ItalianiLiberi, 19 Gennaio 2001

 

Le galline

di Giordano Bruno Guerri

dal Giornale

 

Le galline non avranno un’anima né saranno molto intelligenti, ma sensibili sì, e come. Lo deduco non dal film Galline in fuga, bellissimo e che consiglio di vedere, ma dal pollaio di mia madre, che ne ha quattro, rossicce. Una si chiama Capramargolla, non chiedetemi perché: ha quindici anni, è spiumacchiata e tanto obesa che si regge a fatica sulle zampe, ma è così felice di vivere. Quando morrà di morte naturale, come sua madre Giuliva, che arrivò a diciassette anni, non farà neanche buon brodo ma verrà sepolta nell’angolo riservato ai nostri cani e gatti. Ci ha fatto compagnia, ha lavorato - quasi ogni giorno per anni un uovo eccellente dalla strana forma a cono - è giusto che si goda una vecchiaia comoda e una sepoltura affettuosa.

Le altre tre sono giovani e hanno nomi più semplici, Allegra, Serena, Zippa. Tutte e quattro, quando mamma va a aprire il pollaio la mattina, le corrono incontro festose se è puntuale, la becchettano con garbo se è in ritardo. Poi valutano la prima colazione, qualche avanzo, abbuffandosi se gli piace, urlando sdegnate se non è di loro gusto. Quando Zippa fa l’uovo (è un orologio), di un alabastro arancio perfetto, chiama mia madre e si precipita verso il nido: forse per difenderlo, pensavo le prime volte, e invece no: lo segnala, entusiasta. A sera, stessa scena del mattino, con una variante: se l’ora è giusta chiocchiolano felici da ogni dove, salutando; se si è fatto buio stanno davanti alla porta, strette strette, spaventate dai pericoli della notte, e entrano silenziose, offese.

Arrivo al dunque, prima che il lettore pensi che ho festeggiato un po’ troppo il capodanno, con un giorno d’anticipo. E’ in atto una battaglia di consumatori, animalisti, igienisti perché ogni uovo in commercio abbia un’etichetta in cui si dice se la gallina-madre è stata allevata a terra, o in batteria. C’è una differenza enorme. Quelle cresciute normalmente, anche se non viziate come le mie, hanno potuto camminare, svolazzare, litigare, spaventarsi, gioire, scagazzare qua e là. Quelle "vissute" in batteria passano l’intera esistenza in una gabbia larga poco più di un foglio di carta e alta meno di loro, senza neppure poter aprire le ali. Senza neppure poter aprire le ali, solo la testa fuori per becchettare sempre lo steso cibo da una mangiatoia lunga centinaia di metri, come centinaia di metri è lunga la fila di gabbie, e su ogni gabbia c’è un’altra gabbia, un’altra gabbia e così via fino ad altezza d’uomo, e di fronte e di dietro e di lato altre centinaia di metri di gabbie, migliaia e migliaia di polli uno di fronte all’altro che urlano impazziti. Peggio, molto peggio di altri animali da sfruttamento umano. Uno spettacolo bestiale come può essere bestiale l’uomo. L’ho visto in questi giorni nei telegiornali.

Non dirò che tutto ciò va contro la carta dei diritti degli animali, e ci va. Non me la prenderò neanche con i produttori, che legittimamente seguono le leggi del mercato per un prodotto al minor prezzo possibile. Mi ricordo però quella scena spaventevole di Matrix - chi ha visto il film se la ricorda - in cui le macchine, che hanno vinto l’umanità, usano gli esseri umani come pile, per ottenerne energia. Ognuno sta in una specie di uovo di plastica, sospeso in un liquido denso, con tubi che entrano e escono da ogni parte per alimentarli e succhiargli energia. "Vivono" in immense città fatte da migliaia di grattacieli rotondi, di centinaia di piani, ogni piano centinaia di uominiuovo. Tutta l’esistenza così, finché l’uomo muore e viene buttato. Io ho pensato, ma sono sicuro tutti, "meglio la morte".

Le galline, in più, hanno il rumore tremendo delle loro compagne. Sfruttiamole e uccidiamole pure, se ci serve, ma torturarle? Hanno il diritto di vivere secondo la loro natura, e la loro natura si accontenta di nient’altro che calpestare un terreno. Una direttiva europea, finalmente sensata, impone che dal 2003 non si costruiscano più allevamenti a batteria, e che dal 2012 si cominci a smantellare le gabbie. Ma perché aspettare tanto per sapere che uova, di madri sane o pazze, mangeremo? A 218 uova a testa l’anno, secondo le statistiche, ci aspettano almeno ancora 2616 uova prodotte nell’ansia e nel dolore. Anche chi non è troppo sensibile agli animali sarà d’accordo che comunque si deve mettere il consumatore in grado di scegliere prima del 2012, con l’etichetta, anche pagando di più. Credetemi, le uova di Allegra, Serena, Zippa (Capramargolla non ce la fa più), sono molto più buone. E poi, non siamo stufi dei politici che si occupano solo dei massimi sistemi? Io sì.

 

 

 

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