Editoriale  

La crisi della Fiat: giusta Nemesi
per chi ha voluto l'Unione Europea

 
di Ida Magli
Italiani Liberi | 25 Gennaio 2003

Nel coro di lodi che si levano in questi giorni sulla figura e l'opera di Gianni Agnelli, non si sente ricorrere la più piccola critica; e il tono dei giornalisti e dei politici è così sacralmente impostato all'esaltazione da farci temere, da parte di un Papa in preda alla frenesia delle canonizzazioni, la possibilità di una prossima causa di beatificazione.

Certo: il Potere esalta se stesso quando esalta un analogo Potere. Industriali, banchieri, economisti guidano oggi tutta la politica e Gianni Agnelli la guidava più di ogni altro, nascondendosi abilmente dietro figure di comodo e facendo passare per nobile ritegno e aristocratico pudore, quella che invece era la sua massima forza: che nessuno la potesse svelare davvero.

Facciamo una rapidissima disamina di quanto ha influito sui mali dell'Italia.

Una "grande" industria automobilistica cha "ha dato lavoro" a trecentomila persone, come dicono oggi i commentatori? Era un paese distrutto dalla guerra, dove, per chi già costruiva automobili, non era necessario un forte acume per capire di potersi arricchire cominciando dalle strade e quindi dalle automobili. Tuttavia Agnelli non si è mosso mai da Torino, facendo giungere lì, stremati dal bisogno, tanti italiani del Sud, costringendoli ad una penosissima emigrazione, lontano dalle famiglie, senza una casa (chi non ricorda che non avevano una paga sufficiente e che nessuno voleva affittargliela?), privi delle loro abitudini di orario e di lavoro campagnolo. Trasformarsi da contadini in operai da catena di montaggio è stato durissimo in tali condizioni. Ma gli Italiani, come sempre, si sono adattati e hanno trasformato, come è stato detto dalle varie commemorazioni di oggi la città di Torino nel Regno di Gianni Agnelli, ringraziando quel "Re" che se ne stava in alto, sulla collina, arricchendosi con la fabbrica di brutte e scomode automobili, che sempre brutte e scomode sono rimaste.

Tutte le acquisizioni che Agnelli ha fatto in questo campo, hanno finito con l'annullare la "bellezza": e l'Innocenti, la Bianchi, la Maserati, macchine splendide, sono annegate nell'immancabile bruttezza delle macchine Fiat. La Ferrari si è salvata perché è rimasta fuori dalla omologazione. Dunque, è vero: la Fiat ha prodotto molte automobili ma non è mai stata una "grande" industria automobilistica se non nei numeri e in quanto ha operato in regime di monopolio, caricando sulle spalle dello Stato tutti i suoi errori. Migliaia di operai in cassa integrazione ogni volta che il Signor Agnelli sbagliava strategia, e, in pratica, ha sempre sbagliato.

Eppure c'è stata una tale omertà da parte dei politici e dei banchieri che nessuno ha mai messo in rilievo, non soltanto i gravissimi errori, ma anche i danni di cui l'Italia ha portato e porta le conseguenze. L'errore maggiore, però, è stato l'aver voluto l'unificazione europea, proprio quella unificazione che oggi ha ridotto la sua industria sull'orlo del fallimento. La moneta unica e la chiusura del mercato europeo in una sola piazza è di per sé un'operazione economicamente folle; ma tanto più folle per chi, come la Fiat, lavorava in Italia in regime di monopolio e non era in grado, per la cattiva qualità del prodotto, di competere con macchine migliori. E' stato l'euro, è stata Maastricht a condannare la Fiat. E' difficile supporre che Gianni Agnelli non l'avesse adesso finalmente capito, lui che aveva addirittura pubblicato un libro, molti anni fa, per auspicare la grande Europa unita. Il più grande quotidiano italiano, il Corriere della Sera, essendo proprietà di Agnelli, ha favorito l'operazione Euro e Unione Europea, sia mantenendo il più prudente silenzio sui problemi enormi che questa comportava, sia mettendo sulla prima pagina il simbolo dell'Unione Europea quando ancora di questa unione il Corriere parlava nelle pagine della politica estera. Aver ingannato gli Italiani, usando il quotidiano più importante e più letto che era di sua proprietà, non permettendo la minima discussione, la minima critica nei confronti dell'Unione Europea, è forse l'azione peggiore che Gianni Agnelli abbia compiuto; egli che pure è stato nominato perfino "Senatore a vita" di questo povero Popolo. Il popolo italiano pare davvero essere condannato, lungo tutta la sua storia, ad innamorarsi dei suoi peggiori governanti, quelli che consapevolmente, volutamente ci ingannano; e se non fosse per il fatto che la debàcle della Fiat la stiamo pagando noi, si sarebbe tentati di vedervi una giusta Nemesi.

Ida Magli

Roma, 25 Gennaio 2003

 

 

 

 

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