I musulmani hanno intenzione di
conquistare «pacificamente» l’Europa e di far vincere la propria
religione in tutto il mondo? In Italia ne siamo sicuri quasi tutti già
da diversi anni, ma fino ad oggi chiunque si fosse arrischiato a dirlo
ad alta voce, sarebbe stato immediatamente smentito e messo a tacere
dalle due forze più qualificate: i governanti e la Chiesa. Eppure si
tratta di un fenomeno evidente. Ma soprattutto: logico. Logico
perché ogni uomo, così come ogni gruppo ed ogni popolo, quando crede
in una verità, sente l’impulso, la necessità di convincerne gli altri
uomini, ed anzi il più delle volte lo considera un dovere. Del resto,
in che cosa saremmo «uomini» se non ci assillasse il pensiero di
conoscere e di far conoscere, di condividere ed espandere le idee in
cui crediamo, siano queste di carattere scientifico, artistico,
politico, religioso? Dunque, diamolo per scontato: siamo noi, soltanto
noi, in questa Italia, in questa Europa progettata dopo la seconda
guerra mondiale, sconvolta dall’immane catastrofe da cui si era appena
usciti, ad aver timore perfino di possederla una «idea», esortati dai
politici a considerare come unica «idea» quella di non doverne
difendere nessuna come nostra, ma quelle di tutti gli altri fino a
morirne. E infatti, di questo stiamo morendo.
Non poter credere in nulla ha ucciso il pensieri creativo, ha ucciso
il cristianesimo, ha ucciso la speranza in un futuro tanto che perfino
le esortazioni che vengono dal mondo dell’industria, della finanza,
dell’economia ad essere «più competitivi» non possono aver successo.
Per essere competitivi bisogna «credere», bisogna impegnare energie
aggressive «contro» qualcuno o qualcosa. Come pensano i politici di
poter governare popoli intimoriti perfino dai propri pensieri, nel
dubbio che qualsiasi riflessione sull’«altro» possa configurarsi come
razzista, come colpa, come mancanza di tolleranza?
I musulmani sono forti perché credono nella propria religione e nel
potere della propria cultura; ed hanno ben valutato la debolezza (la
vigliaccheria) di chi, o non crede in nulla, oppure non ha il coraggio
di difendere ciò in cui crede. Questo non significa (ma a questo punto
è difficile trovare vie d’uscita del tutto pacifiche) che dobbiamo
farci la guerra; ma che i governanti debbono usare tutti i mezzi per
rispettare l’unico dovere nel quale si sono impegnati con un
giuramento, quello di servire l’Italia e gli Italiani, e mettere fine
al comportamento tenuto fino ad oggi. E’ stato posto il problema del
crocifisso; ma questo è soltanto un «primo-ultimo» passo verso
l’eliminazione delle immagini che è alla base del divieto presente
nell’Antico Testamento. Quindi è inutile girarci intorno con
scappatoie contingenti. Oggi si tratta della scuola di Stato nella
quale i bambini musulmani sono ancora in minoranza. Ma di crocifissi
sono piene le edicole ai crocicchi di tutte le nostre strade; domani
anche questi offenderanno musulmani bambini e adulti. Perciò
decidiamoci.
Può darsi che molti Italiani non siano praticanti o credenti nel senso
stretto del termine; ma non esiste «cultura» senza religione e quella
dell’Italia (e del cristianesimo occidentale) poggia sulla novità
radicale dei Vangeli in confronto all’Antico Testamento. Tanto nuova
da poter instaurarsi esclusivamente nel mondo permeato dal diritto
romano, dall’organizzazione giuridica e amministrativa espressa nella
lingua latina che la Chiesa d’Occidente ha fatto sua. Tanto nuova da
cancellare nel pensiero di un innamorato della bellezza, di un poeta
dell’umano come Gesù di Nazaret, anche soltanto l’idea di uccidere
animali da offrire a Dio, di tagliare un pezzo di pene per
testimoniare la propria fede. Come si può leggere i Vangeli e non
sentire subito che è nato un mondo del tutto nuovo, del tutto diverso,
perché è quello della bellezza della vita, della bellezza dell’uomo
che «guarda», che ammira, senza timore? Guardare significa amare il
«rappresentare».
Gli sforzi che sono stati fatti negli ultimi anni dalla
Chiesa per ricondurre i Vangeli nell’alveo dell’Antico Testamento,
anche se dettati dal desiderio di ridurre le occasioni di conflitto,
non sono utili perché hanno soltanto indebolito l’Occidente cristiano,
e soprattutto hanno tolto ai cristiani la gioia di creare bellezza con
la poesia, con la musica, con la pittura, con la forza esclusiva della
parola. Quella parola di cui Gesù ha sottolineato la forza quando ha
detto: «Le vostre parole siano: sì, sì, no, no».
Delle ambiguità dei politici, dei sacerdoti, non se ne può più
perché testimoniano del fatto che vogliono rendere facile all’Islam
la conquista dell’Europa eliminando confini, cittadinanze, patrie,
nazioni, identità. Non è tolleranza, non è solidarietà, non è
rispetto, ma tutto il contrario: la convinzione che abbiamo già perso,
e forse la speranza che almeno così non abbiano motivo per
distruggerci. □ |