Editoriale    

A Berlusconi
basterebbe
dire la verità

 
di Ida Magli
ItalianiLiberi | 10 Luglio 2003

E' nell'interesse di tutti gli Italiani, e non soltanto di coloro che hanno votato per Forza Italia, che l'attuale crisi venga risolta al più presto. Come ha fatto notare Geronimo nella chiarissima analisi storico-politica apparsa il 10 Luglio sul Giornale, nessuno dei partiti chiamati da Berlusconi a far parte della coalizione potrebbe da solo godere di una vita politica reale perché, pur fregiandosi del nome di "partiti", non ne possiedono gli attributi storici sostanziali. E' proprio partendo da questa constatazione che la situazione dell'Italia appare fortissima e densa di futuro, piuttosto che fragile e transitoria come molti pensano. E' finita l'epoca dei partiti e Berlusconi è il primo ad averlo capito (l'inerzia linguistica che contraddistingue le istituzioni li fa ancora chiamare così ma quello che conta è la sostanza). Il motivo del suo sconvolgente successo consiste proprio in questo: non erano le tangenti, non erano le malefatte innumerevoli che da sempre accompagnano in un modo o nell'altro tutti i partiti (nessuno si è meravigliato dei fondi neri accumulati dall'integerrimo tedesco, principale costruttore di Maastricht, Helmut Kohl), non era il bizantinismo del loro astuto e stupido linguaggio, non erano le convergenze parallele o le finte battaglie fra cattolici e comunisti, ma la putredine del post mortem nella quale da lunghi anni si trascinavano, a farli odiare. In Italia più vistosamente che in altri paesi d'Occidente perché l'Italia è sempre laboratorio di storia, di politica, di pensiero nascente, per la sua naturale caratteristica: ma di fatto la "forma" partito è logora ovunque. Per questo le sinistre non hanno nessuna speranza: il Partito Comunista Italiano era il prototipo assoluto del "Partito" e sui suoi frammenti si può piangere ma non costruire.

Il problema, dunque, per l'Italia è convincere Berlusconi a rimanere quello che era all'inizio, pur nella diversità delle situazioni; a interpretare questa diversità con lo stesso spirito che l'ha guidato quando ha deciso di scendere in campo: dire agli Italiani la verità. E prima di tutto che le richieste degli alleati sono in contrasto fra loro e spesso riconducibili al vecchio sistema furbastro e contingente dal quale gli Italiani si aspettavano di essere liberati. Dire anche agli Italiani che il famoso patto stretto con loro al momento del voto era precedente all'attacco alle Torri Gemelle, un avvenimento che ha cambiato lo scenario del mondo e, di conseguenza, anche quello dell'Italia. Prendiamo, per esempio, la questione dell'immigrazione. Sicuramente era grave anche prima; ma sarebbe criminoso nei confronti degli Italiani non fermare la presenza islamica oggi, quali che siano le motivazioni umanitarie o di lavoro che vengono portate a sua difesa.

E con questo siamo al capitolo Bossi, e al rapporto con i cattolici (ossia con la Chiesa). Francamente bisogna riconoscere che non si capisce quale sia il motivo per il quale la Chiesa vuole il suicidio del Cristianesimo nell'Europa d'Occidente e in particolare il suicidio dell'Italia. I fatti però lo dimostrano. Sarebbe dovere dei cattolici salvare il cristianesimo; ma è comunque dovere dei governanti salvare l'Italia. Perché Berlusconi non ne parla con gli Italiani? Si sentirebbe dire che gli Italiani vogliono salvare il cristianesimo, anche se non sono praticanti; che non vogliono l'immigrazione perché, come tutti gli organismi viventi, sono forniti dell'unica guida sicura: l'istinto di conservazione. Si sentirebbe dire, anche, che non vogliono "l'indultino" (termine grottesco che si rifiuta di uscire dalla mia penna) perché hanno fame e sete della giustizia, da troppi anni loro negata. Il ministro Castelli è persona seria e concreta: si stanzino immediatamente i fondi per l'ammodernamento della vita carceraria e li si metta nelle sue mani; è sicuro che da domani i carcerati staranno meglio. I fondi non ci sono? Berlusconi discuta con gli Italiani alcuni dei punti firmati nel famoso patto, distogliendone qualche finanziamento. La stagnazione dell'economia non è colpa sua, Maastricht non l'ha firmato lui, dunque si fidi del buon senso di coloro che l'hanno votato. Ridiscuta con loro anche quelle riforme in senso federalistico che Bossi continua a volere a tutti i costi perché "erano scritte nel patto". Il passaggio di poteri alle regioni comporta enormi spese ed è, per giunta, quasi privo di senso se non si combatte contemporaneamente contro il passaggio di quegli stessi poteri all'Unione Europea già immesso nella Costituzione dal governo.

Dunque, come dicono tutti, tocca a Berlusconi. Noi vorremmo che Berlusconi non si affidasse tanto alle sue capacità di persuasione, quanto alla novità di rapporto con i cittadini da lui stesso instaurata. Gli Italiani capiscono.

 

 

 

 

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