Editoriale   il Giornale

D'Alema e la democrazia
Azzeccagarbugli
da esportazione
 

 
di Giordano Bruno Guerri
il Giornale | Sabato 22 Marzo 2003

Brutta bestia la malafede, specie quando si accompagna a quel viziaccio italiano dell’esser furbi: prima o poi si finisce per dire castronerie immense e cadere nel ridicolo. Così è capitato l’altro ieri a Massimo D’Alema. Mentre manifestava per la pace - candela in mano, intorno al Colosseo - gli deve aver dato fastidio che anche fra i suoi qualcuno gli ricordasse la decisione di bombardare il Kossovo, appena quattro anni fa: “Anfameeee!” (“Oh, infame!”) era l’urlo che qua e là spuntava come uno schiaffo dalle bandiere a strisce multicolori.

  Così ha agguantato quello che dovrebbe essere un giornalista (del suo Riformista) e, senza contraddittorio, gli ha rilasciato dichiarazioni che farebbero sbellicare dal ridere se non fossero di un cinismo, una stolidità, una faziosità da suscitar piuttosto raccapriccio a fiotti. Alla faccia del riformismo, Il Riformista ha pubblicato la sequela di sciocchezze del capo diessino nientemeno che come notizia principale di ieri, un doppio inciampane sin dal titolo. Prima riga: “Per D’Alema non si esporta la democrazia”, e vedremo che non è vero. Seconda riga: “George Bush vuol fare come Napoleone.” Magari, dico io, ma mi sa che Bush conosce Napoleone più o meno come D’Alema, poco poco. E poi, perché ricorrere all’esempio di Napoleone, come esportatore di democrazia attraverso le guerre? C’è un esempio molto più vicino a noi e che il presidente dei Ds conosce senz’altro meglio: quante guerre ha fatto, promosso, sostenuto la gloriosa Unione Sovietica, per esportare la “democrazia socialista”?

  D’Alema poi azzeccagarbuglia tesi, che meriterebbero i polli di Renzo, per dimostrare che il caso del Kossovo - era diverso da quello irakeno. Lì si trattava della Nato, dice, anche se non c’era il consenso dell’Onu: come se la Nato fosse meno unilaterale di un’alleanza Usa-Gran Bretagna con l’appoggio di molti altri Paesi occidentali. Ma è quando dice che la democrazia non si esporta con le guerre che D’Alema si becca o un 4 in storia e un 2 in onestà intellettuale.

  Basterebbe dire che se gli americani non avessero fatto la guerra a Hitler, oggi forse D’Alema avrebbe i baffi molto più corti, diciamo una striscia verticale proprio sotto il naso, in onore del grande fondatore del Terzo Reich. La Seconda Guerra Mondiale portò la democrazia non solo in Germania, in Italia e in Giappone, ma in gran parte dell’Europa allineata con l’Asse, in Asia, in Africa.

  Troppo banale? Parliamo allora della Prima Guerra Mondiale, che portò democrazia e libertà a molti popoli sottomessi all’Austria-Ungheria. Di più: la Turchia ex ottomana non conquistò subito la democrazia, con la sconfitta, ma grazia alla guerra e al dittatore Kemal (Ataturk), conquistò la modernizzazione e la deislamizzazione, premessa indispensabile a una vera democrazia. Non è un caso che in nessun Paese islamico ce ne sia una decente, e io credo che una democrazia decente sia più importante di quel che D’Alema chiama “occidentalizzazione forzata” e “legalità internazionale”: una legalità che si risolve nel diritto di veto che hanno nell’Onu i Paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale. E’ sull’Onu e le sue regole obsolete e inattuali che bisogna versare lacrime, non sulla volontà dell’America e di molti altri Paesi di rompere schemi che permettono a Saddam di gasare villaggi curdi, e ad altri di lui di tagliare mani e lapidare le adultere. Anche se “il  modello Usa non è solo democrazia”, mio non caro D’Alema, lo preferisco senz’altro alla brutalità primitiva delle leggi coraniche.

  Andiamo ancora più indietro, a proposito di guerre e democrazia. Il nostro Risorgimento, che anche i ds ormai osannano, non fu fatto solo di voglia unitaria: la guerra ai Borboni portò uno straccio di democrazia nel sud.

  Troppo lontano? Veniamo all’ultimo dopoguerra. Se gli americani non avessero fatto la guerra di Corea, adesso non avremmo una Corea del Sud democratica e benestante e una Corea del Nord dove si muore di fame ma si minaccia di buttate bombe atomiche sulle democrazie. E nel Vietnam non si arrivò alla democrazia, bensì a una dittatura violenta, solo perché gli americani persero.

  Un esempio ancora più recente, fra i tanti, che oltretutto ribattono alla penosa diatriba della guerra all’Irak come guerra per il petrolio. Pochi anni fa la Gran Bretagna fece guerra all’Argentina “solo” per il possesso di poche sperdute isolette: ma la guerra delle Falkland determinò – si voleva fosse così – la caduta della dittatura argentina. D’Alema la rimpiange? E qualcuno di quelli che si lamentano della “guerra per il petrolio” ha rinunciato ad andare in automobile o al riscaldamento. Democrazia non è solo “potere (?) del popolo” e libertà. E’ anche benessere del popolo. Gli irakeni dovranno pagare - come sempre, come tutti, com’è successo anche a noi appena sessanta anni fa - l’essersi fatti sottomettere da una dittatura e di averla in parte condivisa. 


Giordano Bruno Guerri

 

 

 

 

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