Il Ministro Castelli ha detto che
la sua coscienza di uomo libero lo rende consapevole della
illegittimità del mandato di arresto europeo e che, essendo lui anche
un appartenente alla Lega, l’opposizione che Bossi fa a questo dettato
dell’unione europea, lo rende felice; ma che, se il Parlamento lo
approverà, in quanto Ministro del Governo in carica, vi metterà la sua
firma. La vicenda del Ministro Castelli e quanto da lui affermato,
segna un momento determinante e forse l’ultima occasione affinché
qualcuno, ancora in possesso di capacità critica, si fermi a
riflettere, e a far riflettere quelli che ancora non se ne sono resi
ben conto, verso quale avventura senza ritorno siamo avviati.
Un’avventura che già da come viene posta dalla coscienza pur così
sensibile del Ministro Castelli, dimostra di essere basata sulla più
inimmaginabile delle dittature (dopo quella sovietica): cancellare la
coscienza della libertà.
E’ infatti Il Ministro Castelli a dimostrarlo laddove afferma che
“firmerà” il mandato di arresto europeo il giorno in cui il Parlamento
lo avrà approvato. Questo significa dunque che le basi dalle quali è
nato il concetto di “democrazia”, la libertà di ogni singolo individuo
il quale partecipa con il suo voto al potere proprio perché è
“soggetto”, responsabile di se stesso e della propria coscienza,
vengono capovolte: il parlamento diventa più forte della coscienza
individuale e la riduce a “oggetto”, a suddita. Castelli dovrebbe
dirci, dunque, non che firmerà, ma che darà le dimissioni da Ministro.
Come faremo a salvarci da una dittatura che è la più violenta e al
tempo stesso la meno percepibile dagli individui e dai popoli, se non
saranno gli uomini che oggi sono maggiormente responsabili di quanto
sta avvenendo a denunciare la sopraffazione delle istituzioni sulle
coscienze? A che cosa serve la Storia, di cui tanto ancora discutiamo,
l’interrogativo su quali siano state le singole responsabilità davanti
a Stalin, davanti a Hitler, davanti a Mussolini, davanti a Napoleone,
ossia sulla necessaria resistenza davanti al potere, se non ne
riconosciamo la drammatica presenza nello stesso momento che stiamo
vivendo? Non c’è discriminante fra potere legittimo o non legittimo in
quanto, quando comanda azioni contrarie alla coscienza individuale,
nessun potere è legittimo.
Le dimissioni di Castelli sarebbero pertanto, non solo un dovere verso se
stesso, ma anche la possibilità per tanti, ridotti al silenzio o
all’impotenza dalla intangibilità sacrale dell’unione europea, di
associarsi alla sua testimonianza. Non è una semplice coincidenza,
infatti, la contemporaneità della vicenda Castelli con un discorso
tenuto dal Presidente dell’Iran alla Conferenza di cinquantasette
paesi islamici riuniti in Malaysia per mettere a punto una strategia
comune in quanto “islamici”. In tale occasione, che di per sé avrebbe
dovuto far comprendere al mondo quale sia la forza del musulmanesimo:
la religione come fattore di identità dei vari popoli e dei vari Stati
sparsi in Africa, in Asia e qua e là in Europa, ha suscitato invece
reazioni indignate per l’”antisemitismo” di una frase: “Gli europei
hanno ucciso sei milioni di ebrei su dodici milioni, ma oggi gli ebrei
guidano il mondo per procura. Ci sono un miliardo e trecento milioni
di musulmani sul pianeta: non possono essere sconfitti da pochi
milioni di ebrei.” A parte l’antisemitismo, nessuno ha rilevato la
gravità, inevitabile conseguenza dell’unione europea,
dell’affermazione: “gli europei hanno ucciso gli ebrei.” Era
proprio questo che si prefiggeva Helmut Kohl quando spingeva con tutte
le sue forze alla realizzazione dell’Unione: ”eliminare le
caratteristiche nazionali annegandole nel grande mare dell’europeità
perché in realtà si vuole cancellare il ricordo di una
caratterologia nazionale, quella tedesca.” Sono parole che scrivevo
nel 1997 e che cito a riprova del fatto che tutto quanto quello che di
peggio sta succedendo era prevedibile ed implicito nel progetto di
annientamento dell’individualità dei singoli popoli.
Persi in una europeità geografica, privi di storia, di consapevolezza e
di responsabilità del proprio agire e del proprio essere nel tempo,
ridotti a massa informe di sudditi, ci ritroviamo, come Castelli, a
dover scegliere fra la libertà della propria coscienza oppure far
parte di quegli “europei” che un governante musulmano ha già collocato
nella non-identità assoluta in confronto a quella fortissima
dell’essere “musulmani”. Forse è ancora possibile sottrarsi a questo
destino. Noi speriamo che sia l’Italia, patria del diritto romano,
patria dell’umanesimo, patria della più libera delle arti, la musica,
a imporre agli altri la supremazia della coscienza. □ |