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Discorso introduttivo al "Meucci Day",
cerimonia celebrativa dell'invenzione del telefono

Roma, 28 Maggio 2003
 

 

 
di Giordano Bruno Guerri
Presidente della Fondazione Bordoni

 

    Signor Presidente della Repubblica, signore e signori.

Un anno fa abbiamo celebrato, proprio in quest’aula, Guglielmo Marconi. Oggi celebriamo Antonio Meucci, un altro genio italiano.

    Si può definire genio chi cancella i limiti culturali della propria epoca riuscendo a pensare e a realizzare un progetto benefico che supera l’esperienza dei suoi contemporanei. Il genio di Meucci si esplicò infatti non nell’ambizione di migliorare il telegrafo, ma in quella di creare un telegrafo parlante, come lo chiamava, cioè un sistema di comunicazione adatto ai sensi dell’uomo. Il quale comunica con naturalezza attraverso la voce, non attraverso il ticchettio dei punti e delle linee tracciati,  con l’apparecchio Morse, da mani impegnate a tradurre il pensiero in modo inusuale.

  La sua straordinaria visione ebbe successo, come l’avrebbe avuta l’idea geniale di Marconi. Oggi la combinazione del telefono e della radio ha portato alla telefonia mobile, che consente a centinaia di milioni di uomini di collegarsi fra loro, ovunque si trovino, continuando a camminare e agire. Anche di questo dobbiamo essere grati ai nostri due grandi inventori.

  La Fondazione Ugo Bordoni, che da poco sono stato chiamato a presiedere e che rappresento qui, si occupa del futuro tecnologico e scientifico delle telecomunicazioni, ma sa che né il futuro né il presente possono ignorare il nostro grande passato. Da sempre la Bordoni assiste e aiuta studenti e studiosi nel loro guardare avanti: oggi, lo annuncio per la prima volta, istituisce una borsa di studio per ricerche sulla vita di Antonio Meucci, ancora troppo poco nota.

  

  Infine sia consentito - a me, storico – di guardare anche al futuro, perché se gli storici hanno gli occhi soltanto sulla nuca, sono ciechi. Appena accendiamo il computer, macchina meravigliosa ma lontana dall’essere a misura d’uomo, ci troviamo nella stessa situazione di chi usava il telegrafo: quasi fossimo diventati muti, le nostre mani utilizzano tastiera e mouse con un nervoso ticchettare simile a quello dei telegrafi ormai scomparsi.

  Benché l’informatica e le telecomunicazioni abbiano già permeato gli oggetti che ci circondano, tasti, manopole e i comandi più vari ci obbligano a tradurre il pensiero in gesti innaturali. E le istruzioni per l’uso delle macchine diventano ogni giorno più complesse, a mano a mano che le macchine forniscono nuove prestazioni, rendendo sempre più ignote alla maggioranza le loro caratteristiche e le loro fantastiche  funzioni.

  La prossima rivoluzione delle comunicazioni consisterà dunque nel realizzare macchine parlanti, macchine che ascoltano, e non intendo solo i computer ma tutte le macchine. E’ questa la sfida del futuro che oggi affascinerebbe Meucci e Marconi.

  La Fondazione Bordoni già da anni è all’avanguardia mondiale nello studio dei problemi sul Trattamento Automatico del Linguaggio (familiarmente detto TAL), cioè la tecnologia necessaria perché le macchine rispondano a un semplice comando vocale.

  Anche la televisione, per esempio, con il passaggio al sistema digitale non avrà solo la moltiplicazione dei canali e la possibilità di usufruire dei servizi più vari: con ogni probabilità potremo dare ordini e richieste vocali al televisore.

   Tutto ciò probabilmente avverrà non grazie al genio individuale di uomini come Meucci e Marconi, ma grazie a gruppi di lavoro, tanto più indispensabili in quanto il Trattamento Automatico del Linguaggio è una necessità impellente che non può, non deve essere importabile: ogni popolo dovrà costruirne uno nella propria lingua, per non essere costretto a parlare con le macchine in una lingua straniera. Anche per questo il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri sta istituendo un Forum per coordinare le ricerche della Bordoni, dell’Istituto Superiore delle Telecomunicazioni, delle molte università e imprese pubbliche e private che studiano il problema.

  Questa è una delle sfide che ci attendono e che abbiamo raccolto. Questo è il futuro che stiamo per costruire, sapendo che soltanto il superamento dell’ovvio e del già noto ha portato l’uomo al progresso che oggi rende la nostra vita migliore.

  Grazie.

 

 

vedi anche www.comunicazioni.it

 

 

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