Brutta
bestia la malafede, specie quando si accompagna a quel viziaccio italiano
dell’esser furbi: prima o poi si finisce per dire castronerie immense e
cadere nel ridicolo. Così è capitato l’altro ieri a Massimo D’Alema.
Mentre manifestava per la pace - candela in mano, intorno al Colosseo -
gli deve aver dato fastidio che anche fra i suoi qualcuno gli ricordasse
la decisione di bombardare il Kossovo, appena quattro anni fa: “Anfameeee!”
(“Oh, infame!”) era l’urlo che qua e là spuntava come uno schiaffo dalle
bandiere a strisce multicolori.
Così ha
agguantato quello che dovrebbe essere un giornalista (del suo Riformista)
e, senza contraddittorio, gli ha rilasciato dichiarazioni che farebbero
sbellicare dal ridere se non fossero di un cinismo, una stolidità, una
faziosità da suscitar piuttosto raccapriccio a fiotti. Alla faccia del
riformismo, Il Riformista ha pubblicato la sequela di sciocchezze del capo
diessino nientemeno che come notizia principale di ieri, un doppio
inciampane sin dal titolo. Prima riga: “Per D’Alema non si esporta la
democrazia”, e vedremo che non è vero. Seconda riga: “George Bush vuol
fare come Napoleone.” Magari, dico io, ma mi sa che Bush conosce Napoleone
più o meno come D’Alema, poco poco. E poi, perché ricorrere all’esempio di
Napoleone, come esportatore di democrazia attraverso le guerre? C’è un
esempio molto più vicino a noi e che il presidente dei Ds conosce
senz’altro meglio: quante guerre ha fatto, promosso, sostenuto la gloriosa
Unione Sovietica, per esportare la “democrazia socialista”?
D’Alema
poi azzeccagarbuglia tesi, che meriterebbero i polli di Renzo, per
dimostrare che il caso del Kossovo - era diverso da quello irakeno. Lì si
trattava della Nato, dice, anche se non c’era il consenso dell’Onu: come
se la Nato fosse meno unilaterale di un’alleanza Usa-Gran Bretagna con
l’appoggio di molti altri Paesi occidentali. Ma è quando dice che la
democrazia non si esporta con le guerre che D’Alema si becca o un 4 in
storia e un 2 in onestà intellettuale.
Basterebbe dire che se gli americani non avessero fatto la guerra a
Hitler, oggi forse D’Alema avrebbe i baffi molto più corti, diciamo una
striscia verticale proprio sotto il naso, in onore del grande fondatore
del Terzo Reich. La Seconda Guerra Mondiale portò la democrazia non solo
in Germania, in Italia e in Giappone, ma in gran parte dell’Europa
allineata con l’Asse, in Asia, in Africa.
Troppo
banale? Parliamo allora della Prima Guerra Mondiale, che portò democrazia
e libertà a molti popoli sottomessi all’Austria-Ungheria. Di più: la
Turchia ex ottomana non conquistò subito la democrazia, con la sconfitta,
ma grazia alla guerra e al dittatore Kemal (Ataturk), conquistò la
modernizzazione e la deislamizzazione, premessa indispensabile a una vera
democrazia. Non è un caso che in nessun Paese islamico ce ne sia una
decente, e io credo che una democrazia decente sia più importante di quel
che D’Alema chiama “occidentalizzazione forzata” e “legalità
internazionale”: una legalità che si risolve nel diritto di veto che hanno
nell’Onu i Paesi vincitori della Seconda Guerra Mondiale. E’ sull’Onu e le
sue regole obsolete e inattuali che bisogna versare lacrime, non sulla
volontà dell’America e di molti altri Paesi di rompere schemi che
permettono a Saddam di gasare villaggi curdi, e ad altri di lui di
tagliare mani e lapidare le adultere. Anche se “il modello Usa non è solo
democrazia”, mio non caro D’Alema, lo preferisco senz’altro alla brutalità
primitiva delle leggi coraniche.
Andiamo
ancora più indietro, a proposito di guerre e democrazia. Il nostro
Risorgimento, che anche i ds ormai osannano, non fu fatto solo di voglia
unitaria: la guerra ai Borboni portò uno straccio di democrazia nel sud.
Troppo
lontano? Veniamo all’ultimo dopoguerra. Se gli americani non avessero
fatto la guerra di Corea, adesso non avremmo una Corea del Sud democratica
e benestante e una Corea del Nord dove si muore di fame ma si minaccia di
buttate bombe atomiche sulle democrazie. E nel Vietnam non si arrivò alla
democrazia, bensì a una dittatura violenta, solo perché gli americani
persero.
Un
esempio ancora più recente, fra i tanti, che oltretutto ribattono alla
penosa diatriba della guerra all’Irak come guerra per il petrolio. Pochi
anni fa la Gran Bretagna fece guerra all’Argentina “solo” per il possesso
di poche sperdute isolette: ma la guerra delle Falkland determinò – si
voleva fosse così – la caduta della dittatura argentina. D’Alema la
rimpiange? E qualcuno di quelli che si lamentano della “guerra per il
petrolio” ha rinunciato ad andare in automobile o al riscaldamento.
Democrazia non è solo “potere (?) del popolo” e libertà. E’ anche
benessere del popolo. Gli irakeni dovranno pagare - come sempre, come
tutti, com’è successo anche a noi appena sessanta anni fa - l’essersi
fatti sottomettere da una dittatura e di averla in parte condivisa.