Editoriale  

 


 

La diversità
che non si può cancellare

 

 
di Ida Magli
il Giornale | 6 Aprile 2003

Mai il popolo romano assiepato in piazza S. Pietro in attesa del discorso di un nuovo Papa, si era lasciato andare ad un applauso così fragoroso, felice, privo di qualsiasi distanza come a quel "se sbaglio voi mi corrigerete" sfuggito con tanta cordiale semplicità dalle labbra di Karol Wojtyla.

Un Papa amato come nessun altro da tutto il mondo e che pure, oggi, non si riesce più a comprendere dove voglia condurre i cristiani, i quali lo ascoltano smarriti, dubbiosi; frastornati dall'eccesso di strana compagnia nella quale si trovano mescolati come se essere cristiani o non esserlo fosse ormai un particolare irrilevante. Già da tempo i più pensosi dei fedeli, quelli che coltivano come Gesù stesso ha insegnato non nelle piazze ma "nel segreto del proprio cuore" il colloquio d'amore con Gesù, vorrebbero poter dire al Papa, senza i soliti applausi adulatori: ricordati che ci hai detto di "corrigerti" quando crediamo che tu possa sbagliarti. Te lo diciamo con tutto il rispetto e la fiducia che riponiamo in chi per prima cosa rappresenta il cristianesimo, non tutte le religioni, i fedeli in Cristo, non tutti gli uomini.

E' contro la storia e contro l'intelligenza, contro il sistema logico dell'uomo tentare di ricondurre ad Abramo, ad una religione nata ottomila anni fa presso dei pastori nomadi orientali, la religione scaturita delle parole di Gesù di Nazaret ben seimila anni dopo e sviluppatasi soltanto perché trasferita nel mondo romano, in una civiltà, in un popolo totalmente diverso da quello orientale. Gesù è stato ucciso a Gerusalemme appena a tre anni di distanza dalla sua predicazione e se i suoi discepoli non avessero immediatamente abbandonato il loro luogo d'origine, del messaggio di Gesù non sarebbe rimasto nulla. La frattura con la mentalità, il costume orientale (prescindendo dai fattori teologici ancora più gravi) non era componibile perché le religioni crescono e si sviluppano nell'ambito psicologico, sociale e culturale di un determinato popolo e non vi sono, non possono esservi estranee. Se, tanto per fare un solo esempio, Gesù dice: "Le vostre parole siano sì, sì, no, no" è perché si trova a vivere in mezzo ad un gruppo in cui vige il costume opposto, ossia quello dell'ambiguità, dell'incertezza del dire.

Oggi, dunque, lo sforzo per cancellare al massimo le diversità, anche se perseguito con l'intento di eliminare lotte e dissidi, è contro la verità e contro la storia, riducendo i cristiani a  rinunciare a ciò che di meglio possiedono: la consapevolezza che il messaggio di Gesù ha dato loro di essere inseriti nel divenire della storia, in un tempo di responsabilità personale nel quale ogni individuo, se crede, è capace di amare l'altro perché non gli somiglia, perché l'amore lascia che l'altro sia se stesso rimanendo altro. Affermare che le religioni non sono e non possono essere causa di dissidio, è forse bello e tranquillizzante, ma toglie all'uomo la capacità di giudizio, la gioia entusiasmante del pensiero logico. Questo fa parte della struttura della personalità e non si può fingere, senza menzogna e senza deprivazione, che la religione non la sostanzi.

E' questo che i fedeli vorrebbero chiedere ad un Papa che pure ammirano tanto: "Dì qualcosa a noi, che non possiamo non credere in Gesù, che non vogliamo tradire Gesù, mentre se tutti ti applaudono, significa appunto che è Gesù che viene tradito".

Il cristianesimo è in grave rischio così come è in grave rischio la civiltà dell'Europa d'Occidente. Non è venendo meno alla verità, non soltanto quella religiosa, ma anche, come è chiaro, a quella storica, psicologica, culturale, che la si può salvare. L'Italia, poi, il particolarissimo genio italiano saranno i primi ad essere travolti. Lo si vuol capire oppure no che nell'islamismo sono vietate le "rappresentazioni" e, dunque, che nulla dell'arte italiana, pittorica, scultorea, musicale avrebbe mai potuto svilupparsi così come si è sviluppata? Lo si vuol capire che, come sono stati distrutti i Buddha, così verrebbero distrutti i Giotto, i Raffaello, i Leonardo? Cosa mai faranno gli Italiani se non potranno esprimersi in arte, in musica, in pittura, in tutta quella esplosione di creatività che ha permesso loro di mantenere viva l'Italia malgrado le invasioni, le oppressioni, ivi incluse quelle dello Stato Pontificio?

Gli Italiani, credenti e non credenti, hanno ormai il senso (la sicurezza) di essere odiati da tutti i loro governanti, laici ed ecclesiastici, i quali si affannano a togliere loro identità, sovranità, lingua, arte, fede, impedendogli anche in tutti i modi di esprimere questo ben fondato timore perché ormai qualsiasi parola è proibita tanto quanto era proibita la bestemmia, qualsiasi libertà di giudizio è proibita se non "appartiene" a qualche partito, avallata da qualche sindacato, benedetta dal Papa. Ma il "pensare" non può ancora a lungo essere messo a tacere. Noi non vogliamo recitare rosari, ma affermare la nostra verità, il nostro amore per l'Italia e la sua storia. Vogliamo dire anche noi: "Sì, si', no, no".

Ida Magli

 

 

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