their subjects cradled by the representative delegation); they forget that nothing is more extraneous to the Islamics than the concept of "State"; easily swept away by religious obedience; our strategists will have obtained as well that almost 70 million muslims (who double every 25 years, in 1964 they did not reach 30 million) will blessedly populate Europe.

Our politicians have to realize that we are not dealing with some imbecile or mad people, but with very determined ones, who have been trained for years to rest our own "foolishment", sending the highest number of unarmed occupants, since their "citizens" are the believers, without any other characteristic, neither political, nor geographical nor linguistic. The religious creed joins them in whatever part of the world they live and that is why the strategic direction goes along two and only two directions: to populate the European territory and to launch the message of war and victory to every muslim, through the single war attacks in the different parts of the world.

The collapse of the Twin Towers has been the victory over the most powerful country in the world in the eyes of those that we, deviated by the money value, are sorry for just because they go barefoot. If we do not consider the Termopili still existing, that they do.

Finally there lies the most painful problem: the jews. Wherever the number of muslims rises, antisemitism can only enliven, above all if, as it happens in the south-orientalist project of the EU, one looks at the islamic world as a privileged interlocutor.

We can not dwell upon the reasons which have led to this situation in a few lines.

It will probably be enough to hint at least at the anti-americanism which has lawn for a long time in many European countries and which considers America responsible for the defeat of communism; a communism much more longed for today as it is considered only in its ideal theoretical aspects. Just as well we can't but refer the  dramatic crisis of Cristianity, more and more reduced to the good deeds, to the repetition of oriental prayers like the rosary (forgeting the "do not accumulate words" of the Gospels) lacking the extraordinary strenght of freedom, and personal responsibility to which Jesus had entrusted the salvation of mankind in history.

 

 

 

 

 

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