Le galline
di Giordano Bruno Guerri
dal Giornale
Le galline non avranno un’anima né saranno
molto intelligenti, ma sensibili sì, e come. Lo deduco non dal
film Galline in fuga, bellissimo e che consiglio di vedere,
ma dal pollaio di mia madre, che ne ha quattro, rossicce. Una si
chiama Capramargolla, non chiedetemi perché: ha quindici anni, è
spiumacchiata e tanto obesa che si regge a fatica sulle zampe, ma
è così felice di vivere. Quando morrà di morte naturale, come
sua madre Giuliva, che arrivò a diciassette anni, non farà
neanche buon brodo ma verrà sepolta nell’angolo riservato ai
nostri cani e gatti. Ci ha fatto compagnia, ha lavorato - quasi
ogni giorno per anni un uovo eccellente dalla strana forma a cono
- è giusto che si goda una vecchiaia comoda e una sepoltura
affettuosa.
Le altre tre sono giovani e hanno nomi più
semplici, Allegra, Serena, Zippa. Tutte e quattro, quando mamma va
a aprire il pollaio la mattina, le corrono incontro festose se è
puntuale, la becchettano con garbo se è in ritardo. Poi valutano
la prima colazione, qualche avanzo, abbuffandosi se gli piace,
urlando sdegnate se non è di loro gusto. Quando Zippa fa l’uovo
(è un orologio), di un alabastro arancio perfetto, chiama mia
madre e si precipita verso il nido: forse per difenderlo, pensavo
le prime volte, e invece no: lo segnala, entusiasta. A sera,
stessa scena del mattino, con una variante: se l’ora è giusta
chiocchiolano felici da ogni dove, salutando; se si è fatto buio
stanno davanti alla porta, strette strette, spaventate dai
pericoli della notte, e entrano silenziose, offese.
Arrivo al dunque, prima che il lettore
pensi che ho festeggiato un po’ troppo il capodanno, con un
giorno d’anticipo. E’ in atto una battaglia di consumatori,
animalisti, igienisti perché ogni uovo in commercio abbia un’etichetta
in cui si dice se la gallina-madre è stata allevata a terra, o in
batteria. C’è una differenza enorme. Quelle cresciute
normalmente, anche se non viziate come le mie, hanno potuto
camminare, svolazzare, litigare, spaventarsi, gioire, scagazzare
qua e là. Quelle "vissute" in batteria passano l’intera
esistenza in una gabbia larga poco più di un foglio di carta e
alta meno di loro, senza neppure poter aprire le ali. Senza
neppure poter aprire le ali, solo la testa fuori per
becchettare sempre lo steso cibo da una mangiatoia lunga centinaia
di metri, come centinaia di metri è lunga la fila di gabbie, e su
ogni gabbia c’è un’altra gabbia, un’altra gabbia e così
via fino ad altezza d’uomo, e di fronte e di dietro e di lato
altre centinaia di metri di gabbie, migliaia e migliaia di polli
uno di fronte all’altro che urlano impazziti. Peggio, molto
peggio di altri animali da sfruttamento umano. Uno spettacolo
bestiale come può essere bestiale l’uomo. L’ho visto in
questi giorni nei telegiornali.
Non dirò che tutto ciò va contro la carta dei
diritti degli animali, e ci va. Non me la prenderò neanche con i
produttori, che legittimamente seguono le leggi del mercato per un
prodotto al minor prezzo possibile. Mi ricordo però quella scena
spaventevole di Matrix - chi ha visto il film se la ricorda
- in cui le macchine, che hanno vinto l’umanità, usano gli
esseri umani come pile, per ottenerne energia. Ognuno sta in una
specie di uovo di plastica, sospeso in un liquido denso, con tubi
che entrano e escono da ogni parte per alimentarli e succhiargli
energia. "Vivono" in immense città fatte da migliaia di
grattacieli rotondi, di centinaia di piani, ogni piano centinaia
di uominiuovo. Tutta l’esistenza così, finché l’uomo muore e
viene buttato. Io ho pensato, ma sono sicuro tutti, "meglio
la morte".
Le galline, in più, hanno il rumore tremendo
delle loro compagne. Sfruttiamole e uccidiamole pure, se ci serve,
ma torturarle? Hanno il diritto di vivere secondo la loro natura,
e la loro natura si accontenta di nient’altro che calpestare un
terreno. Una direttiva europea, finalmente sensata, impone che dal
2003 non si costruiscano più allevamenti a batteria, e che dal
2012 si cominci a smantellare le gabbie. Ma perché aspettare
tanto per sapere che uova, di madri sane o pazze, mangeremo? A 218
uova a testa l’anno, secondo le statistiche, ci aspettano almeno
ancora 2616 uova prodotte nell’ansia e nel dolore. Anche chi non
è troppo sensibile agli animali sarà d’accordo che comunque si
deve mettere il consumatore in grado di scegliere prima del 2012,
con l’etichetta, anche pagando di più. Credetemi, le uova di
Allegra, Serena, Zippa (Capramargolla non ce la fa più), sono
molto più buone. E poi, non siamo stufi dei politici che si
occupano solo dei massimi sistemi? Io sì.