di Ida Magli
ItalianiLiberi
| 10
Giugno 2003 |
Se una riflessione realistica e utile si deve fare sulla
sconfitta del Polo nelle elezioni amministrative, allora è
indispensabile cominciare dal primo, grave errore di valutazione
politica commesso da Berlusconi: non aver capito che l’attacco alle
Torri Gemelle aveva cambiato la situazione del mondo e che, di
conseguenza, il famoso “patto con l’Italia”, concepito e sottoscritto
prima di questo avvenimento, doveva immediatamente essere ripensato,
dichiarandolo con concreta sincerità agli Italiani. Quali
erano, infatti, le immediate conseguenze? Il crollo di un modello
culturale e di sviluppo socio-economico fondato sulle comunicazioni,
sul turismo, sullo scambio fra i popoli; ossia sul superfluo, che può
essere apprezzato solamente da chi vive in sicurezza e non teme di
poter essere deprivato dei propri bisogni essenziali. I progetti di
sviluppo (non soltanto del governo italiano, ma anche dell’Unione
Europea, che non è mai stata capace di prevedere nemmeno quello che
era già sotto il suo naso) dovevano quindi essere abbandonati insieme
all’ottimismo, sparso a piene mani sul futuro. Bisognava spiegare con
fiducia agli Italiani la situazione di crisi; con una fiducia tanto
più reale in quanto l’elettorato della Casa delle libertà crede nel
sistema logico, crede nella concretezza dell’agire in funzione di
scopi raggiungibili, fondati sul buon senso, sul lavoro personale,
sulla responsabilità individuale.
Di tutto questo, invece, Berlusconi (ma
insieme a lui, e purtroppo peggio di lui gli esponenti di Alleanza
Nazionale e della Lega) non ha tenuto conto, continuando a ripetere che
avrebbe tenuto fede al patto sottoscritto con l’Italia; cosa non soltanto
troppo difficile ma anche, almeno in parte, non più funzionale, come gli
Italiani di buon senso capivano molto bene. Contemporaneamente giungevano
al traguardo tutte le conseguenze negative del passaggio alla moneta
unica. Anche di questo Berlusconi non ha voluto parlare con sincerità agli
Italiani, sebbene si trattasse di una operazione compiuta dai governi
precedenti. Le accuse ai commercianti di essere tutti dei profittatori e
ladri, e agli acquirenti di essere tutti degli allocchi incapaci di
contare monetine, non soltanto erano ingiuste, ma di certo non potevano
far piacere a nessuno. Perché non dire la verità e riconoscere che l’euro
vale la metà della lira? Che un italiano medio con in tasca un biglietto
da cinquanta euro, esce di casa con il senso di una grande ristrettezza di
potere d’acquisto in confronto a quando usciva con in tasca un biglietto
da cinquantamila lire? Ossia con la metà? La maggior parte degli Italiani
è dunque diventata di colpo più povera, e visto che tutti esaltano
l’Unione Europea come se si trattasse del “Bene” allo stato puro, è stato
il governo in carica a farne le spese. Come può sembrare opera di buon
senso esortare i cittadini a “consumare”, a spendere in cose superflue,
quando l’elettorato di Berlusconi aveva riposto la fiducia proprio nella
concretezza del buon senso, in una saggia amministrazione, insomma che si
mettesse fine allo spreco, alla spensieratezza dell’oggi, alla
magniloquenza del “donare”, fondata sul lavoro di chi non chiede, per
incrementare all’infinito il piagnisteo di poveri, immigrati, drogati,
criminali?
A tutto questo si è aggiunto lo sfrenato
attivismo di Berlusconi nella politica estera, anche questo di per sé
positivo se il quadro della realtà creatosi con il fallimento economico
dell’Unione Europea e con i conflitti ideologici sulla guerra all’Irak,
non avesse dovuto indurre a cambiare alcune linee del programma
predisposto in precedenza. Davvero si crede di poter contare sulla Russia,
il più grande paese del mondo, battendo qualche pacca sulle spalle di
Putin a colazione? E il piano Marshall per la Palestina chi lo pagherà?
Gli Italiani? L’Unione Europea a crescita zero? L’elettorato di Berlusconi
ha la testa sulle spalle e, se comincia ad intravedere il “solito” (solito
dei governanti da duemila anni a questa parte) spirito di grandezza privo
di principio di realtà, giustamente si ritrae.
Tutto questo lo abbiamo detto perché abbiamo
ancora fiducia che Berlusconi riprenda in mano le redini del suo governo,
con i piedi per terra, ricordandosi di due cose che aveva promesso
all’inizio. La prima: che avrebbe accettato suggerimenti e critiche
liberando gli Italiani da tutti quei legami, ideologici e amministrativi
creati dalle sinistre, che ne impedivano l’affermazione personale, la
responsabilità individuale. Da questo punto di vista occorre richiamare
alla coerenza soprattutto gli alleati di Alleanza Nazionale e i cattolici.
La seconda: gli Italiani si sono fidati dell’ “uomo” Berlusconi, della sua
capacità manageriale. Se comincia a dire che certe cose non le può fare
lui ma le deve fare l’Europa, non soltanto cancella la fiducia riposta in
lui, ma fa intravedere l’incubo di un potere dittatoriale.
Ida Magli
Roma, 10 giugno 2003
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