La scienza, la medicina soprattutto, da
lungo tempo ci ha convinto che la terapia più efficace è la
prevenzione. Ma la prevenzione è sistema valido e necessario in tutti
i campi, ed è giunto il momento in cui i politici sono chiamati a
rendersi conto di quali responsabilità si siano caricati davanti agli
Italiani per non averlo messo in atto nei confronti dell'immigrazione.
L'affermazione di Gianfranco Fini sul voto da dare agli immigrati alle
elezioni amministrative si può considerare già come una conseguenza
della mancata prevenzione. Troppi, troppi immigrati sono stati fatti
entrare in Italia, con le motivazioni più varie, senza pensare a quali
ne sarebbero state le pericolosissime ricadute sulla vita culturale,
religiosa, sociale, politica degli Italiani. Adesso, però, non si
finga di dover per forza andare avanti sulla strada già imboccata. Se,
in base alla democrazia, si porta il proprio popolo verso conflitti,
sofferenze e alla fine perdite laceranti della propria identità,
allora bisogna che i politici abbiano il coraggio di non fare della
democrazia una divinità intangibile. Il "fondamentalismo" è un
pericolo in agguato ovunque, ed è tale quando, in omaggio ad un
principio, si distrugge la vita invece di costruirla. La proposta di
Fini è democrazia fondamentalista.
Perché è così pericoloso inserire nel
potere istituzionale gli immigrati? Diciamolo chiaramente: perché la
stragrande maggioranza degli immigrati è oggi, e lo sarà sempre di più
domani a causa della loro alta prolificità, di religione musulmana.
Non esiste nessuna etichetta del politicamente corretto che possa
impedire di riconoscere le abissali differenze fra musulmani e
cristiani. Non si tratta qui di soffermarsi su dispute teologiche. La
religione, qualsiasi religione, è incarnata e incarna una cultura; e
una cultura è plasmata e plasma la personalità di base del popolo nel
quale si è sviluppata. Non si tratta, dunque, di giudicare, di
valutare né un popolo, né una cultura, né una religione, ma di
mettersi di fronte alla realtà. Gli Italiani hanno diritto a vivere
secondo i propri costumi, le proprie tradizioni, la propria fede
perché l'Italia è il loro territorio, la loro patria, la loro nazione;
questi costumi, queste tradizioni, questa fede sono agli antipodi di
quelli arabo-islamici. Su questo non ci sono dubbi, malgrado i
tentativi fatti dai vari leader, anche della gerarchia cattolica, per
trovare delle convergenze.
Le convergenze di esegesi biblica non
hanno nulla a che fare con la storia concreta, con il carattere dei
popoli, insomma con il loro modo di essere, di sentire, di pensare.
Mi permetto, nella mia veste di
antropologo, di portare un esempio. Nell'Antico Testamento è vietato
fare una qualsiasi rappresentazione di Dio. Per il timore di mancare a
questo divieto, nella cultura ebraica non è stata mai sviluppata
l'arte iconografica, pittura, scultura... Lo stesso è avvenuto
nell'islamismo in quanto si fonda sull'Antico testamento: è il motivo
per il quale nell'arte araba si trovano tante delicatissime
raffigurazioni di piante, di foglie, che appunto non mettpono a
rischio di rappresentare "idoli".
Si guardi intorno l'onorevole Fini, in
questa Italia nella quale ha avuto la fortuna di nascere: cosa ne
sarebbe stato della grandezza artistica degli Italiani se avessero
dovuto obbedire a questo divieto? Chi verrebbe in Italia da tutte le
parti del mondo se non ci fossero stati i Michelangelo, i Giotto, i
Raffaello e i Botticelli? Ma l'antropologo si permette di dire di più:
nessun apostolo, né Pietro, né Paolo, avrebbe potuto convertire i
Romani ad una religione che avesse vietato la contemplazione della
bellezza nella scultura, nella
pittura, nel mosaico, nell'affresco. Questo è il profondo mistero del
rapporto fra personalità e cultura, fra religione e personalità; un
rapporto che può essere disgregato e infranto con la violenza, ma che
non può essere cambiato né con la buona volontà né con le leggi.
Naturalmente so bene che i problemi
immediati sarebbero ben altri che non l'arte, e tutti gravissimi. Il
modo di concepire il matrimonio, la sessualità, il ruolo delle donne,
tanto per fare un solo esempio, è del tutto opposto a quello che
viviamo in Italia. E' di ieri l'uccisione di una missionaria italiana
in Somalia quasi certamente perché si batteva contro la
clitoridectomia e l'infibulazione. Può darsi che le leggi italiane
riuscirebbero ad impedire tale operazione, ma rimane il fatto che non
c'è possibilità di comprensione, non ci sono valichi possibili fra la
personalità di uomini che hanno inventato e voluto tale mutilazione e
quelli che, nel cristianesimo, sono passati dall'uccisione concreta
della vittima al sacrificio simbolico, dalla mutilazione del pene alla
dolce acqua del battesimo.
La tensione in Italia per l'eccessiva
presenza di moschee, per l'abitudine a vivere di mercatini ambulanti
che invadono marciapiedi e piazze incuranti di leggi e tasse, per il
timore ben fondato di possibili terrorismi, è già molto alta. Tocca ai
politici fare in modo che la pazienza non si esaurisca, che la
tolleranza non diventi una drammatica colpa di chi governa. E'
probabile che nell'Unione Europea si sia proclivi a concedere molti
privilegi agli immigrati musulmani in base a calcoli che appunto, come
dicevamo all'inizio, non tengono conto delle conseguenze per il
domani. Sia per una volta l'Italia a dimostrarsi previdente; e,
comunque, non accetti per sé provvedimenti che preludono a sicuri
conflitti. □ |