EDITORIALI
Così anche gli agnelli musulmani scopriranno il lupo dentro di loro
di Ida Magli
il Giornale | 24.12.2014
L'automobile
è stata sempre sentita dai giovani maschi come una conquista di
potenza. E di fatto lo è. Non per nulla la pubblicità di solito
presenta un nuovo modello con accanto una prorompente ragazza sexy
pronta ad accettare un passaggio: conquistare una donna è stato sempre
simbolo, almeno in occidente, di qualsiasi altra conquista. È la
velocità cui si può spingere un’automobile che suggerisce al maschio il
senso della propria potenza? No, la velocità ne è soltanto lo
strumento: il vero motivo è la possibilità di uccidere, una possibilità
che trasforma l’automobile in una potentissima arma e l’uomo che la
possiede ovviamente nel più forte di tutti, tanto quanto se avesse in
mano una pistola. Molti dei cosiddetti incidenti del sabato sera, che
di solito coinvolgono tragicamente i giovani, hanno alla base l’eccesso
di velocità, una velocità che è per i maschi ricerca della massima
potenza, quella che domina su tutti gli altri perché li terrorizza con
il timore della morte.
In una società come quella europea, dove la violenza è repressa in
forma addirittura ossessiva in ogni forma, dove non è lecito coltivare
sentimenti ostili verso nessuno, né pronunciare parole che possano
essere interpretate come offensive, i musulmani, immigrati o residenti,
hanno ben poche possibilità di rivelare la volontà di potenza che li
anima nei confronti degli europei. Una volta compresa però la funzione
mortifera che si accompagna all’automobile è sufficiente mettersi al
volante e lanciarsi in velocità sulla folla nelle strade o nelle piazze
per provocare con estrema facilità terrore e strage. È quello che sta
succedendo in Francia. Nel giro di pochi giorni, prima a Joué- lès-
Tours, poi a Digione, poi a Nantes, un uomo alla guida di un camioncino
o di un’automobile ha diretto la macchina contro la folla invocando il
nome di Allah. Le autorità francesi escludono che si tratti di
terrorismo in quanto non c’è nessun gruppo organizzato dietro ai
singoli esaltati; si parla piuttosto di lupi solitari, di personalità
fragili sulle quali fa presa la propaganda in favore della Jihad in un
mondo interconnesso come quello attuale. Ma è un ragionamento troppo
superficiale che non tiene conto dell’estrema possibilità di
coinvolgimento e di conoscenza attuabile oggi attraverso i mille mezzi
d’informazione dei quali siamo forniti.
Questo è il punto sul quale riflettere: nessuno oggi è veramente “lupo
solitario”, in qualsiasi luogo risieda, qualsiasi sia la sua religione
perché basta un clic a metterlo in connessione con molti altri, ma
soprattutto perché anche il lupo più solitario sa che oggi l’unica,
vera battaglia in atto nel mondo è quella dei credenti musulmani nei
confronti di tutte le altre società, battaglia ovunque vittoriosa
perché i popoli aggrediti o si sottomettono o scappano. L’islamismo è
conquista, così come Maometto è stato un conquistatore. Non si può
essere musulmani senza adeguare la società ai voleri di Allah. Il
cosiddetto dialogo interreligioso è un fatto da tavolino, di spirito
tipicamente occidentale, non cambia e non può cambiare nulla
all’intrinseca necessità di conquista che sottende il musulmanesimo.
Per quanto tranquille possano essere oggi le comunità musulmane
esistenti in Francia (così come in Spagna, in Italia, in Germania),
verrà il momento in cui, mano a mano che le presenze musulmane
diventeranno non soltanto molto numerose, ma consapevoli del loro
essere vincenti, l’Occidente sarà costretto a risvegliarsi dalla sua
stupida neghittosità e si accorgerà, ma sarà troppo tardi, di trovarsi
sotto il piede islamico.
Ida Magli
23 dicembre 2014
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