La Costituzione
può attendere

 

di Ida Magli
ItalianiLiberi | Roma, 18 Settembre 2003

 

E’ proprio necessaria una Costituzione? Molti studiosi sono convinti, e ne discutono apertamente, che l’idea stessa di “Costituzione” sia oggi da considerarsi superata. Senza dilungarsi qui sui motivi di carattere storico, filosofico, giuridico, politico (anche se di grandissimo interesse), di questo dibattito, ci sono alcuni aspetti più concreti sui quali non è possibile sorvolare nel momento in cui i nostri politici mettono mano ad una riforma della Costituzione italiana. Il primo è evidente: il peso ideologico del momento in cui è stata formulata. Un peso gravissimo e che appare in quell’articolo 1 in cui si afferma che “L’Italia è una repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Certamente i cattolici avranno inghiottito amaro di fronte a qualcosa di trascendente che non è Dio. Ma è come uomini, credenti e non credenti, che questa formulazione è inaccettabile. L’essenza dell’uomo è il lavoro? Nessuno, né operaio, né contadino, né ricco, né povero, né colto, né analfabeta pensa che il lavoro lo domini, lo crei, lo “fondi”; insomma che sia di più dell’uomo stesso. La trascendenza, o è una divinità, oppure bisogna lasciarla alla natura stessa dell’uomo.

Dunque, chiediamo una cosa semplicissima: si tolga dall’articolo 1 quell’aggiunta che offende l’uomo nel suo stesso essere. “L’Italia è una Repubblica democratica” è una formula giusta e autosufficiente.

C’è poi un altro aspetto (molto discusso fra filosofi non soltanto in Italia) che colpisce chiunque guardi ad una  Costituzione dopo molto tempo dalla sua attuazione. Quali cose non ha garantito, malgrado le affermazioni di principio che avrebbe dovuto rispettare? Nel metodo dello scienziato lo studio dei  risultati concreti di una teoria è prassi indispensabile, ma sarebbe doveroso anche da parte dei politici fare un bilancio di questo genere nei confronti della Costituzione. Vedrebbero, allora, quello che appare evidente agli occhi dei cittadini, e che pesa gravemente sulle loro spalle. Ossia che nella Costituzione italiana esistono due campi nei quali i cittadini non possiedono alcun potere e che, proprio attraverso quei campi, essi si trovano a vivere in una situazione politica ed economica del tutto diversa da quella assicurata dalla Costituzione stessa. Si tratta della politica estera e di quella fiscale.

Chi avrebbe mai potuto immaginare, leggendo la Costituzione italiana che gli Italiani sarebbero stati obbligati  ad obbedire a leggi formulate da un altro governo, da un altro parlamento, a dover pagare i tributi fissati da istituzioni non italiane, a dover omaggiare un’altra bandiera, a dover rinunciare all’indipendenza monetaria ed economica, infine a buona parte della propria sovranità? Eppure è successo; e la Corte Costituzionale non ha mai eccepito in alcun modo alle decisioni prese in proposito da nessuno dei governi che si sono succeduti in questi anni. Infatti, tutto quello che riguarda l’Unione Europea è stato sviluppato sotto l’egida della “politica estera” sulla quale i cittadini non hanno diritto di interferire.

Per gli Italiani infatti, in base all’articolo 75 non è ammesso neanche un referendum, così come è avvenuto e avviene per gli altri paesi europei.

Non si può lasciare inalterata una Costituzione che permette simili trasformazioni della realtà politica dei cittadini che vi si affidano, perché, come è evidente, se si concede ai governanti un campo nel quale sono del tutto liberi, attraverso quel campo passerà qualsiasi cosa. Tanto più che il potere, l’accrescimento del potere, è lo scopo primario di ogni governante (senza molte differenze fra monarchie, dittature, repubbliche) e questo lo si ottiene sempre estendendolo ad altri paesi, ad altre popolazioni, insomma con la politica estera; oppure con la guerra, che è appunto una forma assoluta di politica estera.

Gli Italiani chiedono, dunque, che siano queste le riforme della Costituzione da prendere in considerazione da parte del governo, perché sono queste le uniche che li riguardano davvero. Tutto il resto può darsi che sia utile, ma non incide sulla cosa principale: la loro dignità di uomini nell’articolo 1 e il loro diritto di cittadini nell’articolo 75 che non ammette referendum per le leggi tributarie e di bilancio e di autorizzazione a ratificare trattati internazionali. □

 

 

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