Nel coro di lodi che si levano in questi giorni sulla figura e l'opera di
Gianni Agnelli, non si sente ricorrere la più piccola critica; e il tono
dei giornalisti e dei politici è così sacralmente impostato
all'esaltazione da farci temere, da parte di un Papa in preda alla
frenesia delle canonizzazioni, la possibilità di una prossima causa di
beatificazione.
Certo: il Potere esalta se stesso quando
esalta un analogo Potere. Industriali, banchieri, economisti guidano oggi
tutta la politica e Gianni Agnelli la guidava più di ogni altro,
nascondendosi abilmente dietro figure di comodo e facendo passare per
nobile ritegno e aristocratico pudore, quella che invece era la sua
massima forza: che nessuno la potesse svelare davvero.
Facciamo una rapidissima disamina di
quanto ha influito sui mali dell'Italia.
Una "grande" industria automobilistica
cha "ha dato lavoro" a trecentomila persone, come dicono oggi i
commentatori? Era un paese distrutto dalla guerra, dove, per chi già
costruiva automobili, non era necessario un forte acume per capire di
potersi arricchire cominciando dalle strade e quindi dalle automobili.
Tuttavia Agnelli non si è mosso mai da Torino, facendo giungere lì,
stremati dal bisogno, tanti italiani del Sud, costringendoli ad una
penosissima emigrazione, lontano dalle famiglie, senza una casa (chi non
ricorda che non avevano una paga sufficiente e che nessuno voleva
affittargliela?), privi delle loro abitudini di orario e di lavoro
campagnolo. Trasformarsi da contadini in operai da catena di montaggio è
stato durissimo in tali condizioni. Ma gli Italiani, come sempre, si sono
adattati e hanno trasformato, come è stato detto dalle varie
commemorazioni di oggi la città di Torino nel Regno di Gianni Agnelli,
ringraziando quel "Re" che se ne stava in alto, sulla collina,
arricchendosi con la fabbrica di brutte e scomode automobili, che sempre
brutte e scomode sono rimaste.
Tutte le acquisizioni che Agnelli ha
fatto in questo campo, hanno finito con l'annullare la "bellezza": e
l'Innocenti, la Bianchi, la Maserati, macchine splendide, sono annegate
nell'immancabile bruttezza delle macchine Fiat. La Ferrari si è salvata
perché è rimasta fuori dalla omologazione. Dunque, è vero: la Fiat ha
prodotto molte automobili ma non è mai stata una "grande" industria
automobilistica se non nei numeri e in quanto ha operato in regime di
monopolio, caricando sulle spalle dello Stato tutti i suoi errori.
Migliaia di operai in cassa integrazione ogni volta che il Signor Agnelli
sbagliava strategia, e, in pratica, ha sempre sbagliato.
Eppure c'è stata una tale omertà da parte
dei politici e dei banchieri che nessuno ha mai messo in rilievo, non
soltanto i gravissimi errori, ma anche i danni di cui l'Italia ha portato
e porta le conseguenze. L'errore maggiore, però, è stato l'aver voluto
l'unificazione europea, proprio quella unificazione che oggi ha ridotto la
sua industria sull'orlo del fallimento. La moneta unica e la chiusura del
mercato europeo in una sola piazza è di per sé un'operazione
economicamente folle; ma tanto più folle per chi, come la Fiat, lavorava
in Italia in regime di monopolio e non era in grado, per la cattiva
qualità del prodotto, di competere con macchine migliori. E' stato l'euro,
è stata Maastricht a condannare la Fiat. E' difficile supporre che Gianni
Agnelli non l'avesse adesso finalmente capito, lui che aveva addirittura
pubblicato un libro, molti anni fa, per auspicare la grande Europa unita.
Il più grande quotidiano italiano, il Corriere della Sera, essendo
proprietà di Agnelli, ha favorito l'operazione Euro e Unione Europea, sia
mantenendo il più prudente silenzio sui problemi enormi che questa
comportava, sia mettendo sulla prima pagina il simbolo dell'Unione Europea
quando ancora di questa unione il Corriere parlava nelle pagine della
politica estera. Aver ingannato gli Italiani, usando il quotidiano più
importante e più letto che era di sua proprietà, non permettendo la minima
discussione, la minima critica nei confronti dell'Unione Europea, è forse
l'azione peggiore che Gianni Agnelli abbia compiuto; egli che pure è stato
nominato perfino "Senatore a vita" di questo povero Popolo. Il popolo
italiano pare davvero essere condannato, lungo tutta la sua storia, ad
innamorarsi dei suoi peggiori governanti, quelli che consapevolmente,
volutamente ci ingannano; e se non fosse per il fatto che la debàcle
della Fiat la stiamo pagando noi, si sarebbe tentati di vedervi una giusta
Nemesi.