22 Novembre 2000
Come
mai, dopo decenni di tranquillità,
in
Belgio capitano tante cose sgradevoli?
Il
Belgio dei belgi e quello dell'Europa
DI
GIORDANO BRUNO GUERRI
L’altro giorno al bar, davanti ai cappuccini,
due signori commentavano le ultime notizie dal Belgio: “Ma hai visto, prima
non ci succedeva niente…” “…e ora danno pure l’olio di macchina alle bestie!”
Già, immagino che gli adolescenti pensino al Belgio come a una nazione
poco tranquilla, e ai suoi abitanti come a duri nordici corsari. Noi più
annosi invece sappiamo che per decenni del Belgio non si è sentito
parlare, casomai per romantiche storie d’amore di principesse, vicende
elevate di re in pellegrinaggio o che minacciavano l’abdicazione pur di
non firmare una legge sull’aborto. Al peggio, molti anni fa, ogni tanto
scoppiava una miniera di grisù, ma la cosa faceva notizia solo da
noi perché le vittime era quasi sempre emigrati italiani. Insomma,
basti dire che il Belgio è stata l’unica potenza coloniale a perderci
nell’immenso possedimento che aveva, il Congo, oggi Zaire.
I belgi hanno sempre goduto
fama meritata di popolo mite e semplice, fin troppo secondo i vicini francesi
che li hanno scelti come protagonisti delle barzellette sui tonti, ma per
partito preso, come noi nelle barzellette sui carabinieri. Quand’ecco che
in pochi anni quello Stato nebuloso e quieto diventa famoso nel mondo per
una serie inverosimile di fatti orribili, scandalosi, che ricordo in ordine
sparso e non tutti: decine di morti allo stadio di Bruxelles per una partita,
un traffico di pedofilia internazionale, serial killer, ministeri della
Giustizia e dell’Interno in crisi più che da noi, polli alla diossina,
Coca-Cola inquinata. Troppo, in così poco tempo, per un Paese grande
un decimo dell’Italia e con poco più di dieci milioni di abitanti.
Non è accaduto niente di simile, ad esempio, nei Paesi Bassi, che
stanno lì sopra, appena più grandi e popolosi.
A non voler credere alla malasorte
e a malefici influssi stellari, una spiegazione logica mi è venuta
in mente troppo tardi per poterla comunicare ai miei vicini di cappuccino:
Bruxelles è, in effetti, la capitale dell’Unione Europea. E non
bisogna per forza essere leghisti puri e duri per sostenere che la corruzione
si sviluppa sempre nelle capitali e dalle capitali. Lo scriveva già
San Paolo a proposito di Corinto e per confermarlo abbiamo a disposizione
tutta la storia che ci occorre, da Roma (antica e moderna), a Bisanzio,
a Washington, città molto più pericolosa e maltrafficante
di New York.
La quietissima Bruxelles – l’armonia
con cui si fondono il gotico e il barocco – è fin dai tempi della
Cee “sede” dell’Europa. Con la nascita del Parlamento Europeo, nel 1979,
e l’aumentare progressivo dei poteri dell’Ue è diventata il centro
dei traffici continentali e intercontinentali della politica, dei potenti,
degli affari leciti e illeciti, il luogo dove non si produce denaro ma
lo si manipola, lo si distribuisce, insomma uno dei luoghi dove affluiscono
per lavoro anche i più grandi malfattori, avventurieri e maneggioni
della Terra. Con loro arrivano sempre la prostituzione d’alto bordo, le
droghe, lo spreco, l’ottundimento etico. Lo dico senza moralismi: è
semplicemente così. C’è poi il recentissimo scandalo, temiamo
il primo di una lunga serie, sui “Casi di frode, cattiva gestione e nepotismo
in seno alla Commissione europea” (come si intitola la Prima relazione
del Comitato di esperti indipendenti), cioè al livello dei più
alti organi amministrativi europei. Più in basso, è sotto
gli occhi di tutti l’ozio della maggioranza dei funzionari e degli impiegati
(non solo quelli italiani), una miriade di piccoli avventurieri della burocrazia,
compiaciuti di venire strapagati per lavorare meno di quanto fanno i colleghi
in patria.
Tutto ciò è un
cancro maligno in una città di appena un milione di abitanti, un
cancro che inevitabilmente porta le sue metastasi ovunque nel piccolo Paese,
con l’esempio quotidiano della corruzione e del Male, fra gente abituata
ad averci poco a che fare. E’ logico che in quel clima, in quell’incrocio
di gente, in quel disancoraggio in cui tutto sembra possibile, i più
portati al male esplodano improvvisamente nelle loro imprese: i polli alla
diossina li dobbiamo ai cascami della corruzione della città cui
è toccato in sorte di diventare capitale d’Europa. Quello che tanto
ci sgomenta periodicamente, sempre più spesso, è il Belgio
dell’Unione Europea, non il Belgio dei belgi.
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