"Gli europei hanno ucciso
sei milioni di ebrei"

 

di Ida Magli
ItalianiLiberi | 24 Ottobre 2003

 

  Il Ministro Castelli ha detto che la sua coscienza di uomo libero lo rende consapevole della illegittimità del mandato di arresto europeo e che, essendo lui anche un appartenente alla Lega, l’opposizione che Bossi fa a questo dettato dell’unione europea, lo rende felice; ma che, se il Parlamento lo approverà, in quanto Ministro del Governo in carica, vi metterà la sua firma. La vicenda del Ministro Castelli e quanto da lui affermato, segna un momento determinante e forse l’ultima occasione affinché qualcuno, ancora in possesso di capacità critica, si fermi a riflettere, e a far riflettere quelli che ancora non se ne sono resi ben conto, verso quale avventura senza ritorno siamo avviati. Un’avventura che già da come viene posta dalla coscienza pur così sensibile del Ministro Castelli, dimostra di essere basata sulla più inimmaginabile delle dittature (dopo quella sovietica): cancellare la coscienza della libertà.
  E’ infatti Il Ministro Castelli a dimostrarlo laddove afferma che “firmerà” il mandato di arresto europeo il giorno in cui il Parlamento lo avrà approvato. Questo significa dunque che le basi dalle quali è nato il concetto di “democrazia”, la libertà di ogni singolo individuo il quale partecipa con il suo voto al potere proprio perché è “soggetto”, responsabile di se stesso e della propria coscienza, vengono capovolte: il parlamento diventa più forte della coscienza individuale e la riduce a “oggetto”, a suddita. Castelli dovrebbe dirci, dunque, non che firmerà, ma che darà le dimissioni da Ministro. Come faremo a salvarci da una dittatura che è la più violenta e al tempo stesso la meno percepibile dagli individui e dai popoli, se non saranno gli uomini che oggi sono maggiormente responsabili di quanto sta avvenendo a denunciare la sopraffazione delle istituzioni sulle coscienze? A che cosa serve la Storia, di cui tanto ancora discutiamo, l’interrogativo su quali siano state le singole responsabilità davanti a Stalin, davanti a Hitler, davanti a Mussolini, davanti a Napoleone, ossia sulla necessaria resistenza davanti al potere, se non ne riconosciamo la drammatica presenza nello stesso momento che stiamo vivendo? Non c’è discriminante fra potere legittimo o non legittimo in quanto, quando comanda azioni contrarie alla coscienza individuale, nessun potere è legittimo.
  Le dimissioni di Castelli sarebbero pertanto, non solo un dovere verso se stesso, ma anche la possibilità per tanti, ridotti al silenzio o all’impotenza dalla intangibilità sacrale dell’unione europea, di associarsi alla sua testimonianza. Non è una semplice coincidenza, infatti, la contemporaneità della vicenda Castelli con un discorso tenuto dal Presidente dell’Iran alla Conferenza di cinquantasette paesi islamici riuniti in Malaysia per mettere a punto una strategia comune in quanto “islamici”. In tale occasione, che di per sé avrebbe dovuto far comprendere al mondo quale sia la forza del musulmanesimo: la religione come fattore di identità dei vari popoli e dei vari Stati sparsi in Africa, in Asia e qua e là in Europa, ha suscitato invece reazioni indignate per l’”antisemitismo” di una frase: “Gli europei hanno ucciso sei milioni di ebrei su dodici milioni, ma oggi gli ebrei guidano il mondo per procura. Ci sono un miliardo e trecento milioni di musulmani sul pianeta: non possono essere sconfitti da pochi milioni di ebrei.” A parte l’antisemitismo, nessuno ha rilevato la gravità, inevitabile conseguenza dell’unione europea, dell’affermazione: “gli europei hanno ucciso gli ebrei.” Era proprio questo che si prefiggeva Helmut Kohl quando spingeva con tutte le sue forze alla realizzazione dell’Unione: ”eliminare le caratteristiche nazionali annegandole nel grande mare dell’europeità perché in realtà si vuole cancellare il ricordo di una caratterologia nazionale, quella tedesca.” Sono parole che scrivevo nel 1997 e che cito a riprova del fatto che tutto quanto quello che di peggio sta succedendo era prevedibile ed implicito nel progetto di annientamento dell’individualità dei singoli popoli.
  Persi in una europeità geografica, privi di storia, di consapevolezza e di responsabilità del proprio agire e del proprio essere nel tempo, ridotti a massa informe di sudditi, ci ritroviamo, come Castelli, a dover scegliere fra la libertà della propria coscienza oppure far parte di quegli “europei” che un governante musulmano ha già collocato nella non-identità assoluta in confronto a quella fortissima dell’essere “musulmani”. Forse è ancora possibile sottrarsi a questo destino. Noi speriamo che sia l’Italia, patria del diritto romano, patria dell’umanesimo, patria della più libera delle arti, la musica, a imporre agli altri la supremazia della coscienza. □

 

 

 

 

 
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